Giorno dopo giorno, i casi di contagio da coronavirus aumentano con un’incidenza ancora significativa della pandemia nelle nostre vite, tenuta a freno in Italia probabilmente per l’effetto delle vaccinazioni ancora particolarmente diffuse.
Lo spauracchio della quarta ondata è sempre più insistente anche se gli addetti ai lavori, tra politici e virologi, frenano i timori per una ricaduta improvvisa nelle limitazioni alla propria libertà sotto lo scacco di un nuovo decollo della curva epidemiologica.
L’Europa che ci circonda è, invece, già in piena ricaduta con una crescita stabile dei contagi di settimana in settimana; in alcune nazioni che si trovano nel pieno della quarta ondata si vive nuovamente già sotto restrizioni e lockdown diversificati.
L’OMS, rilevando l’incidenza dei contagi, ha diversificato le varie aree definendole come “molto preoccupanti”, “preoccupanti” o “di bassa preoccupazione”, andando ad individuare le variegate situazioni epidemiologiche.
Da uno sguardo di insieme, tra gli Stati europei che maggiormente preoccupano c’è sicuramente la Germania che, oltre a spingere per la terza dose dei vaccini con una conta spaventosa giornaliera di migliaia di nuovi casi, è in pieno allarme rosso insieme al Belgio e sta ridefinendo i confini delle libertà e delle restrizioni da applicare per fronteggiare il sempre più urgente assedio del Covid 19.
L’Olanda ha avviato un lockdown per tre settimane sperando di salvare in calcio d’angolo il Natale; la Francia con una percentuale di vaccinati intorno al 70% spinge per la somministrazione della terza dose agli over 65 e teme l’aggravio della situazione epidemiologica anche nelle corsie degli ospedali.
L’Austria si contraddistingue per aver assunto una decisione in decisa controtendenza rispetto all’Europa, discriminando apertamente tra vaccinati e non, imponendo un vero lockdown solo ai no vax a cui sono vietate diverse attività di socializzazione.
L’Europa orientale, poi, tra cui Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria e Slovenia, con una bassa percentuale di vaccinati vive attualmente la fase più drammatica, con lockdown e restrizioni particolarmente severe che ricordano un pò le zone rosse nostrane.
L’Italia, dal canto suo, vive ancora una situazione “di bassa preoccupazione”, secondo la definizione dell’OMS, seppure i contagi sono in incessante accrescimento. Sono circa 5 le Regioni che si presentano con un più alto rischio e che probabilmente potrebbero cambiare di colore: in questo caso, la trasformazione in zona gialla comporterebbe una serie di restrizioni, relative prevalentemente alle misure atte a garantire più efficacemente il distanziamento, quale l’uso della mascherina all’aperto, una ridotta partecipazione a pranzi e cene ai tavoli dei ristoranti, ristretta a 4 persone conviventi e a conseguenti limitazioni numeriche sulle presenze in luoghi pubblici, quali cinema e teatri e, ovviamente, stadi.
Al momento, tutto questo è solo una proiezione potenziale perché i dati dei ricoveri e dei contagi che nelle ultime previsioni normative vanno incrociati tra specifiche condizioni nelle corsie di ospedale e numero delle persone contagiate, non rendono ancora tanto preoccupante la situazione da imporre le necessarie restrizioni.
Anzi, nelle parole del Ministro, dei suoi collaboratori e dei componenti del Comitato Tecnico Scientifico, la speranza è di poter vivere un Natale più libero e più sereno rispetto a quello dello scorso anno, con poche aree del Paese che vivranno le limitazioni in base ad un’espansione territoriale di contagi, quindi, un Natale auspicabile in zona bianca.
Le ultime disposizioni consentono decisioni territorialmente molto circoscritte anche a singole città o comuni, com’è successo di recente con Cervinara, un piccolo paesino caudino dell’Avellinese che, a seguito di due feste a cui hanno partecipato centinaia persone, ha registrato un focolaio pericolosissimo con allo stato più di cento contagi, di cui una 92enne deceduta a seguito del contagio post-cerimonia e un paziente ricoverato in terapia intensiva, nonché decine di contagiati ospedalizzati per le condizioni causate dalla malattia.
Molti i bambini contagiati, e soprattutto, denuncia il Primo Cittadino, molti tra i contagiati nonostante fossero vaccinati con entrambi le dosi.
Emblematico, il caso di una ragazza che aveva completato il percorso vaccinale ad agosto, a ottobre ha contratto il virus, è guarita e, dopo il contatto con “il focolaio”, è risultata di nuovo positiva.
Questa situazione ha così determinato un mini lockdown della cittadina con la chiusura di scuole, cimitero, villa comunale e il divieto di stazionare nelle piazze e lungo le principali strade cittadine.
