Dall’8 gennaio in rotazione radiofonica il suo ultimo singolo: “Rivoluzione”. Lui è Tavo, cantautore alessandrino, classe 1993. Ci descrive così il suo ultimo singolo: “Siamo soliti associare alla parola Rivoluzione il concetto di cambiamento. Ai grandi ideali storici. Tavo nel nuovo singolo attribuisce a Rivoluzione il significato di imperturbabilità di rigenerazione dopo la sconfitta, dopo il dolore. La capacità di resistere. Di tornare al punto esatto di partenza come esseri immutabili. Inossidabili. (…) Ho visto combattere una delle più grandi battaglie a una persona a me molto cara. Mi sarei aspettato di vederla fragile, di doverle stare accanto per raccogliere i pezzi che avrebbe perso lungo la strada, per sorreggerla. Invece ho capito che lei stessa ‘era davanti a tutti quanti’. Mi sono sentito piccolo. In questa canzone, ho solo osservato, nella speranza, un giorno di avere parte di quel coraggio. Sono stato lo spettatore del più grande documentario e lettore del più grande libro sull’umanità e sul coraggio.”
Tavo è un ragazzo giovane, con le idee chiare e un grande talento. Mi ha stupito il suo ragionare in modo lucido e caparbio: il suo lavoro è la musica e vuole venga riconosciuta come tale l’importanza di chi fa arte. Le sue canzoni sono genuine e sincere, ricche di sensibilità, voraci ti portano nel loro mondo, in un universo che racconta una storia vera.
Ciao Tavo , benvenuto a Senza Linea e complimenti per la tua musica! Dal 13 dicembre è in rotazione radiofonica il tuo singolo: “Annabelle”, che parla di una storia d’amore risalente a quasi 200 anni fa. Chi sono i protagonisti? So che è basato su una storia vera…
ANNABELLE nasce perché mentre facevo i lavori di ristrutturazione di casa ho trovato una lettera risalente al 1800 nella quale due amanti, un certo Enzo e una certa Maddalena, si scrivono e in questa lettera io ho immaginato la storia di queste persone e come potesse essere a quel tempo in cui non c’erano social ed era anche più difficile poter stare insieme. Questa storia avviene di notte, per questo nel brano dico: “abbiam tirato il cuore alla luna, ma poi la luna ci ha tradito una notte”, perché dalla lettera si evince che appunto Maddalena è sposata e lui è l’amante. Lei vuole troncare questa relazione perché evidentemente viene svolta nell’ombra. Ho pensato che il sentimento dell’amore, anche senza social, anche solo con le lettere è immutato nel tempo.
Credi che in amore ci sia sempre qualche rimpianto per una storia non vissuta fino in fondo? Tu hai rimpianti?
No, rimpianti no. A volte crediamo di amare qualcuno. A volte siamo concentrati talmente tanto su qualcosa che crediamo di amare, ma in realtà ci accontentiamo. Poi dopo ci rendiamo conto di non amarla più, o di non averla mai amata. Il vero amore invece credo sia diverso, credo che quando troviamo la persona giusta ce ne rendiamo conto immediatamente.
Questa canzone mi ricorda un po’ “Il favoloso mondo di Amelie”. Ti piacerebbe mettere a posto le cose come la protagonista del film?
Si, penso proprio di si
Il tuo ultimo singolo “Rivoluzione” è fuori da gennaio. Parlamene un po’.
