Il paese di Vairano Patenora, un comune in provincia di Caserta, di poco più di 6000 abitanti, è stato al centro delle polemiche per una strada intitolata ad un gerarca fascista, tale Giuseppe Bottai.
La scelta di designare una strada con tale nome particolarmente “ingombrante” non risale al periodo d’oro del fascismo, ma al recentissimo 1998, quando una Giunta comunale di destra si era presa la briga di intitolargli una via.
Di lì, una battaglia lunghissima, anche a colpi di radio, ad opera del noto scrittore, conduttore televisivo e radiofonico nonché regista, Pif, (ovvero Pierfrancesco Diliberto) protagonista istrionico del mondo del giornalismo d’inchiesta, volto noto e apprezzato, per tanto tempo, delle Iene e autore del famigerato “la mafia uccide solo d’estate”, che ha chiesto a gran voce di cambiare la denominazione della strada intitolata al ministro fascista.
Giuseppe Bottai è stato, di fatto, un alto gerarca fascista, uno dei maggiori collaboratori di Mussolini, governatore di Roma e di Addis Abeba, più volte ministro negli anni vivi del fascismo italiano, come ministro delle Corporazioni e dell’Educazione Nazionale, vestendo ruolo significativi e potenti per la diffusione della propaganda fascista e la fondazione del regime autoritario.
Nel 1919 incontra Benito Mussolini e collabora alla fondazione dei Fasci italiani di combattimento di Roma. Nel 1921 appena laureatosi in Giurisprudenza, dirige la redazione romana de Il Popolo d’Italia e viene eletto, nelle file del Partito Nazionale Fascista, alla Camera dei deputati, decadendo nel 1922 a causa della giovane età. Il 28 ottobre di quello stesso anno partecipa alla marcia su Roma.
Nel 1923 fonda la rivista quindicinale Critica fascista, voluta da Benito Mussolini, che, consapevole che il partito dovesse cambiare alcuni suoi tratti caratteristici, vi vedeva un ottimo mezzo di divulgazione dell’ideologia fascista. Rieletto nel 1924 alla Camera, siede ininterrottamente alla Camera (dal 1939 Camera dei Fasci e delle Corporazioni) fino al 1943.
Lo stesso Benito Mussolini ammirava il pensiero di Bottai, che, in qualità di Ministro dell’Educazione Nazionale, fu l’artefice di una delle pagine più infamanti e tristi della storia del fascismo italiano, approvando il decreto legge del 10 novembre 1938 che stabiliva “l’incompatibilità con la qualità di ebreo non solo con gli uffici propriamente attinenti all’insegnamento, ma anche a tutti gli altri impieghi nelle scuole, frequentate da alunni italiani, come pure l’esclusione degli alunni di razza ebraica“, avviando così un sistema fedele al Manifesto della razza e alle persecuzioni.
E’ l’approdo della politica discriminatoria, razzista e antisemita del fascismo italiano che determinò le esportazioni di massa presso i campi di concentramento di innumerevoli italiani, appartenenti alla “razza ebraica” ovvero oppositori al regime, omosessuali, disabili, rom (e altre minoranze etniche) e come tali meritevoli del peggiore destino, tra cui spossessamento dei propri beni, lavori forzati e morte, marchiati con numeri in grado di eliminare qualsiasi benché minima forma di dignità e identità umana…tra i colpiti dalle conseguenze di questa aberrante legge, la famiglia di Liliana Segre, quasi interamente sterminata nei campi di concentramento nazista che, sola, tornerà in vita da Auschwitz-Birkenau dopo la liberazione.
Il 24 luglio 1943 Bottai aderisce insieme ad altri 19 gerarchi all’Ordine del giorno Grandi, una mozione che mette in minoranza Benito Mussolini (25 luglio 1943) poiché, a suo dire, il fascismo aveva fallito sia il suo scopo che nei suoi ideali. A causa dell’adesione a tale mozione, Bottai sarà condannato a morte in contumacia al processo di Verona, nel 1944, da un Tribunale della neo-costituita Repubblica Sociale Italiana, assieme a Galeazzo Ciano, Dino Grandi, Emilio De Bono e altri, pena, di fatto, mai eseguita.
Nel 1944 si arruola con il consenso delle autorità politiche francesi, sotto il nome fittizio di Andrea Battaglia, nella Legione straniera francese di stanza in Algeria, combattendo contro i tedeschi, “per espiare le mie colpe di non aver saputo fermare in tempo la degenerazione fascista”, scriverà in un suo libro.
