Ahoj všichni! Benvenuti nella Repubblica Ceca per questo nuovo itinerario europeo dove i protagonisti sono i libri.
La letteratura ceca è l’insieme delle opere letterarie che rispondono ad almeno uno dei seguenti tre criteri: letteratura scritta da membri dell’etnia ceca, anche laddove usassero altre lingue; letteratura scritta in lingua ceca anche da autori di altra etnia; letteratura scritta sul territorio della Repubblica Ceca anche se usando una lingua diversa.
Durante i secoli, tale letteratura, ha vissuto notevoli cambiamenti per poi giungere al tempo dell’occupazione nazista che scosse sensibilmente quest’arte, il congresso degli scrittori del 1946 getta le basi per una integrazione tra arte e società, la involuzione politica vanifica questo programma. Negli anni settanta la destalinizzazione, suscita un nuovo fermento culturale che porta la letteratura ceca ai massimi livelli europei. L’intervento repressivo delle forze militari del patto di Varsavia, porta a un nuovo congelamento della letteratura ceca. Molti scrittori espatriano, memoria e testimonianza sembrano essere le linee di tendenza prevalenti anche dopo la rivoluzione di velluto del 1989.
Il buon soldato Sc’vèik di Jaroslav Hašek
“Una grande epoca esige grandi uomini. Vi sono degli eroi ignorati e oscuri… l’esame della cui indole darebbe ombra perfino alla gloria d’Alessandro Magno. Oggigiorno si può incontrare per le vie di Praga un uomo trasandato, che non sa quanta importanza abbia avuto la propria opera nella storia di un’epoca grande e nuova come questa. Egli percorre tranquillamente la sua strada, senza che nessuno gli dia noia e senza dar noia a nessuno, e senza essere assediato da giornalisti che gli chiedano un’intervista. Se gli domandaste come si chiama, vi risponderebbe con l’aria più semplice e più naturale del mondo: ‘Io son quello Sc’vèik…'” Con queste parole Jaroslav Hasek (1883-1923) presentava l’umile e grottesco eroe del suo romanzo, il bonario allevatore e mercante di cani, strappato alle sue pacifiche occupazioni e mandato a combattere in difesa dell’impero austro-ungarico nella Prima guerra mondiale. Preso nel vortice di avvenimenti che vanno molto oltre le sue capacità di comprensione, Sc’vèik si destreggia con un misto d’ingenuità e di furbizia, forte di quella sua obbedienza assoluta alla lettera degli ordini ricevuti che porta all’assurdo e dissolve nel ridicolo ogni autorità. Nel buon soldato Sc’vèik i lettori di tutto il mondo hanno riconosciuto un eroe sovrannazionale, il campione di un irriducibile pacifismo e antimilitarismo e un simbolo dell’inalienabilità dei diritti dell’individuo contro ogni tutela e usurpazione dittatoriale.
L’anno del giardiniere di Karel Čapek
Un divertito, spiritoso, manuale di giardinaggio. Al centro delle vicende di fiori, piante e alberelli, in un universo di microperipezie, il personaggio del giardiniere. Nel 1925 Karel Čapek, emblematico protagonista del novecento letterario praghese, comprò, assieme al fratello, una casa di periferia con un ampio giardino. Fin allora aveva tenuto un suo diario pubblico, molto popolare, sul quotidiano della borghesia intellettuale di Praga. Da quel momento in poi, quell’elzeviro divenne il suo diario pubblico di giardinaggio. L’aveva sfiorato, poi coinvolto, infine rapito, la passione del giardino. Ed infatti, la raccolta di quegli articoli, qui pubblicata, sembra un apologo classico volto a persuadere con ironia dell’equazione: saggezza uguale virtù uguale felicità.
La perlina sul fondo di Bohumil Hrabal
C’è già tutto Hrabal in questa sua prima raccolta di racconti, i personaggi, marginali e sbruffoni, sinceri come i bassifondi da cui provengono. È lì e in loro che però è più facile scorgere ciò che si annida sul fondo di ciascuno, una forma di vera essenza umana, la “perlina”. Hrabal però insiste a dire che non si tratta di racconti metaforici, morali: il racconto è come un riflettore sotto la cui luce entrano i personaggi, che ci possono parlare e di cui possiamo conoscere quasi tutto da pochi gesti e alcuni scampoli di conversazione, e poi escono di scena. In modo che sia poi ogni singolo lettore, come gli pare, a scoprire, al fondo di sé, le sue perline. Per farlo, Hrabal usa in modo estremamente creativo ed espressivo un linguaggio concreto in cui si sente il rumore della fabbrica e delle fumose chiacchiere da birreria, gli slang, terminologia presa di peso da ambiti tecnici. Il linguaggio parlato amalgama tutto in modo da creare una spontaneità credibilissima e insieme estremamente studiata, che rende tutto semplice come la realtà, ovvero di una complessità effettiva e irriducibile che reinventa la tradizione, come accade solo nei grandi della letteratura.
