“Aiuto mi sento il cuore in gola! Cosa devo fare?”. Questa particolare sensazione o sintomo è di frequente associato ad una particolare aritmia del cuore detta: Fibrillazione Atriale (FA).
Il battito cardiaco è normalmente regolato da un impulso elettrico costante che nasce da un piccolo gruppo di cellule cardiache che prendono il nome di nodo del seno e che si trovano nell’atrio destro. Ovviamente il ritmo cardiaco varia a secondo delle condizioni, come per esempio uno stress fisico che induce un aumento della frequenza. L’aritmia in generale indica un’alterazione del battito regolare del cuore e la FA è solo un tipo di queste numerosissime aritmie.
La FA è l’aritmia più diffusa nella popolazione generale e la sua prevalenza tende a crescere con l’aumentare dell’età. Si stimano circa 11 milioni di casi nel mondo di cui 500 mila in Italia.
Nella FA l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata, il ritmo non ha più origine dal nodo del seno in modo regolare, ma gli impulsi elettrici si scatenano da diverse porzioni dell’atrio inducendo a un’attività meccanica inefficace. Ogni contrazione cardiaca è infatti indotta da una “scarica elettrica”, ma se queste scariche non sono regolari e diventano tantissime, le cellule dell’atrio non hanno il tempo di rilasciarsi e contrarsi e per tale ragione la loro attività meccanica si blocca. I ventricoli, invece, che rappresentano la parte di cuore che pompa il sangue ai polmoni ed a tutto il circolo sanguigno, si contraggono, ma in modo irregolare poiché gli innumerevoli stimoli provenienti dagli atri impazziti vengono in qualche modo filtrati dal nodo seno-atriale (altro gruppo specifico di cellule adibite alla comunicazione elettrica tra atri e ventricoli).
Dal punto di vista clinico la FA si suddivide in base al modo di presentazione in:
Parossistica: quando gli episodi si presentano e si risolvono spontaneamente in un tempo inferiore a una settimana.
Persistente: quando l’episodio aritmico non si interrompe spontaneamente ma solo a seguito di interventi terapeutici esterni.
Permanente: quando non siano ritenuti opportuni tentativi di cardioversione, o gli interventi terapeutici si siano dimostrati inefficaci.
Il sintomo caratteristico che allarma i pazienti è la sensazione di palpitazione e cuore in gola che può comparire in modo del tutto improvviso. In molti casi il paziente può non avvertire alcun sintomo e non rendersi conto dell’inizio dell’aritmia.
Uno delle complicanze più importanti legati a questo tipo di aritmia, non è tanto la tachicardia, ma la possibilità che si scatenino eventi trombotici. Infatti, l’immobilità meccanica degli atrii favorisce la formazione di coaguli che possono in seguito migrare nel circolo cerebrale e provocare ischemie e ictus cerebrale.
La diagnosi è alquanto semplice, una volta che il paziente avverte i sintomi basta effettuare un elettrocardiogramma (ECG) il quale permette di evidenziare l’aritmia in corso. In alcune occasioni il paziente potrebbe non presentare l’aritmia durante l’effettuazione dell’ECG, ma se i sintomi riferiti sono tipici di FA, può essere utile eseguire un Holter ECG nelle 24 ore per rilevare la presenza di eventuale aritmia.
Nel percorso terapeutico della fibrillazione atriale va valutata la modalità di presentazione (parossistica, persistente, permanente), la presenza di una cardiopatia strutturale o di altre condizioni favorenti.
È importante riconoscere il momento di insorgenza e la presenza di una grave condizione di instabilità secondaria alla fibrillazione atriale. In genere al primo episodio si procede a cardioversione, indipendentemente dai sintomi. Se l’episodio ha un’insorgenza databile a meno di 24-48 ore è possibile la cardioversione (farmacologica o elettrica) per ripristinare il regolare ritmo sinusale.
Se l’insorgenza non è recente o non è databile e l’aritmia è ben tollerata, in genere si rimanda la cardioversione dopo un periodo di terapia anticoagulante di almeno 3-4 settimane. In base a eventuali recidive o alla presenza di cardiopatia si può intraprendere una profilassi farmacologica antiaritmica.
Nei casi di inefficacia della cardioversione, in base ai sintomi, all’età e al contesto clinico generale, si può valutare l’eventuale passaggio a metodiche terapeutiche invasive (ablazione transcatetere/chirurgica).
In alcuni casi il paziente è refrattario alle terapie non ripristinando il ritmo sinusale, in questi casi si parla di FA permanente. Il paziente sarà quindi trattato con farmaci atti a mantenere una frequenza cardiaca tra i 50 ed i 100 battiti al minuto nonché farmaci anticoagulanti per ridurre il rischio di eventi tromboembolici.