Nel 1947 gli viene concessa l’amnistia per la sua condanna all’ergastolo per aver partecipato attivamente alla costituzione del regime fascista.
Muore a Roma il 9 gennaio 1959. Ai suoi funerali, particolarmente affollati, svoltisi nella sua città natale, Roma, sarà presente, tra le numerose autorità, il ministro della Pubblica Istruzione, allora in carica, Aldo Moro, amico di famiglia.
Insomma, una figura controversa, che, purtroppo con il suo agire, il suo credo e la sua convinta ferma determinazione nell’ideologia vincente del fascismo, nei cui ideali non smetterà mai di credere, ha contribuito alla diffusione di pensieri di bieco razzismo e di persecuzioni discriminatorie…certamente, in onore alla memoria storica, non uno dei protagonista della storia italiana meritevoli dell’intestazione di una strada.
Pif ha dichiarato, così, la fine di una lunga battaglia nel corso della trasmissione “I sopravvissuti” in onda su Radio Capital con a fianco Michele Astori, “noi abbiamo cominciato la battaglia e forse oggi è il giorno del trionfo, della vittoria“, continua dicendo “in questo comune (Vairano) c’era una via intitolata a Giuseppe Bottai che era un fascista importante. Ha firmato il manifesto della razza e si è occupato di fare il censimento degli studenti e professori ebrei per gettarli fuori sostanzialmente, era, quindi, orgogliosamente fascista. Noi abbiamo cominciato questa battaglia per convincere il Comune a cambiare la via e dedicarla a qualcun altro. Sembra che dopo varie procedure …forse oggi arriva la bella notizia“.
Dopo aver avviato l’iter di cambiamento della toponomastica, un pò macchinoso per i necessari adempimenti burocratici, il sindaco di Vairano , nel ringraziare ai microfoni di Radio Capital, il prefetto per aver autorizzato il cambio del toponimo in tempi accelerati poiché, a suo dire,” non faceva onore al nostro paese”, ha concluso ” tra un mese avremo la nuova targa” dedicata al giornalista napoletano, Giancarlo Siani che appena ventiseienne, il 23 settembre 1986, venne ucciso dalla camorra per il suo lavoro di inchiesta sotto una pioggia di colpi di pistola.
Ecco, dunque, che Giuseppe Bottai diventa via Giancarlo Siani.
E’ un problema di simboli e di significati significanti per cui non è assolutamente accettabile il riconoscimento di alcun genere ad un gerarca fascista, in tal caso, peraltro, braccio destro di Mussolini nella sua tragica ascesa al potere.
L’Italia fatica ancora oggi a riconoscere le nefandezze del fascismo e la responsabilità della politica posta in atto da Mussolini e dai suoi più stretti seguaci e collaboratori, puntando sulla mancanza di una effettiva volontà antisemita nel duce.
Di fatto, le deportazioni, le persecuzioni e le depredazioni, perpetrate a danno di numerose famiglie italiane, esuli dalla “razza” riconosciuta, e colpevoli di non rientrare nel canone di ciò che veniva ritenuto geneticamente perfetto, raccontano ben altro in quanto sono state firmate, volute e determinate dall’agire fascista e dal suo nucleo abominevole di “dis”valori sotto l’influenza indiretta del pensiero fanatico del Fuhrer ma con l’assoluta consapevolezza delle conseguenze della politica razziale e delle spregiudicate violazioni dei diritti umani al servizio di un Regime folle e tirannico.
Primo Levi diceva “la peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia“, frase oggi dannatamente attuale e nel flusso e riflusso di rigurgiti razzisti e di forme di odio e di discriminazione, insistentemente pericolose e insidiose nei confronti di chi ha il diritto di essere diverso, che si vanno susseguendo nelle cronache di questi giorni, legate anche all’approvazione della legge Zan, è un bel segno vedere la mobilitazione per la rimozione di una targa ingiusta e illegittima e la sua sostituzione, prediligendo, al suo posto, una narrazione completamente diversa, rappresentata dalla tragicità della storia di una giovanissima vittima innocente della criminalità organizzata.
Se verità storica dobbiamo riconoscere ai misfatti italiani, quando il fascismo ha sorretto e condiviso, con convinzione e proselitismo, le politiche scellerate del nazismo tedesco e costruito un Regime dittatoriale totalmente fondato sull’ideologia del razzismo e della razza pura, e, dunque, sulla violenza e l’usurpazione dei diritti, beh, per tutti coloro che, ciechi o consapevoli, hanno partecipato a tale campagna di odio non può esservi alcuna targa commemorativa.