Nell’ambito della terza edizione della mostra-focus “L’Opera si racconta”, al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, è stata presentata al pubblico e alla stampa, il dipinto della metà del XV secolo, la “Sacra conversazione” di Konrad Witz. L’obiettivo di tale manifestazione è di “dar voce” a dipinti, sculture e oggetti d’arte, messi in relazione con altre opere e di spiegarne i criteri espositivi. Quest’opera è messa a confronto con due manoscritti della metà del XV secolo, provenienti dalla sezione “Manoscritti e Rari” della Biblioteca Nazionale di Napoli: “Horae Beatae Mariae Virginis Secundum usum rothomagensis”, Heures à l’usage de Rouen, 214 fogli, di cui 40 in grandi miniature, e “Horae Beatae Mariae Virginis”, Livre d’Heures, 181 fogli, di cui 8 in grandi miniature. La “Sacra Conversazione” di Konrad Witz sviluppa un tema iconografico, rappresenta la Madonna con il Bambino Gesù, circondati dai santi. Nel dipinto, la Madonna è intenta nella lettura, San Giuseppe, invece, offre la mela, simbolo del peccato originale e della redenzione. Tra queste due figure, Santa Caterina, in abito blu, è identificata dalla spada del suo martirio, e Santa Barbara, in verde, è riconoscibile grazie alla piccola torre. A differenza dell’Annunciazione o dell’Ultima Cena, la “Sacra Conversazione” non fa riferimento a un evento biblico. Questo dialogo avviene tra personaggi che appartengono a epoche differenti. E’ una rappresentazione voluta per evidenziare la funzione di mediazione della Madonna, fra gli uomini e Dio, senza avere dei “confini spazio-temporali”. Infatti, non è un dialogo reale, ma un colloquio silenzioso e puramente spirituale, in cui l’atteggiamento dei santi è identico a quello dei fedeli in preghiera davanti all’altare. I pittori fiamminghi scelgono, spesso, di rappresentare questa scena all’interno di una chiesa di forma contemporanea, come la lunga navata gotica in fuga prospettica visibile nel dipinto.
La pittura di Witz è caratterizzata per le figure solide e voluminose riccamente panneggiate, per l’interesse per le distorsioni ottiche e le fughe prospettiche, la luce intensa e le ombre. Le sue scene sacre sono raffigurate in paesaggi naturali, sono dipinti di intenso realismo, oppure all’interno di chiese maestose, da cui si intravedono scorci della città, come si vede nella “Sacra conversazione”. Nella bottega di Witz, ruotavano allievi e collaboratori. Tra essi è documentato un certo Hans Witz, alcuni studiosi gli attribuiscono la tavola di Capodimonte, sebbene non sia possibile stabilire con certezza se si tratti di un familiare o solo di un seguace.
I manoscritti del XV secolo, presenti in mostra, evidenziano un legame molto stretto fra la pittura su tavola e la miniatura. La decorazione dei libri non è più compito esclusivo dei monaci, e tanti pittori lavorano anche come miniatori. I manoscritti, facilmente trasportabili, diffondono con le loro miniature un repertorio iconografico valido anche in pittura attraverso tutta l’Europa. Non sorprende di ritrovare nella “Sacra Conversazione” di Konrad Witz, elementi iconografici comuni a manoscritti miniati.
Solo i monasteri, le corti aristocratiche e i grandi mercanti ne possiedono, perché possono pagare ore di lavoro e materiali preziosi, come l’oro e i costosi pigmenti. Il Quattrocento, secolo in cui la pittura e la miniatura parlano all’unisono, può essere considerata l’età d’oro dei manoscritti, prima che l’invenzione della stampa dia vita alla produzione seriale dei libri.