Quarta di copertina di Alessandro Catalano, curatore del volume:
« Sulla forca! È quello il posto di Bohumil Hrabal e dei maniaci simili a lui, purtroppo non è il solo. Sulla forca! »
Nella sua rielaborazione di una lettera anonima, Bohumil Hrabal fotografa con grande efficacia la reazione di alcuni lettori cechi di fronte alla novità linguistica, stilistica e tematica dei suoi testi letterari dopo quindici anni di grigio realismo socialista.
Con i racconti di Hrabal, nel 1963, fanno prepotentemente ingresso nella letteratura ceca i “ discorsi della gente ”, l’inventiva linguistica e la creatività popolare di operai delle acciaierie, commessi viaggiatori, ferrovieri, assicuratori, notai, impiegati del macero della carta, macchinisti teatrali, che, attraverso un lessico colorito, espressioni dialettali e slang professionali, restituivano alle pagine dei libri la vivacità dell’osteria e « lo splendore dei chiacchieroni e il loro sollazzarsi ». Ed è nello scontro tra drammatica situazione contingente e discorsi apparentemente banali e ripetitivi, che in questi racconti si realizza « l’esperienza sconvolgente di scorgere la perla sul fondo dell’essere umano », come Hrabal la definisce.
Mai tradotta prima in italiano, La perlina sul fondo ha forse risentito del veloce successo editoriale dello scrittore ceco negli anni Sessanta ed è rimasta nell’ombra della successiva raccolta Pábitelé (presentata in italiano con i titoli Vuol vedere Praga d’oro? e Gli stramparloni). Il grande successo dei due volumi di racconti ha poi portato alla rapida pubblicazione di molti degli scritti che Hrabal aveva accumulato nei cassetti nel corso dei decenni precedenti, consacrandolo in pochi anni come uno dei più interessanti autori del panorama internazionale.
L’immortalità di Milan Kundera
A partire dal semplice gesto di un braccio, da cui vediamo nascere – quasi davanti ai nostri occhi – un memorabile personaggio femminile, sino a figure di «grandi uomini» come Goethe e Hemingway, colte nel proprio imbarazzo di fronte al loro ruolo di «immortali», una tessitura musicale finissima di temi e di caratteri ci avvolge in queste pagine, che procedono per sorprese magistralmente scandite, al punto di introdurre uno dei personaggi più importanti proprio quando la narrazione si avvia alla fine. Se l’arte del romanzo ha oggi ancora una voce, è quella che ci parla e ci trascina dietro di sé in questo libro.
Fuori gioco di Michal Viewegh
Eva, Jeff, Tom, Skippy e Hurejová sono ex compagni di scuola che si ritrovano ogni anno per ricordare i vecchi tempi. Dei cinque, Eva e Jeff sono quelli che sembravano maggiormente destinati a essere felici. Il coraggio di Jeff gli ha permesso di conquistare il cuore della bellissima Eva. L’iniziale forte legame che li univa sfocia però in un cattivo matrimonio. Tom, professore al college dove ha studiato, ha sempre nascosto il suo amore per Eva e ora annega la sua timidezza e la solitudine nell’alcol. Skippy, il “buffone” della classe, anch’egli innamorato di Eva fin dall’adolescenza, è un noto ginecologo che non ha perso il senso dell’umorismo, illimitato e contagioso. Hurejová sembra il più felice del gruppo nonostante non abbia avuto molta fortuna nella vita. I cinque amici devono ora fare i conti con il proprio passato e il senso di smarrimento tipico della mezza età. Stanno realmente vivendo la vita che avevano sognato?
Lettera d’amore in caratteri cuneiformi di Tomáš Zmeškal
Nella vertiginosa polifonia che Zmeakal è qui chiamato a dirigere, le voci dei due amanti si levano con note particolarmente intense: la necessità di ricostruire un legame spezzato in modo innaturale innesca l’alchimia della narrazione, a cui le storie collaterali si legano come particelle di una stessa sostanza. La scrittura cuneiforme, giunta da una dimensione lontana nel tempo e nello spazio, cercherà di offrire un codice al contrario per la decifrazione e la ricomposizione della chimica dei sentimenti, in una narrazione che restituisce il senso più autentico dell’arte del romanzo.