E’ allestita nelle sale della Andrea Nuovo Home Gallery, in via Monte di Dio 61, a Napoli, la prima mostra partenopea dello street photographer Giorgio Galimberti, dal titolo “Visioni urbane”, fino al 16 aprile 2019. Il percorso espositivo è diviso in diverse sezioni: Tracce urbane, Nero assoluto, Forma di spazio e Istanti urbani. Sono immagini in cui il paesaggio urbano e l’essere umano sono i protagonisti della composizione: scenari onirici e lunari, contemplazione e sospensione, luci ed ombre, proiettano l’osservatore in una nuova dimensione, in cui mancano coordinate temporali. Se in Tracce urbane e in Forme di spazio, Galimberti mantiene un totale distacco con i soggetti fotografati, lontano da qualsiasi rapporto personale, considerandoli elementi di integrazione dell’impianto compositivo dell’inquadratura, in Nero assoluto e in Istanti urbani questa distanza si riduce. In quest’ultima serie si nota una riflessione sulla trasparenza, attraverso l’accumulo di elementi, la serie delle istantanee ci riporta al Pittorialismo e alle sperimentazioni degli anni Trenta, dove le manipolazioni su carta fotografica in fase di sviluppo operate dall’autore creano effetti pittorici di grande impatto visivo, suscitando un senso di incanto e stupore. Le singole foto risentono dell’influenza dei grandi fotografi del passato, emerge un approccio multidisciplinare che include la pittura e il cinema. L’istantanea che immortala una donna seduta su una terrazza, rimanda al frame cinematografico del film Barry Lyndon, di Stanley Kubrick. E’ una immagine contemporanea che per la sua struttura compositiva, l’architettura, la figura femminile e l’atmosfera, sembra antica. Inoltre, l’eleganza e la raffinatezza sono accentuate dal volto della donna che scruta l’orizzonte e dalla sua posa austera.
Della stessa caratura cinematografica, si potrebbe considerare la foto che ritrae una coppia che cammina verso l’orizzonte. E’ una immagine che rimanda ai titoli di coda e alla colonna sonora di un film, con i protagonisti della pellicola che si allontanano dalla scena, fino a scomparire.
Una delle caratteristiche di Giorgio Galimberti è di riuscire a creare delle fotografie che inducono il fruitore ad una attenta osservazione dell’opera, fino ad arrivare a “percezioni subdole”. Se ci si posiziona a lunga distanza, la percezione visiva della foto cambia. Il processo psicologico costruisce immagini per associazioni di idee, seguendo la via intuitiva. Soltanto avvicinandosi all’opera, il paesaggio, le figure e l’architettura sono entità identificabili e ben definite. E’ il caso dei bagnanti in riva al mare. Il contrasto netto dei toni, osservandola da lontano, restituisce una visione diversa della composizione.
Altre immagini partono dall’ombra, o meglio dal contrasto che quest’ultima e la luce creano nelle fotografie. Sono visioni surreali e semi astratte ispirate alle idee di un grande fotografo come Fan Ho e del suo storytelling, cioè la capacità di comunicare attraverso l’osservazione del luogo in cui scatta la fotografia.
Le opere di Galimberti si distinguono per uno stile secco e poetico, caratterizzato da forti contrasti: immagini scure di persone che, come fantasmi, si fanno largo in un ambiente statico e immobile. Il linguaggio in bianco e nero diventa traccia, infatti, non scatta istantanee di vita, non cattura attimi fuggenti, ma crea spazi visivi, nei quali esprime paure e incertezze. Tutto è in movimento nel tempo e questo fa sembrare lo spazio onirico. Un modus operandi che attinge ad un grande maestro della fotografia italiana, Mario Giacomelli.
Attraverso queste sperimentazioni, altri omaggi e riferimenti ai grandi fotografi sono Josef Sudek, Gianni Berengo Gardin e Alexandr Rodcenko.
Interessanti sono le immagini a colori dell’artista milanese, realizzate con una Polaroid e con l’ausilio di una spatola. In questo caso la luce crea atmosfere molto delicate, con luminosità diffusa e familiare. Osservandole attentamente, alcune sembrano una trasposizione fotografica dei dipinti metafisici di Giorgio De Chirico, altri, invece, rimandano alle visioni struggenti e poetiche di Edward Hopper. Galimberti riporta in auge un archivio della memoria e dei sensi, innesca dei déjà vu visivi che sottendono ai processi neurobiologici di ogni singolo individuo.