C’è un’aria frizzante lungo i corridoi in pietra della Federico II: quel miscuglio di gesso, Wi-Fi e caffè bollente che precede le rivoluzioni gentili. Il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale ha appena scoperchiato un vaso di Pandora pieno di futuro: un percorso in due atti – laurea triennale e magistrale – battezzato “Ingegneria Edile per la Sostenibilità”. Due parole che a Napoli si abbracciano come il mare e il Vesuvio, promettendo edifici che respirano e quartieri che imparano a dialogare col clima.
La città come laboratorio vivente
Chi ha camminato nei vicoli dei Quartieri Spagnoli lo sa: qui i palazzi raccontano secoli di errori e miracoli. Fare edilizia a Napoli significa lavorare su un palinsesto vivo, dove un intonaco scrostato rivela affreschi dimenticati e una tromba d’aria può trasformare un rooftop in un tetto-giardino. Gli ideatori del nuovo corso non potevano scegliere platea migliore: gli studenti useranno la città reale – luci e ombre incluse – come quaderno di esercizi. Dai sotterranei di Piazza Cavour ai terrazzi di Materdei, ogni angolo diventa case study.
Non solo mattoni: cervelli in rete
Certo, resistenza dei materiali e calcolo strutturale restano pilastri, ma accanto arrivano discipline che odorano di futuro: intelligenza artificiale per monitorare ponti, droni per mappare tetti, economia circolare per trasformare inerti di demolizione in nuove risorse. Immagina una lezione che parte dal teorema di Castigliano e finisce con un tour in realtà aumentata dove vedi il tuo quartiere attraversato da piogge tropicali simulate. Questo è il menù – e sì, prevede anche un contorno di etica ambientale.
Le transizioni che bussano alla porta
L’emergenza climatica è la colonna sonora dei nostri giorni. Il Mediterraneo si surriscalda, le bombe d’acqua si moltiplicano, l’energia morde i portafogli. Formare ingegneri-sentinella capaci di leggere questi segnali è una missione che non aspetta. «Vogliamo professionisti che parlino la lingua dei cittadini e accorcino la distanza tra delibera e piazza», racconta la coordinatrice Carmela Gargiulo. L’obiettivo è trasformare problemi cronici – dissesto idrogeologico, consumo di suolo, spopolamento dei borghi – in motori di innovazione collettiva.
Dalle aule alla strada: la didattica che sporca le mani
Qui la teoria si mescola con la polvere dei cantieri. Ogni semestre termina con un laboratorio open-air: rigenerare un lotto abbandonato, progettare tetti-giardino o riqualificare un edificio in terra cruda a Scampia. Gli studenti indossano caschetto e scarpe antinfortunistiche, guidati da docenti, artigiani e associazioni di quartiere. È così che la didattica diventa racconto urbano, capace di saldare università e territorio.
Le voci del Terzo Settore
Le pagine di SenzaLinea ospitano spesso storie nate dall’incrocio tra fragilità e creatività. Stavolta quelle storie entrano nel piano di studi: ONG, cooperative sociali, gruppi di cittadinanza attiva portano casi reali, offrono borse di progetto e accolgono tirocinanti. La sostenibilità smette di essere slogan e diventa abbraccio che tiene insieme ambiente, giustizia e dignità.
Il dietro le quinte hi-tech
Non facciamoci ingannare dallo storytelling romantico: qui si lavora di dati e sensori. Nei laboratori spuntano stampanti 3D che sfornano componenti in calcestruzzo low-carbon, scanner LIDAR che leggono le facciate come spartiti, e server pieni di digital twin. Gli studenti imparano a domare questo zoo tecnologico per ridurre consumi, valutare impatti e pianificare manutenzioni predittive che salvano vite e portafogli.
Soft skill: l’ingrediente segreto
Che te ne fai di un’idea se non sai raccontarla? Il curriculum schiera moduli di public speaking, progettazione partecipata e persino laboratori di scrittura creativa. Perché convincere un quartiere a sopportare mesi di ponteggi richiede immaginazione oltre che calcoli. La parola diventa cemento leggero che tiene insieme comunità e progetti.
Uno sguardo oltre il golfo
Napoli è il punto di partenza, non il confine. Grazie a Erasmus e partnership con università di Montréal, Lione e Córdoba, gli studenti potranno confrontarsi con climi, normative e culture diverse. Tornare a casa con una valigia di idee è l’antidoto al provincialismo che spesso sterilizza i sogni.
Quando si comincia (e come entrare)
Il debutto è fissato per l’anno accademico 2025-2026. A gennaio 2025 scattano le pre-iscrizioni online: test logico, lettera motivazionale e colloquio in inglese. 150 posti per la triennale, 100 per la magistrale: classi-bottega dove ognuno ha un nome e una storia.
Perché farci un pensiero
Se ami la tua città, se senti la crisi climatica sotto la pelle, se credi che i mattoni possano essere poesia oltre che cemento, questo percorso parla la tua lingua. Non promette scorciatoie né stipendi stellari al primo contratto, ma competenze solide, contatti veri e la certezza di lavorare per un domani che somigli alla parola bellezza.
Una scommessa che profuma di futuro
La Federico II alza l’asticella e Napoli diventa terreno di prova per nuovi modi di abitare il pianeta. Pensare edifici che respirano, quartieri che dialogano col clima e cantieri che generano opportunità anziché scarti: questa è la musica che risuona nelle aule del Dicea. Se senti il ritmo, accorda lo strumento e unisciti all’orchestra.