Forse non tutti sanno che la prima serie spagnola a sbarcare su Netflix non è stata “La casa di carta” (La casa de papel), ma “Le ragazze del centralino”(Las chicas del cable). La storia vede protagoniste quattro giovani donne che si ritrovano a Madrid alla fine degli anni Venti: Marga, una ragazza di campagna molto timida, Carlota figlia di un generale molto autoritario che le impedisce di mischiarsi alla plebe, Angeles una donna vessata dal marito che le provoca violenza fisica e psicologica, alla quale saprà ben reagire con forza e vigore e Lidia, ragazza del popolo che nasconde un passato complicato ma anche una grande intraprendenza e forza di rimettersi in piedi, divisa fra l’amore di due uomini. Ciò che hanno in comune queste quattro persone è di trovare lavoro presso la prima centrale telefonica spagnola.
Molto criticato, è stato definito un “pamphlet femminista”. Nonostante il significato letterale della parola pamphlet voglia indicare un autore che lotta contro un potere in modo ironico, la critica vi dà sempre un’accezione negativa. Senza andare a scomodare Voltaire, che vedeva nella forma del romanzo qualcosa di riservato prettamente alle donne, possiamo dire che questa serie è fatta veramente molto bene e non è riservato al pubblico degli Harmony, né tantomeno paragonabile a quelle fiction italiane tanto care alle nostre emittenti (la traduzione italiana del titolo avrebbe dovuto avere più efficacia).
Questa è la storia di una lotta, di una rivoluzione dell’economia, del mondo del lavoro, dei primi movimenti operai, dei primi scioperi nelle grandi aziende, dell’unità dei lavoratori, e, perché no, anche della considerazione della figura femminile, dell’aborto, del divorzio, del diritto di voto.