Continuiamo questo mese di maggio all’insegna dell’analisi del mondo videoludico con la mia personalissima opinione su di un gioco, comunicato al grande pubblico da poco, che fa parte di un franchise dominante nell’arco dell’ultimo decennio : Call of Duty. Il gioco di cui sto parlando è Black Ops 4 (stilizzato in “IIII”), annunciato l’8 marzo 2018, ed in programma di uscita per il prossimo ottobre.
Non sono qui per esaltare quanto quest’ultima abbia portato un’intera generazione verso il mondo dei vieogiochi; no, sono qui per esaminare come quest’episodio della famiglia COD si candidi ad essere uno di quei videogiochi che segnano un importante cambiamento, necessario per dare linfa vitale ad una saga che è ormai da tanto tempo al vertice del mercato. Treyarch (casa di sviluppo anche degli altri episodi della serie di Black Ops) ha infatti annunciato che in questo nuovo capitolo verrà introdotta una nuova (per Call of Duty, non certo per il mercato) modalità di gioco: la Battle Royale. Eh si, mi ritrovo ancora una volta a parlare di questa famigerata modalità di gioco. Come ho già affermato in un’altra occasione, ultimamente sempre più giochi e, più in generale, sempre più sviluppatori stanno cercando di cavalcare quest’onda di successo che ha è stata innalzata dai vari PlayerUnknown’s Battlegrounds e Fortnite. Certo è che io mi aspettavo di tutto tranne che un caposaldo del mercato videoludico come COD, si riducesse a dover seguire le mode per riuscire a vendere più copie possibili, visto e considerato il successo che, bene o male, è stato sempre in grado di riscuotere. La cosa che però, secondo me, è più sorprendente è che Call of Duty ha deciso di introdurre questa “nuova” modalità sostituendola al suo marchio di fabbrica: la campagna single player.
La saga di Call of Duty nasce nel 2003, ma è con il 4° capitolo (Modern Warfare) del 2007 che la serie affronta la sua prima esplosione. Il gameplay rapido e responsivo, una campagna che, in poco tempo, riesce ad intrattenere ed anche a trasmettere delle emozioni, la modalità online che riesce sia a divertire che a far salire la competizione. Sono queste le caratteristiche che hanno reso COD: MW (permettetemi un po’ di sigle che altrimenti non ne esco) un videogioco cult. Il suo successore, Call of Duty: World at War, ha introdotto un’altro elemento che avrebbe contribuito sostanzialmente al successo della serie: la modalità Zombies. Introducendo questa modalità di gioco COD ha fatto da precursore a tutta quella successione di videogiochi ad orde in cui ci troviamo a dover resistere ad un’invasione di zombie assetati di sangue. Giusto per citare un po’ di dati, nel 2014 la collana ha incassato più di 10 miliardi di dollari.
Mostrandovi questa piccola cronistoria della saga di Call of Duty voglio semplicemente farvi notare come la suddetta saga sia sempre stata in grado di rinnovarsi, mai radicalmente, sempre in maniera leggera e controllata. È vero che non bisogna dimenticarsi che dal 2013 (anno della pubblicazione di Call of Duty: Ghosts) la serie ha subito un deciso calo, non tanto dal punto di vista delle vendite quanto dal punto di vista dell’apprezzamento da parte del pubblico. È per questo che a me, come ad altri immagino, non appena sono venuto a conoscenza di questa decisione di implementare la Battle Royale a discapito della campagna, sono cascate le braccia. Perché non è possibile che qualunque attore della scena vidoludica abbia solo il mero guadagno economico in mente, senza pensare al miglioramento (tecnico o artistico che sia) e senza pensare a conquistare il cuore del pubblico. E, fin quando l’unico pensiero sarà il tornaconto personale delle aziende, il mondo dei videogiochi sarà sempre più quantità e sempre meno qualità. Non so quanto questo possa garantire a questo mondo un futuro. Ahimè, non lo so davvero.