La settimana appena trascorsa ha visto l’avvicendarsi di diverse storie sul concetto di bellezza e dell’accettazione del sé.
Ha destato scalpore e non poche polemiche la copertina di Vanity Fair che vede una sorridente e raggiante Vanessa Incontrada tutta nuda in copertina.
Nulla da dire. Una donna bellissima.
Ma aveva bisogno di una provocazione simile per segnare gol?
Chi la segue da un po’, sa che il suo motto scelto, peraltro, anche come messaggio per la copertina patinata é “nessuno mi può giudicare” facendo riferimento alle sue più e più volte denunciate sofferenze – soprattutto in seguito ad una gravidanza – per non essere una donna perfetta, secondo i canonici striminziti criteri della donna esile a limite del sottopeso.
E anche fin qui nulla da dire.
La sua carriera é assolutamente degna di nota, attrice, presentatrice, ottima spalla comica, se si pensa al suo ruolo brillante in Zelig accanto ad un esilarante Bisio, eppure manca un tassello in questo puzzle.
Da tempo, non rientrando più in una adolescenziale taglia 40/42, la Incontrada ha avviato una battaglia personale contro tutte le forme di body shaming di cui é stata in prima persona vittima, contro le discriminazioni, le offese gratuite sul peso e sulle forme delle donne non da passerella, sulla scelta di essere diverse, di vestire taglie un po’ più comode e di accettarsi per come si é!
E fin qui nulla da ridire.
Il messaggio é assolutamente positivo. Veicolato alle ragazzine adolescenti che in prevalenza si scontrano con la trasformazione e la difficile accettazione del proprio corpo, che spesso finiscono nel tunnel delle patologie alimentari – anoressia e bulimia – la Incontrada, con le sue dichiarazioni pubbliche nel corso di diverse trasmissioni tv, ha parlato con emozione del suo conflitto col proprio corpo ma soprattutto ha riscattato se stessa e la sua bellezza con parole commoventi e sentite perché pregne di sofferenza, disagio, turbamento, senso dell’esclusione, che si prova quando si viene messi in un angolo perché diversi dall’ordinario o distanti dalla perfezione che poi non si comprende quale sia quella vera, quella giusta, quella veramente “perfetta” per tutti.
E anche su questa scelta e sull’onda emotiva che hanno generato le sue emozionanti parole tra noi donne che in lei ci siamo identicate quando lottiamo davanti allo specchio – se abbiamo il coraggio di specchiarci!- per quel chilo in più, per quel segno di cellulite o rotolino sulla pancetta…che non ci piace…che non accettiamo…che vorremmo eliminare…nulla da ridire!
Io sono e resto una sua fan.
Poi però vedo la sua immagine di copertina nuda su Vanity Fair e un po’ il sogno che avevamo vissuto attraverso i suoi messaggi si infrange, proprio come lo specchio in cui non vorremmo rifletterci.
Per quale motivo lei che lotta contro il body shaming ha deciso di cedere alla voluttà della foto della sua nudità?
A parte che ritroviamo una donna di grande bellezza, fascino e anche forte sensualità, la Incontrada dichiara che il suo é un messaggio per tutte le donne di accettarsi per come si è con qualche chilo in più o per qualche difetto particolare e per combattere a viso aperto il body shaming che tutte, prima o poi per un motivo o per un altro, ci troviamo a subire, ancor di più nelle relazioni e interazioni social laddove gli haters non aspettano altro per colpire e attaccare per puro ingiustificabile divertimento o voglia di giudicare le debolezze fisiche e la vulnerabilità degli altri.
Il problema è che dopo averla vista nuda sulla copertina tanto bella e tanto “quasi” perfetta , é come se la magia del suo messaggio si fosse offuscata un po’.
Viene il dubbio che qualche ritocchino di Photoshop ci sia…nessuna smagliatura in vista, nessun buchetto da cellulite, rotolini sulla pancia quasi teneri, nessuna imperfezione della pelle…allora anche la Incontrada e Vanity Fair non hanno scelto davvero da che parte stare.
La verità di un corpo non perfetto non è comoda e sicuramente non è questa ma forse non vogliamo nemmeno vederla.
Forse la Incontrada aveva bisogno – ed é assolutamente legittimo – di ottenere un riconoscimento pubblico della sua bellezza che è indubbia, della sua avvenenza fisica e di un corpo non perfetto ma di tutto rispetto.
Ad avercene!
Viene il dubbio che così sia davvero un po’ “fuori fuoco” come ha scritto qualcuno e abbia svilito il suo stesso ripetitivo messaggio sull’accettazione del sé…perché se Lei é perfetta come nella copertina non ha nulla da temere né nei giudizi degli altri né dei propri ma se la Incontrada non è proprio pari pari all’immagine fotografata sulla rivista si nasconde “la menzogna” di un messaggio perché i difetti sono stati oggetto di ritocco e le sue imperfezioni sono svanite con un “puff” da trucco di magia.
Come sottomessaggio passa, purtroppo, sempre quello della ricerca affannosa di una bellezza perfetta (non si sa poi per chi?) difficile da raggiungere per i più e che è proprio quello che manda in crisi migliaia di donne e ragazzine quando si confrontano con le bellezze statuarie e con corpi scolpiti da urlo.
