La Posteggia
La parola posteggia deriva, da “puosto” che è il luogo occupato da chi svolge un’attività che è rivolta al pubblico
Prima di citare i nomi dei più celebri posteggiatori napoletani, mi piace ricordare che essi usavano un gergo tutto proprio, la cosiddetta “parlesia”, incomprensibile anche agli stessi napoletani. Ad esempio, il pane era chiamato “illurto”, l’avaro “schiancianese”, il pollo “pizzicanterra”, la chitarra “allagosa” o “ ‘a cummara”, il mandolino “peretta”, il violino “tagliere”, i soldi “ ‘e bane”, il vino “chiarenza”, i seni femminili “ ‘e tennose”.
Ma veniamo ora ai nomi più conosciuti di posteggiatori napoletani. Il nome più celebre è quello di Enrico Caruso che sarebbe diventato il tenore più famoso al mondo.
All’età di diciassette anni Caruso cantava nei caffè e nelle trattorie. Insieme al suo amico Adolfo Narciso, nel 1891 si esibiva ai “Bagni Risorgimento” in Via Caracciolo, dove fu ascoltato dal baritono Missiano che, avendone compreso la bravura, lo affidò al maestro Guglielmo Vergine perché gli desse lezioni di canto. Pasquale Jovino detto “Pascale ‘o piattaro” Salvatore Di Maria, detto “‘Nchiastillo”. Inoltre, come non citare Francesco Coviello, detto “Ciccio ‘o conte”oppure i fratelli Vezza,
All’epoca non erano solo gli uomini a intraprendere questa attività,spesso si potevano trovare anche giovani donne.
Mimmo Liguoro, nelle prime pagine del suo libretto, ci racconta la storia di Lucia ‘a Madunnella, una fanciulla di bell’aspetto e con una voce armoniosa, che cantava nella trattoria “Villa di Londra”, in via San Sebastiano, frequentata da studenti e professori della vicina università. Di solito la fanciulla era accompagnata dall’anziano genitore. La ascoltarono anche Mascagni e Gemito .
Un giorno un nobile la vide e se ne innamorò perdutamente e come nelle più belle favole, la sposò, facendola diventare la contessa Valdieri.
Oggi, per incontrare gli ultimi superstiti della posteggia, bisogna recarsi sul Lungomare a Piazza Dante o in qualche trattoria del centro storico.