La Chiesa dei Santi Severino e Sossio é una chiesa monumentale che si trova nel centro storico di Napoli. Le origini del complesso monumentale sono antiche, sembrerebbero risalire al 824 quando i monaci del monastero allora situato sulla collina di Pizzofalcone, in seguito all’incursione dei saraceni furono costretti ad abbandonare il convento, e ne fondarono un altro vicino a un corso d’acqua nei pressi di Spaccanapoli.
Nella nuova chiesa, vennero portate le spoglie di San Severino. Mentre i monaci cercavano del materiale, per la costruzione della chiesa, tra i ruderi del Castello di Miseno, vennero ritrovate altre ossa: quelle del del martire San Sossio, (decapitato a pozzuoli insieme al cugino San Gennaro ).Da qui il nome de monastero.
In seguito le spoglie dei due santi furono spostate ad Frattamaggiore.
Quella che cattura l’attenzione, suscitando tristezza, è sicuramente la Cappella Sanseverino, un piccolo scrigno di arte e devozione che cela una drammatica vicenda e un’antica maledizione: quella della Contessa di Saponara: Ippolita de Monti, moglie del Conte di Saponara Ugo Sanseverino
Rapita dalla bellezza della chiesa decise di acquistare una cappella per dare una nobile sepoltura a lei e al suo adorato marito. Dalla loro unione nacquero tre figli maschi, per questa ragione a Girolamo ( fratello minore del conte) non sarebbe spettata l’eredità, per diritto acquisito dai figli del primogenito Ugo.Gli anni passavano e i giovani crescevano belli e sani sotto lo sguardo adorante della madre. Ma il conte Girolamo era sempre più arrabbiato per la sua esclusione dall’eredità e la sua collera unita alla sete di vendetta e di potere, gli fece escogitare un piano per uccidere i suoi tre nipoti. Fu così che decise di invitare ad una battuta di caccia nella propria tenuta di Monte Albano i tre giovani . Dopo la caccia offrì loro un ricco banchetto e dell’ottimo vino. Lo stesso vino che sua moglie Sancia Dentice aveva provveduto ore prima,ad avvelenare. Una volta terminato di pranzare e di bere, i ragazzi tornarono a casa all’apparenza sani e salvi, solo dopo un giorno gli effetti del veleno si manifestarono e dopo quattro lunghi e interminabili giorni di tremenda agonia e sofferenze morirono uno dopo l’altro tra le braccia della madre disperata. Distrutta dalla perdita dei tre adorati figli, Ippolita non si diede per vinta e giurò vendetta. Ben presto i due assassini furono scoperti. La giustizia però ci impiegò ben quattro anni prima di condannare al carcere per poi subito scarcerare Girolamo sia per mancanza di prove sufficienti, sia per l’atteggiamento che il marito, il conte Ugo assunse durante tutti i processi che per conservare alto il buon nome della casata, e risparmiarsi l’umiliazione di uno scandalo, preferì manipolare la giustizia.
Ippolita, durante quei quattro anni di immani sofferenze si rese conto che aveva accanto un uomo, senza valore e crebbe in lei il rancore e l’odio sul casato dei Sanseverino. E fu così che decise di affidarsi alle forze oscure per punire i colpevoli: scese a patto con il diavolo, scagliando una terribile maledizione sulla stirpe. La maledizione fu rapida, dapprima morì suo marito Ugo, molte terre di proprietà del casato furono colte da un’improvvisa pestilenza che compromise tutti i raccolti e un palazzo di loro proprietà, Palazzo Sanseverino (l’attuale Chiesa del Gesù Nuovo) venne perso, ma la sua ira e la sua vendetta non poteva placarsi, perché l’assassino dei suoi adorati figli era ancora vivo e libero. Riuscì a far riaprire il processo, ma Girolamo Sanseverino non fu condannato grazie all’intercessione di una protettrice altolocata.
A questo punto, la Contessa Saponara si arrese al destino avverso e decise di dedicarsi al monumento sepolcrale dei suoi adorati figli, commissionando a Giovanni Merliano da Nola, allievo di Michelangelo, la costruzione di tre sepolcri nella cappella di famiglia, li fece raffigurare seduti e non sdraiati con i volti alzati e il loro sguardo rivolto all’insù verso la tomba nella quale si sarebbe fatta seppellire.
.Ad oggi resta il mausoleo di imponente bellezza in ricordo di tre giovani ragazzi, vittime di giochi di potere