Cosa sta succedendo nelle menti degli uomini? Non è dato saperlo, ma spaventa sinceramente vedere una Italia familiare tanto cruenta e spietata tra le mura domestiche.
Non abbiamo varcato nemmeno la soglia dei poco più di trenta giorni dall’inizio del nuovo anno e già siamo alla tristissima conta delle vittime per mano dei propri amanti, ex mariti, mariti, compagni di vita.
Tutte le storie presentano, purtroppo, un fil rouge comune dato dalla combinazione di due elementi drammatici, da un canto, la convinzione di poter cambiare chi cambiare non può e d’altro canto, la trappola in cui la vittima cade credendo ancora nelle bugie dei propri aguzzini.
In quasi tutti i femminicidi, l’ultimo incontro, desiderato, bramato fino alla massima insistenza dall’assassino, diviene il momento in cui la studiata strategia di attacco viene messa in atto e colpisce a morte la vittima.
A parte le numerose vittime di femminicidio, vanno purtroppo conteggiate anche le donne che vivono di violenza e nella violenza familiare e ne portano i segni in modo perpetuo, fisici e psicologici.
Le storie di questo scorcio di 2023 raccontano una malsana gestione dei sentimenti di gelosia, o forse meglio dire, ossessione della gelosia e del possesso della propria donna, fino a preferirne la morte alla vita senza di loro accanto.
Le donne che hanno il coraggio di denunciare sono in aumento, e tra le vittime, ritroviamo spesso proprio chi questo coraggio lo ha messo in atto e allora cresce ancora di più la rabbia e il senso di impotenza di fronte a chi ha provato a difendersi, a tutelarsi, a volte anche a tutelare i propri figli, ma resta vittima dei suoi timori e delle sue denunce, finendo per svilire il senso stesso del proprio coraggio.
In una delle ultime storie, la povera Yana, dopo insistenti telefonate dall’ex fidanzato, viene sedotta con un tranello subdolo e bieco, la notizia è il malessere del cane che viveva con loro…e dopo messaggi a pioggia e squilli su squilli, l’apprensione per lo stato di salute del cagnolino, una volta appartenuto alla coppia, prevale anche sul proprio benessere e così, varcata la soglia di casa, scatta un vero e proprio assalto “a colpi di sprangate” – rivela l’autopsia – rispetto alle quali la difesa strenua della vittima non è bastata a risparmiarle la vita.
Allora, viene da chiedersi, come si può arrivare a tanto? come si può parlare di amore?
Non c’è un infinitesimo di amore in tutto questo!
Anche a provare ad umanizzare tanta irrazionale violenza non è possibile, non si trova un briciolo di umanità in chi arriva a incontrare la propria compagna in compagnia di una tanica di benzina, bruciandola viva o colpendola alla gola con una coltellata in presenza dei figli o ancora le spara con una pistola a bruciapelo o la uccide e la nasconde sotto le foglie secche di un bosco…e via via con episodi inenarrabili per la brutalità e lo sconcerto delle azioni raccapriccianti messe lucidamente in campo.
Tutte le storie presentano tratti drammatici in cui le donne, pur consapevoli del pericolo, hanno ancora fiducia nel proprio “amato o ex amato” e non arrivano a credere di poter morire per mano di chi giura e spergiura di amarle alla follia…follia proprio quella a cui si appellano in tanti per giustificare poi il gesto insano commesso.
La povera Martina Scialdone aveva provato a capire le ragioni del suo compagno e, durante una cena finita malissimo in un ristorante della propria città, si era rifugiata in bagno in preda alla paura per la sua violenza, eppure nonostante tutto, nonostante la chiamata in soccorso del fratello, uscita fuori dal locale, si è trovata faccia a faccia col suo aguzzino che le ha portato via la vita a colpi di arma da fuoco.
L’insensibilità e l’indifferenza degli altri frequentatori del ristorante sono il segno di un tempo in cui l’umana pietas è andata a farsi friggere…possibile che nessuno, notando una donna spaventata di fronte ad un uomo che urla, e che si nasconde in un bagno terrorizzata, viene affiancata da qualcuno e non lasciata sola di fronte ad un destino tanto ingiusto e infame?