Se questa è la panoramica generale della nostra Penisola, con città distribuite a macchia di leopardo un pò più a rischio e realtà più o meno vax, il problema sarà, soprattutto, la spinta alla campagna vaccinale per convincere gli ancora numerosi diffidenti no vax e per imporre la terza dose ad alcune categorie lavorative più esposte, quali sanitari e dipendenti delle RSA, senza trascurare il nodo della possibile vaccinazione per i bambini dai 5 ai 12 anni di cui si attende il parere dell’Autorità Nazionale per dicembre.
Non può non tenersi in debita considerazione l’esito delle ricerche scientifiche, provenienti da Stati Uniti, che, a fronte dell’incidenza della variante delta, hanno dimostrato una durata affidabile dei vaccini circoscritta a soli 6 mesi: di qui l’impellenza di correre ai ripari con la somministrazione di una dose ter e di possibile riduzione dell’efficacia del vaccino da un anno a nove mesi.
Proprio la terza dose non incoraggia molti, nemmeno i più convinti delle prime ore, che non si sono ancora ripresentati negli hub per il terzo rinnovo della punturina di immunizzazione.
Il dato che sicuramente emerge in queste ultime settimane è, purtroppo, un consistente incremento di contagi tra i più giovani, con categorie prima esenti, in primis, i bambini infradodicenni e gli adulti tra i 30 e i 50 anni, probabilmente i primi perché con la Dad erano a casa ed evitavano i contatti tra pari così frequenti ora tra scuola e attività sportive, nonché nelle ormai consuete circostanze relazionali e di incontro anche al di fuori delle aule scolastiche; i secondi perché rientrati in massa in presenza, esclusi i fragili, casalinghi fino a fine emergenza, fissata al momento al 31 dicembre, in quanto lo smart working, anche se non è del tutto scomparso, ovunque si è ridimensionato considerevolmente e per le maggiori occasioni di convivialità e condivisione di momenti di socialità.
Quale che sia, dunque, la fotografia del momento, resta sì preoccupante ma ancora gestibile sia negli ospedali che nelle catene di contagio tramite il tracciamento.
Non è un caso che le città, spinte dalla voglia di vivere una normalità e dall’esigenza di riscatto, si siano ridestate da un lungo sonno e da una forzata staticità e si siano rivestite di fiocchi e lustrini, già vistosamente addobbate con luci e ninnoli natalizi.
Napoli, con le sue numerose e sfavillanti luminarie, alcune un pò insolite e fuori fuoco per la nostra città, come quelle Disneyane della Galleria Umberto, predisposte e volute, decisamente prima del previsto dalla natività da Confcommercio, ha acceso la città contemporaneamente alle 17:00 di sabato 13 novembre al fine di consegnare un’idea di normalità, lasciando alle spalle le incertezze e le limitazioni post pandemiche e di abbreviare, con scorciatoie illusorie di luci e colori, il percorso al Natale, incentivando così la voglia e la frenesia di fare acquisti sotto l’albero, con un netto anticipo di più di un mese, fors’anche per il timore, com’è successo lo scorso anno, di chiusure improvvise in prossimità delle festività più attese dell’anno.
E non solo Napoli è messa così.
In tutto il mondo, la voglia di Natale è impellente e anticipata per recuperare il 2020 andato perso.
Anche gli Stati Uniti che vivono, comunque, una costante diffusione di contagi, che si contano in diverse migliaia al giorno con un totale di 47 milioni di contagiati da inizio pandemia, anche tra i bambini con 8000 ospedalizzazioni e 100 morti fra i più piccini, hanno spalancato le porte al Natale e ai suoi rituali così straordinari ed esorbitanti negli States.
E’ proprio di qualche giorno fa la notizia della riapertura delle frontiere con nuove partenze dall’Europa dietro richiesta di completa vaccinazione avvenuta, dove per vaccini si intendono quelli riconosciuti e approvati dalla FDA e dall’elenco degli usi di emergenza dell’OMS.
Riaprire le frontiere in prossimità del Natale non è certo una coincidenza.
Il tutto nel mondo sicuramente per fare rifocillare le casse dei commercianti, provati dai vari lockdown.
Altra priorità è il settore turistico che spinge per un rilancio del settore invernale, immobile e sofferente da troppo tempo.
Questa molla, con le parole del Ministro, che invita a restare in Italia per le festività natalizie, ha funzionato tanto da spingere a scegliere le vacanze sulla neve e in giro per la Penisola con l’effetto di prenotazioni già quasi sold out in molte località turistiche.
La verità è che il futuro, nonostante tutte le proiezioni positive e le previsioni ottimistiche sui contagi, è talmente incerto e imprevedibile che per un vero ritorno alla normalità probabilmente c’è ancora da aspettare e forse sarebbe saggio adottare ancora non solo tanta cautela ma comportamenti responsabili per evitare di dover ritrovarsi nelle spire di un nuovo lockdown.