F.è un ragazzo giovane e da poco si è affacciato al mondo LGBT facendo coming out. Parlando sui social del più o del meno mi ha raccontato subito delle difficoltà riscontrate in questo ambiente dove tutto si basa sull’estetica e i sentimenti sono spesso effimeri. Locali, chat, incontri di chi si trova “alle prime armi”, in più F. ha la sindrome di Asperger, una patologia che porta chi ne è colpito fatica a capire con fatica i pensieri e le emozioni delle altre persone, con conseguente difficoltà a interagire. Questo rende difficili i rapporti interpersonali benché non sia una patologia invalidante.
Ho chiacchierato con questo caro ragazzo e questo è quello che mi ha raccontato.
PARTE TRE
Perché hai sentito il bisogno di fare coming out, e com’è andata?
Ho sentito bisogno di fare coming out perché non riuscivo più ad essere me stesso. È cominciato tutto con la fine del liceo e l’inizio degli studi universitari, dopo un lunghissimo periodo di crisi, ho cominciato a prendere coscienza di me stesso. Dall’inizio del percorso universitario ho cominciato a riflettere su ciò che mi piaceva e, seppure può sembrare sciocco, a capire “veramente” la mia sessualità. Sono riuscito a dichiararmi con i miei amici e con una psicoterapeuta, ma prima del 2019 non ho avuto il coraggio di farlo con mio padre e mio fratello. Mi credevo semplicemente bi-sex perché la compagnia “femminile” non mi dispiaceva e anzi riuscivo abbastanza bene a comprendere le donne, a volte mi sentivo più compreso dalle donne rispetto agli uomini. Tuttavia mi mancava una componente fondamentale: l’attrazione. Era molto improbabile che una donna mi suscitasse un “forte interesse” . Essere gay era una sofferenza e quindi cercavo di adeguarmi alla massa, perché mi nutrivo di stereotipi senza fondamento: non avrai mai una famiglia, non avrai mai figli, i gay sono promiscui, l’eterosessualità è la normalità… A forza di sentire questa litania continua preferivo nascondermi e dicevo che forse avrei dovuto solo aspettare un po’. L’ho fatto, ma non ho scoperto che l’essere gay era passeggero. No, assolutamente no. Ho scoperto soltanto che gli stereotipi erano semplificazioni e banalizzazioni. Trovo il coraggio e mi dichiaro con mio papà, lui è molto sorpreso. Le mie parole gli sembrano un fulmine a ciel sereno e la sua prima risposta è: “Ne sei sicuro ?”. Mi sento spiazzato, però fiducioso. È la stessa fiducia che ho tutt’oggi anche se mio padre fa moltissima fatica ad accettarmi ed è spesso restio.
Mio fratello è molto più sereno nell’accettarmi, non mi dice nulla. All’inizio è solo un po’ scosso, ma non ha grossissimi problemi. Il nostro rapporto si è addirittura rafforzato.
Il suo abbraccio mi dà molta speranza e parla più di mille parole
Ti sei mai sentito discriminato?
Sì ,mi è capitato molto spesso di sentirmi discriminato. A partire dalla tenerissima età delle elementari i miei compagnetti hanno cercato in tutti i modo di mettermi da parte. Per loro non ero mai abbastanza uomo, abbastanza forte, abbastanza coraggioso e non è raro che sia stato preso di mira come “la femminuccia” oppure “l’imbranato” (per la mia scarsa coordinazione fisica e la goffaggine). Imitavano il mio modo di fare, il mio parlare: tout court me stesso. Ho sempre fatto molta fatica ad integrarmi. Stesso discorso vale per le mie prime esperienze gay, da cui sono uscito molto amareggiato. Per molti parlare con un ragazzo gay passivo significava parlare con un “passivo alla vita”, debole e vile e spesso mi utilizzavano alla strema di una merce in cui scaricare i loro desideri. Non ci riuscivano, ma i loro tentativi non erano così radi. Purtroppo.
In base alla tua esperienza, cosa assolutamente non ti piace del mondo LGBT?
Le cose che non mi piacciono del mondo gay sono l’estrema attrazione verso i rapporti sessuali e la vanità. L’estrema attrazione verso la sessualità mi irrita perché personalmente non riesco a vedere una rapporto come un atto in sé, privo di significato. Non sono mai riuscito a concepire un rapporto senza “pathos” e mi è difficile concepire come la ricerca di solo sesso possa gratificare un individuo. Non voglio assolutamente dire che non trovi i rapporti sessuali gratificanti, però un rapporto senza confronto e senza un obiettivo in comune (anche se minimo,come la voglia di conoscersi o scoprirsi) non mi appare un granché e sopratutto il modo in cui è richiesto mi fa sembrare “un oggetto alla mercé” del migliore offerente. È una cosa che non riesco a tollerare. Noto inoltre che molta gente è estremamente attratta dalla vanità e dalle apparenze, non è raro che mi capiti qualcuno che mi respinga alla prima foto, alla prima impressione, alla prima apparenza… Perché ? Forse non rispetto i suoi canoni estetici? Sì, può darsi. Perché non darmi nemmeno l’occasione di conoscerci? Se rimanessimo amici? Sono tutte queste le domande che scorrono nella mia testa e spesso non trovano riscontro, ma nonostante la mia fiducia verso “degli uomini migliori” devo dire che ancora tutt’oggi mi è difficile stringere amicizie con altri ragazzi gay.. nonostante i miei vani tentativi.