Sono decenni che determinare zone dell’hinterland napoletano e casertano, ribattezzate come Terra dei Fuochi sono flagellate dalla dannosità di rifiuti illegali accumulati nel tempo con la connivenza di ecomafie e scelte di smaltimento scellerate.
Gli abitanti denunciano da tempo la condizione di rischio che vivono sistematicamente per la diffusione di malattie, tumori e sofferenze respiratorie senza considerare le paure e le ansie legate ad un’esistenza tanto precaria e pericolosa.
Terra dei fuochi è un’espressione risalente al 2000 che sta ad indicare una vasta area situata in Campania, per l’appunto tra la provincia di Napoli e di Caserta, in relazione alla terribile scoperta di un interramento di rifiuti tossici e speciali, alla presenza di numerose discariche abusive sparse sul territorio e all’innesco di numerosi roghi di rifiuti, con un potenziale impatto sulla salute della popolazione locale elevatissimo.
L’espressione apparve per la prima volta nel 2003 nel Rapporto Ecomafie di Legambiente.
Le rivelazioni dei pentiti criminali che erano stati gli attori e autori del lucroso interramento e smaltimento dei rifiuti illegali, industriali, tossici ad alta densità inquinante, hanno, poi, contribuito in parte a ricostruire una spaventosa estesa mappatura territoriale delle balle occupanti parte del sottosuolo partenopeo e casertano determinando non solo un abbrutimento del territorio, spesso esposto a roghi tossici e nocivi per nascondere le malefatte, ma hanno compromesso la fertilità di aree particolarmente rigogliose di vegetazione e di produzione della catena agro-alimentare e la salubrità della falda acquifera, compromessa dalla presenza incidente di metalli pesanti, nella normalità non in così alte percentuali come, invece, emerso nei riscontri scientifici.
Nello studio del fenomeno, la difficoltà metodologica e scientifica é stata principalmente la dimostrazione di una correlazione significativa tra l’esposizione ad un ambiente “malsano” e l’incidenza di forme tumorali, in quanto si sa che vanno considerati nello specifico moltissimi altri fattori, come le cattive abitudini personali, alimentari o di fumo, l’ereditarietà di alcune patologie ovvero le azioni di prevenzione poste in atto e più presenti nelle fasce più acculturate della popolazione, solo per citarne alcune.
Purtuttavia, la fenomenologia della Terra dei fuochi, i tantissimi malati e morti, l’elevato numero di bambini ammalatisi di forme cancerogene, leucemiche o tiroidee, hanno inciso sulle variabili incidentali, eliminando ogni dubbio circa l’aumento di casi di tumore nella popolazione locale rispetto alla media nazionale, così come da verifica attenta dei registri tumorali interessanti le aree incriminate nonché – e questo é sicuramente il dato più spaventoso e allarmante – la presenza di materiali inquinanti e cancerogeni nel corpo di chi si ammala di tumore in elevate quantità imparagonabili ad ammalati delle stesse patologie in altre aree del Paese.
Ed ora, finalmente, dopo anni di lotte e manifestazioni, campagne di sensibilizzazione e denunce dei fatti vissuti, cortei disperati delle tante famiglie orfane dei loro cari, anche la scienza riconosce la sussistenza di una «relazione causale», o di «concausa», tra il disastro ambientale avvenuto nella Terra dei Fuochi e l’insorgenza in quel territorio di diversi tumori e malformazioni congenite.
A certificarlo la relazione tecnico-scientifica presentata dal procuratore Francesco Greco, dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e dal procuratore generale di Napoli Luigi Riello, frutto dell’accordo siglato nel giugno del 2016 con la Procura di Napoli Nord e l’Istituto superiore di sanità.
Stante al contenuto del rapporto conclusivo, diverse patologie, come il tumore mammario, alcune forme leucemiche ovvero malformazioni congenite, nonché asma o difficoltà respiratorie, sono da collegarsi al sistematico smaltimento illegale dei rifiuti perpetrato negli ultimi decenni nell’area compresa fra le province di Napoli e Caserta.
Ecco, dunque, finalmente provato il nesso di causalità.
A fronte di un crescendo numero di ammalati e morti nella zona discussa, la Procura e l’Istituto Superiore di Sanità ben quattro anni e mezzo fa decisero di avviare una ricerca/indagine sul campo con l’obiettivo di raccogliere dati ed elementi di supporto scientifico, in particolare relativi all’eccesso di mortalità, all’incidenza dei tumori e agli episodi di ospedalizzazione per svariate manifestazioni di malattie che contemplano tra i fattori di rischio l’esposizione a inquinanti, accertata o presupposta, tentando di far luce sul buio di un immenso disastro ambientale ed esistenziale.
Alla luce delle rilevazioni sul territorio, i tecnici hanno costruito una mappa del rischio che coinvolge ben 38 Comuni interessati dagli sversamenti illeciti che si sono verificati con maggiore impatto nocivo ed inquinante nel tratto tra Napoli e Caserta in un’area di 426 chilometri quadrati e su cui è competente la Procura di Napoli Nord.