Ho scritto questo brano in un momento in cui mi sono sentito solo letteralmente, poiché ho vissuto a casa un momento molto brutto a causa di un problema di salute di una persona a me molto cara, non è stato facile anche per via del covid. Le sono stato accanto e ho pensato di doverlo fare anche per reggere i pezzi che avrebbe perso durante questo percorso, in realtà mi sono reso conto che l’attaccamento alla vita a volte può essere talmente forte, che tu non sei più protagonista ma sei spettatore di questa cosa. Io ironicamente ho detto che sono stato un grande spettatore di un documentario sulla vita e un libro sull’umanità, perché stando vicino a questa persona ho apprezzato le piccole cose che diamo per scontate e che davo per scontate. Per alcuni, svegliarsi la mattina e vedere i fiori che fioriscono sul terrazzo o fare 10 metri a piedi è cosa di poco conto, in realtà per altri non lo è e sono queste le cose che danno la forza alle persone per affrontare questi problemi. Durante questo periodo, a causa del covid, non ho potuto nemmeno ricevere un abbraccio, perché a volte non hai voglia di chattare, di star li con il cellulare per mandare messaggini in cui spieghi i tuoi problemi agli amici; vuoi guardare in faccia una persona e non parlare. I social si sono dimostrati giganteschi nel momento in cui ci hanno unito con il covid, ma fragili perché non hanno mai contribuito a sostituire il rapporto umano. Quindi mi sono rifugiato nella musica per cercare quell’abbraccio nella condivisione di quello che stavo provando in quel momento. E ho attribuito alla parola “rivoluzione” il significato di imperturbabilità, di rigenerazione dopo la sconfitta, dopo il dolore. Ho immaginato la rivoluzione non come lotta, guerra o ideale storico, ma come la rivoluzione dei pianeti, la capità che hanno di tornare allo stesso punto, inossidabili e immutabili.
Scrivi tu tutti i tuoi testi?
Si, scrivo i testi, scrivo la musica e poi si va in studio con la produzione con Roberto Lazzarin e Andrea Cherian di Noize Hills Records, etichetta con cui collaboro tutt’oggi, che sono diventati una vera e propria famiglia con cui si sviluppano le idee.
Quali sono le tue ispirazioni in ambito musicale?
In realtà ho sempre ascoltato di tutto – non ho mai ascoltato la musica a compartimenti stagni – letteralmente perché ho studiato chitarra jazz al conservatorio, ma non ho mai suonato jazz in giro, ho ascoltato musica elettronica, pop, italiana internazionale, e logicamente cantautorato italiano, di quei cantautori che in italia sono al terzo posto dopo Gesù e il Papa, tipo De Andrè. Però diciamo, in generale, per me se fai musica è necessario ascoltare di tutto perché ogni cosa è ingrediente per la tua ricetta originale.
Il tuo primo album “Funambolo” è un riferimento nietzschiano all’instabilità della vita?
Il primo album parla delle scelte, dell’instabilità che si ha quando si fanno delle scelte. Racconto di come sia saggio abbandonare l’appiglio saldo e sicuro, di quando si è legati a qualcosa di solido che però non ci fa muovere, ci lascia in una comodità in cui ci ciondoliamo, quando invece basta scegliere. Io credo invece che tutte le scelte siano semplicissime, esattamente come la fune del funambolo, da un punto A a un punto B, lineare, il problema non è la scelta stessa, è il dopo: la scelta è stata facile, il percorso è un po’ più arzigogolato. Ho utilizzato questa metafora del funambolo perché calzava a pennello.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Stiamo lavorando al disco ormai da un anno e mezzo, quasi due, ma la mia intenzione è quella di far uscire il disco quando ci sarà la possibilità di portarlo in giro con un tour. Questa sarebbe la mia volontà. Inoltre vorrei riprendere con il tour precedente che spero si sia “congelato” e che non sia del tutto cancellato. Spero di riprendere con il mio mestiere, che ormai è diventato un vero e proprio “atto di fede”, il menestrello del 2020 è al pari di un prete per la sua fede. Un settore questo che non ha tutele, leggi zero, e io faccio solo questo nella vita. La causa di tutto questo non è solo il COVID: la situazione era già pregressa. Io lavoro in questo settore da quando avevo 16 anni ed è almeno un decennio che gli operatori dello spettacolo non sono tutelati, la situazione covid ha solo acceso un faro sulla questione. Bisognerebbe vedere gli artisti come artigiani, finchè non vengo riconosciuto come tale, per lo stato io non produco niente, e quindi non ho diritti. E’ vero faccio arte, qualcosa che non si tocca, ma le mie tasse, le mie bollette, il pane che metto in tavola sono cose concrete. Speriamo di uscirne presto! Grazie!