Il 6 settembre 2018 presso lo Spazio “Martucci” 56 a Napoli è stato presentato il catalogo “La dose del disincanto”, un video performance realizzato il 30 novembre 2017 ad opera di Peppe Pappa, a curare la presentazione del catalogo, Simona Pasquali. Sullo sfondo della installazione artistica, “I bari” di Caravaggio diventano il leit motiv, le “carte scoperte”, per una profonda riflessione sulla società attuale. Riprendendo il contenuto della tela del Merisi, del baro che cerca di sbirciare le carte al fine di suggerire l’altro giocatore, l’opera coinvolge anche il pubblico che ne percepisce la truffa in atto, Peppe Pappa riproduce in chiave moderna “l’evento storico”, generando un continuum visivo e percettivo che parte dalla tela del 1594 del Caravaggio e giunge ai giorni nostri, rendendo i fruitori parte integrante della performance. I “Bari” sono una trasposizione della società attuale, caratterizzata da un giovane che simboleggia l’individuo vulnerabile e debole e, dall’altro, gli altri due protagonisti sono ascrivibili al mondo dei poteri forti, dell’inganno e del denaro. In questo solco, Pappa ammonisce e condanna questo modus operandi che attualmente e senza nessun tipo di censura, potremmo definire una consuetudine. Ed il titolo del catalogo dell’artista è indice di molteplici spunti di riflessione, uno sprono ad abbandonare la rassegnazione e la passività che contraddistingue la società attuale, la quale è spesso Disincantata, a favore di azioni concrete e immediate. Come afferma lo stesso Pappa: “La mia proposta artistica che si distingue dal fare di tanti artisti sordi e volutamente sordi, con la rappresentazione visiva, uditiva e contatto sensoriale, invita le intelligenze umane ad abbandonare la passiva accettazione dell’attuale sistema di potere e a prepararsi riaffermando i principi di solidarietà e scambio verbale, anche laddove possa apparire inconsistente o irrilevante come la partita di carte da gioco”.
L’installazione/performance ideata da Pappa ha come protagonista due giovani donne che giocano a carte sotto gli occhi incuriositi di un pubblico dislocato in galleria e fuori di essa. Un sottile fil rouge lega la performance artistica alla tela dei “Bari” di Caravaggio posta sullo sfondo della sala. E’ un impianto compositivo dalla quale emerge in primo piano la conversazione fra le due performer. Come nell’arte di Caravaggio, vi è una luce che illumina in questo caso, il non visibile, i discorsi e le riflessioni delle due giovani “curatrici”. I temi trattati non sono l’esibizione narcisistica di sé stessi e nemmeno argomentazioni futili o di gossip contemporaneo, sono le speranze, i sogni di chi ha investito parte del tempo della propria vita in un progetto a medio e lungo termine che, a causa di una società malata, gretta e arrivista, ha stroncato sul nascere le aspettative dell’attuale generazione. Un senso di incompiutezza e di inconsistenza caratterizza le due donne, a cui l’esperienza, il tempo e la vita hanno somministrato la propria dose di disincanto, un superamento dell’illusione, lo scioglimento di un influsso magico. L’una di fronte all’altra si ritrovano nella stessa condizione, giocano a carte, come la società gioca con la loro vita, un senso di sospensione e di insofferenza emotiva trapela dalla enunciazione di ogni singola affermazione, di chi ha investito e credeva fortemente in ciò che credeva. Ed è un continuo flusso di coscienza, un vortice di pensieri, emozioni e azioni (gioco delle carte), dal viaggio intrapreso per seguire i propri sogni, quello di fare della propria passione un lavoro, progetto che si rivelerà insoddisfacente a causa del sistema “elitario” e non meritocratico che vige nel nostro Paese, all’allontanamento dagli affetti familiari e dal legame della propria terra per cercare un futuro migliore. Le “carte da gioco” sono da una parte l’evocazione di un momento ludico in tenera età, dall’altro, ogni singola carta corrisponde alla vita dell’individuo, in cui a gestire il mazzo, in maniera volontaria o involontaria, non è sempre il protagonista stesso, ma la “casta”, una oligarchia che in un modo o nell’altro bisogna combattere, reprimere e sconfiggere. Senza nessuna retorica o clichè, sappiamo benissimo che i giovani sono il presente e il futuro. La vita, nel bene e nel male, si è sempre divisa fra incanto e disincanto.