Sono stati così individuati 2.767 siti di smaltimento illegale con la sconvolgente rilevazione che più di un cittadino su tre, pari al 37% dei 354 mila residenti nei 38 Comuni, vive ad almeno 100 metri di distanza da uno di questi siti, esponendosi a una «elevatissima densità di sorgenti di emissioni e rilasci di composti chimici pericolosi per la salute umana».
La mappa offre uno sguardo di maggiore compiutezza e connota di fortissimo allarmismo le condizioni delle zone inquinate, distinguendo i centri oggetto dello studio in quattro classi, con fattori di rischio crescenti: dal rischio “uno” per i meno esposti all’ambiente inquinante, comunque, nocivo per la salute a “quattro” per i più esposti, in cui la pericolosità cresce in misura esponenziale.
Di livello 4, solo due paesi della provincia di Napoli:
– Giugliano in Campania e Caivano;
– cinque, sempre appartenenti alla provincia di Napoli (Cardito, Casoria, Melito di Napoli, Mugnano e Villaricca), sono di livello 3;
– undici sono di livello 2: sette nel Casertano (Aversa, Casal di Principe, Sant’Arpino, Casaluce, Gricignano d’Aversa, Lusciano e Orta di Atella) e quattro nel Napoletano (Afragola, Casandrino, Crispano e Qualiano).
– I restanti 20 Comuni di livello 1.
La commissione ha evidenziato, dati alla mano, che la mortalità e l’incidenza del tumore al seno è «significativamente maggiore tra le donne dei Comuni inclusi nella terza e quarta fascia», così come per «l’ospedalizzazione per asma», molto alta rispetto al resto del territorio in tutti i 38 centri coinvolti dalle azioni criminali.
Purtroppo, particolarmente elevate anche le malformazioni congenite sono maggiori nei Comuni di livello quattro.
L’incidenza delle leucemie e dei ricoverati per asma nella popolazione da 0 a 19 anni aumenta, in base al report, «significativamente passando dai Comuni della classe uno a quelli della classe successiva, con il rischio maggiore in quelli di classe quattro».
Secondo il presidente dell’Iss Brusaferro «è necessario sviluppare un sistema di sorveglianza epidemiologica integrata con dati ambientali nell’intera Regione e in particolare nelle province di Napoli e Caserta, in modo da individuare appropriati interventi di sanità pubblica, a partire da azioni di bonifica ambientale».
Dopo aver sussunto le risultanze delle indagini sulla Terra dei Fuochi, emerse dagli studi effettuati, per il procuratore di Napoli Nord, dott. Greco, la constatazione amara del nesso di causalità tra morti e inquinamento resta un problema attuale e non trascurabile, anzi nelle sue parole, il dramma del picco di tumori nella Terra dei fuochi non solo va considerata bensì «è l’emergenza più importante per Caserta e Napoli dopo il Covid».
La sensibilizzazione sui problemi ambientali, sulla cura del nostro pianeta e dei nostri territori, sulla lotta ai fattori inquinanti e alle ecomafie, restano problematiche di grandissima complessità e seppure gran parte delle politiche ambientalistiche puntano sulla differenziazione dei rifiuti urbani, con la diffusione di una nuova forma mentis votata alla differenziata e alla consapevolezza della coscienza ambientalista sulla scia della giovane rivoluzionaria Greta internazionale e non solo, la risoluzione e la bonifica ambientale della Campania dovrebbero rappresentare priorità assolute dell’agenda politica nazionale e regionale per salvare ulteriori vite e scongiurare ulteriore sofferenza.
Sta di fatto che il rifiuto solido urbano in Italia costituisce poco più che il 10% del totale di tutta la sommatoria dei “rifiuti” per così dire casalinghi in Italia, sicuramente meno pericolosi per la tutela della salute pubblica rispetto a quelli chimici, industriali, tossici o anche medicali che si ritrovano in quantità elevatissime nella Terra dei fuochi.
Come ribadisce Padre Maurizio Patriciello, da sempre in trincea nella battaglia per la difesa dei diritti degli abitanti delle zone devastate dall’inquinamento, “non sono le bucce di banana della nonna buttate per la strada ad ucciderci tutti, ogni giorno. Ogni giorno uccidono in Italia e nel mondo i rifiuti industriali illegali!”.
Ora è il momento di agire.
Questi risultati non possono lasciare inerti anzi evocano la necessità di specifici interventi con il blocco immediato degli sversamenti e la realizzazione di bonifiche, attivando un indispensabile iter virtuoso di gestione del ciclo dei rifiuti senza trascurare la sorveglianza epidemiologica permanente delle popolazioni così come ribadito da Brusaferro, con l’implementazione dell’attività sanitaria di prevenzione e di screening.
La reazione dei comitati di Terra dei Fuochi (Napoli-Caserta) non si é fatta attendere; immediatamente si sono riuniti in protesta davanti agli organi di governo con manifesti e pressanti sollecitazioni per cui chiedono risposte ed interventi risolutivi ad horas «La Procura conferma il nesso tra veleni e tumori, ora le istituzioni fermino lo scempio».