Allora mi spiace ma qualcosa da ridire c’è rispetto ad una scelta – assolutamente legittima – della Incontrada e di Vanity Fair di ritrarre una bella donna nuda con uno scatto artistico, come si suol dire in questi casi ma non lo strumentalizzassero per veicolare un messaggio che stride con l’immagine proposta.
E soprattutto mi sento di dire che in fondo è stata sprecata una opportunità ed é mancato il coraggio di ritrarre e riproporre qualcosa che non sia perfetto o abbastanza perfetto per guadagnarsi la copertina.
Allora siamo alle solite di una immagine un po’ ingannatoria perché delle due una o la Incontrada é cosi e allora altro che body shaming (anche se il mondo patinato e vippettaro a cui appartiene sa essere impietoso e discriminatorio con chi si allontana da certi canoni estetici) ovvero il corpo non è proprio quello, allora la Incontrada é stata vittima di se stessa e delle sue stesse paure, cedendo alla tentazione di ritocchini fotografici.
Il lettore o la lettrice saprà sicuramente apprezzare il suo sforzo e le sue buone intenzioni nonché la forza del suo messaggio che resta forte e che lo era già prima della sua liberatoria “spogliazione” che non va, comunque, giudicata male perché svela lo sforzo e l’umanità di un gesto, di un pensiero, di una libertà di esprimersi o fors’anche di una legittima riscattata velleità femminile!
Dal suo messaggio, anzi ne deriva proprio qualcosa di arricchente perché svela la fragilità, le insicurezze e la difficoltà reale di accettarsi e comprendere “a contrario” e naturalmente che nessuno riesce ad accettarsi fino in fondo…che i difetti fanno parte di noi…che con intelligenza e forza si possono combattere i giudizi e i pregiudizi…e che la vera lotta parte dal superamento dei nostri conflitti interiori e dall’accettazione non solo del proprio sé ma anche dei propri limiti: allora davvero nessun body shaming potrà scalfirci.
E questo la Incontrada a parole ce lo ha detto, ripetuto, ribadito sentendo il peso di tale condizione e della sua sofferenza, emozionandoci in più occasioni nei suoi racconti, contenuti anche nell’intervista che di fatto supera in significato e dato valoriale, generando una sana empatia, la foto stessa.
E la sua storia e il suo vissuto restano – impressi – nel loro valore assoluto.
E poi ci sono le follie come chi per andare incontro al disagio adolescenziale della figlia di appena 14 anni ha deciso di sottoporla ad una seduta estetica da un chirurgo plastico, cd. rifolling che, con tre punturine di acido ialuronico, ha eliminato temporaneamente le tre gobbette presenti sul naso.
Ovviamente, in un mondo fatto di condivisioni e di inciuci a cielo aperto, la mamma e la figlia sono finite in copertina con la loro storia, raccontata da una mamma scelleratamente fiera della scelta fatta e del presunto benessere ritrovato della figlia.
Apriti cielo!
Polemiche a cascata, qualcuno invoca gli assistenti sociali, i chirurghi estetici criticano la scelta operata ben prima del compimento dei 18 anni e gli psicologi e gli opinionisti dei salotti tivù gridano allo scandalo di una madre che anziché incoraggiare la figlia a superare le difficoltà di accettazione del momento, si vanta di aver abbracciato questa soluzione ritenendosi, persino, meritevole di un premio come madre esemplare per aver saputo intercettare il disagio della figlia e aiutare a superarlo per i prossimi 6 mesi, questo il tempo di durata medio dell’intervento estetico!
Sarò all’antica! Ma la madre di solito nell’immaginario collettivo e nella stragrande maggioranza dei casi, tranne rare eccezioni, ha un ruolo accogliente e rassicurante, decisa e determinata sui no quando necessari come per un intervento estetico a 14 anni non necessario né risolutivo e incoraggiante a valorizzare la stima di sé, del proprio benessere emotivo e del sentirsi bene cosi come si é.
Questa immagine stride un po’ con la narrazione di quello che succede intorno a noi…segno di un cambiamento dei tempi o di una follia deliberatamente espressa attraverso pagine di giornali che dovrebbero bandire questi messaggi se si vogliono prevenire disagi e turbamenti nei nostri adolescenti e promuovere ben altre storie ed esperienze ad esempio e simbolo di valori e prospettive esistenziali.
La bellezza di ciascuno é un bene fragile da trattare con cura. Amarsi e accettarsi è un impegno a cui non tutti prestiamo la giusta attenzione per superficialità, pigrizia o per fuggire ad una responsabilità verso noi stessi.
Sta di fatto che scendere a patti con il nostro modo di essere e apparire é per alcuni fonte di sofferenze e dolorosi compromessi, ma solo attraversando il sentiero della crescita e della consapevolezza di se, é possibile ritrovare o costruire un delicato equilibrio tra mente e corpo, senza la necessità di passare sotto il vaglio di un bisturi spazientito.
A tal proposito, ricordo una frase di Pasternack sulla bellezza che contrappone la bellezza dell’imperfezione, naturale manifestazione del sé alla precarietà della perfezione: “Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti o che non hanno mai inciampato. A loro non si é svelata la bellezza della vita“.