Lo sconcerto delle non azioni, del silenzio, della connivenza omertosa, è probabilmente l’aspetto più indigeribile di tutto questo perché di fronte ad un uomo folle che ha perso il controllo di se stesso e delle sue emozioni, non c’è nessuno che ha il coraggio di intervenire, di chiamare aiuto, di chiedere alle forze dell’ordine di intervenire, di provare a proteggere la donna aggredita.
Ciò a cui si assiste lascia spaesati, perchè davvero nonostante tutta la propagandistica e chiacchierata cultura dei sentimenti, in effetti tutto sembra permeare le azioni di questi maledetti vigliacchi tranne proprio una educazione al sentimento, al rispetto dell’altro e delle sue scelte, alla testimonianza dell’amore vero che vuol dire a volte anche fare un passo indietro, rinunciare, lasciare libero l’altro da sè di decidere come e cosa vuole per la propria vita.
Ma tutto questo è lungi dal realizzarsi.
Quasi sempre gli assassini, se non rinunciano alla vita col suicidio subito dopo aver commesso il folle gesto, spesso premeditato, con accuratezza e dovizia di particolari, si giustificano con frasi del tipo “L’ho uccisa come lei ha ucciso me“… alla fine di un amore si risponde con la fine di una vita…per la serie o sei con me o sei contro di me nel senso più assoluto del detto proverbiale.
Il senso del possesso espresso fino all’ossessione dell’altro come parte di sè, come oggetto di appartenenza, come cosa di proprio dominio e come tale non rinunciabile, non “cedibile”, non “lasciabile”, non “libera”, meglio morta che viva ma senza di lui.
La difficoltà è fermare questo fenomeno…sembra che ogni giorno la fantasia dell’aguzzino sia sempre più perversa e astuta che neanche le norme nuove del Codice Rosso sono in grado di arrestare.
Allora, forse, sarebbe necessaria più che una educazione ai sentimenti, auspicabile ma che richiede tempi lunghissimi, una formula di accompagnamento per gli uomini violenti, una sorta di affiancamento, di incontri con specialisti che favoriscano la consapevolezza delle proprie azioni e della propria prepotenza, insomma una strategia di azioni da mettere in campo fin dai primi momenti in cui la notizia di eventi simili o addirittura nelle prime fasi delle denunce da parte delle vittime che giungono alle autorità competenti può fare da lasciapassare a tutta una serie di interventi fattivamente in grado di proteggere la donna, particolarmente vulnerabile proprio in quei momenti in cui sceglie da che parte stare.
Il maschio violento deve assumere la consapevolezza di non essere più onnipotente, di condividere il campo della vita con pari dignità con la propria donna, di imparare a capire il suo potere fin dove può arrivare e di lasciare la libertà di scelta a chi ama.
Il problema è proprio la parola amore, che non si addice a storie simili, dove c’è violenza, che sia verbale, fisica, psicologica, non può esserci amore, se non per se stessi e per il proprio ego che si ritiene ferito…ma di amore no, che non si può parlare di amore quando si arriva a congetturare di eliminare l’inenarrabile di donne carbonizzate, violentate brutalmente, sgozzate, eliminate, nascoste, fatte a pezzi, umiliate, degradate, sparate, sparite.
“Un amore insensato, spregiudicato, senza cuore
non può essere degno di questo nome.
Un amore violento, oltraggioso, senza cuore
non può essere degno di questo nome.
Un amore che colpisce a morte chi dice di amare
non ha amato mai se non il proprio bramare.
Un amore con le mani spiegate
è il calcare di scelte spietate
dove la forza del sentimento
incontra la brutalità del patimento.
Un amore amaro, dal cattivo sapore,
si manifesta nel suo torpore
e testimonia l’agonia del dolore
di un destino senza amore
dove chi mente distrugge con feroce orrore“.