Il Premio Bagutta è il premio letterario più antico d’Italia e il prossimo anno festeggerà cento anni.
“Felice per “un premio antico, che mi mette in comunicazione con il secolo da cui vengo. Mi sento ancora molto novecentesco, nonostante tutto.Un premio con una sua forte identità milanese, e che dunque mi riporta alla mia città”. Così Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, ha ringraziato la giuria che lo ha decretato vincitore del Premio Bagutta 2025 per il libro ‘Corpo, umano’ pubblicato da Einaudi.
Un corpo, ha ricordato Lingiardi, che è anche “quello delle persone bombardate, delle persone annegate, delle donne violentate. Un corpo che oggi è molto presente, ma anche molto virtualizzato”. Una ragione in più, secondo Lingiardi, per scrivere un libro che potesse farci tornare “alla centralità del nostro corpo”.
Marta Lamalfa, autrice del romanzo ‘L’isola dove volano le femmine’ (Neri Pozza) è stata invece premiata come vincitrice del Bagutta Opera Prima.
Corpo, umano di Vittorio Lingiardi
Corpo, umano è un’evocazione, una ricostruzione idiosincratica e incantata. Dove pagina dopo pagina, organo dopo organo, affiora la consapevolezza che, anche quando rischia di svanire, l’unico modo per ritrovare il corpo è raccontarlo.
Come una visita medica, un film di fantascienza, un pomeriggio d’amore, questo è un viaggio nel corpo. Di tutti i libri sul tema, l’unico segnato da una virgola: Corpo, umano. Virgola che impone una pausa, respiratoria e mentale, dentro la quale cercare il proprio, di corpo, oggi al centro di mille attenzioni, ma di nessuna cura: la medicina lo scompone in oggetti parziali, la vita online lo sottrae alle relazioni toccanti, la politica lo strumentalizza. Vittorio Lingiardi lo riporta con sensibilità al centro della scena e ci racconta gli organi che lo compongono – uno per uno, dal fegato al cervello, dagli occhi al cuore – con la voce della scienza e del mito, dell’arte e della letteratura. E riesce nell’impresa di restituircelo intero: «elettrico», direbbe Whitman, «vivente», direbbe Winnicott. Tutt’uno con la psiche. Autobiografico e psicoanalitico, medico e immaginifico, questo libro concepito in tre stanze – il corpo ricordato, il corpo dettagliato, il corpo ritrovato – ci accompagna in un viaggio avventuroso all’interno del corpo, celebrando la sua fisicità senza separarla dalla sua poetica. Il sangue e le cellule, i simboli e i ricordi. Con le spiegazioni della scienza, le immagini dell’arte, le parole della letteratura, Vittorio Lingiardi racconta la vita del corpo che è «il nostro io, ma anche il primo tu». Nella sua pratica clinica, nell’esercizio della cura, ne ha ascoltati molti, di corpi. La ricerca del contatto e dell’attaccamento, il tumulto dell’adolescenza, l’esperienza della malattia, il risveglio del desiderio, le metamorfosi del genere. Ma anche i sintomi e i silenzi: il taglio sulle braccia che attenua il dolore mentale; le ossa appuntite dell’anoressia; i muscoli gonfi della vigoressia; lo sguardo dismorfico che vede un difetto dove non c’è; il panico che simula l’infarto. Il nostro corpo ci segue e ci accompagna, sa consolarci, può essere nemico. È un laboratorio alchemico capace di apparizioni infinite: anatomico, fisiopatologico, sociale, politico, religioso, estetico, nudo, vestito, danzante, energico, stanco.
L’isola dove volano le femmine di Marta Lamalfa
Con una lingua originale e antica, Marta Lamalfa riporta alla luce un fatto storico dimenticato e ci trasporta in una terra battuta dal vento, minuscola eppure universale.
Alicudi, 1903. Caterina guarda il corpo gelido e duro come una crosta di pane di Maria, la sua gemella, e pensa che ora la vita cambierà per sempre. Era Maria a scegliere per lei i pensieri giusti da pensare, e adesso chi lo farà al suo posto? Se l’è portata via un male cattivo e tutti in famiglia – dalla bisnonna che non ci vede più bene ma capisce tutto, a Palmira, la madre che ha per la quarta volta un bambino in pancia ma ha perso la testa per il dolore – pensano sia colpa di Ferdinando, che sconta una pena al Castello di Lipari, e vuole fare la rivoluzione. Ora che Maria non c’è più, anche se la stanza di Caterina si è allargata, la vita è diventata molto più stretta: lavora nei campi di don Nino fino al tramonto, consegna le acciughe sotto sale e aiuta la mamma con le fatiche di casa, aspettando il suo giorno preferito, quello in cui tutti si riuniscono per impastare il pane. Da qualche tempo, però, alle spighe di segale dell’isola sono spuntati dei piccoli corni neri come il carbone, tizzonare le chiamano. All’inizio non s’erano fidati a mangiare quel pane aspro, ma ora non c’è altro, così anche Caterina butta giù quei morsi duri che hanno l’odore della morte. Forse però in quei bocconi grami c’è la chiave per scappare da un presente sempre più solitario e amaro, e raggiungere le majare, le streghe che vivono sull’isola e si librano in cielo, libere nell’ala scura della notte. Caterina non lo sa, ma non è l’unica a vedere cose che poi sfumano nella nebbia. Per lei, come per tutti i settecentotredici arcudari, verrà il momento di scegliere tra la realtà e il sogno.