Dopo il successo di pubblico e media a Roma, Buenos Aires, Mantova, Catania e Matera, la mostra dell’ Istituto “Luce”- Cinecittà arriva a Napoli, nel Convento di San Domenico Maggiore, fino all’ 11 marzo 2018. Una esposizione che segue un ordine cronologico e che racconta attraverso una serie di videoproiezioni la fondazione di questa istituzione culturale, le memorie, i segreti, i sogni dell’ Italia nel XX secolo e oltre, con un’ ultima sezione dedicata a Napoli, all’ evoluzione della città dal punto di vista sociale, storico ed artistico. E’ l’ anno 1924 e nasce l’Istituto “Luce”, acronimo per L’ Unione Cinematografica Educativa per volontà del capo del governo Benito Mussolini, con l’ obiettivo di sperimentare nuovi strumenti di consenso e di controllo delle coscienze. E’ una Italia con milioni di analfabeti, si leggono pochi giornali e la radio è ancora in fase di sperimentazione, al cinema gli spettatori preferiscono i film di Hollywood, durante gli intervalli vengono trasmessi dei brevi “giornali cinematografici” che raccontano al paese la nuova Italia in costruzione, il fascismo impone ai gestori del cinema la proiezione di film “Luce” e li propone nelle piazze e anche nelle scuole come strumento di informazione, educazione e propaganda. Lo scopo era quello di diffondere moderne misure igieniche, contribuire a debellare alcune malattie come la malaria o a insegnare ai contadini sistemi di coltivazione razionali, una serie di lezioni filmate e accompagnate da spiegazioni dal vivo, a cui si aggiungevano documentari sulle bellezze dell’ Italia. Infine, vi era uno spazio riservato alla propaganda politica sulla realizzazione del regime, poichè molti centri rurali erano sprovvisti di sale cinematografiche furono creati i “cinemobili”, camioncini dotati di proiettori, uno schermo portatile e un gruppo elettrogeno.
Questo viaggio nella storia incomincia con la prima videoproiezione del “Giornale Luce” fondato nel 1927, era un telegiornale con scarse notizie e poco giornalismo, incentrato sulle attività del Duce e della famiglia Reale con incursioni nello sport, sugli animali e sulla vita sociale. Molti erano i filmati importati dagli Stati Uniti, un paese ammirato e ridicolizzato, Mussolini visionava i film Luce a Villa Torlonia prima della trasmissione, iniziò così la “fabbrica del consenso”, il Luce ebbe la funzione di tradurre il processo di identificazione tra Stato e partito. Accanto ai film di istruzione per i contadini, un certo tipo di produzione fu incentrata sulla propaganda agraria. Nonostante tutto, la distanza tra Stato e società rimase ampia, soprattutto al Sud, servizi pubblici scarsi, mancanza di energia elettrica, redditi bassi, restava una immagine della campagna come una realtà lontana, pittoresca ed antica, non veniva mostrato il volto minaccioso del regime, anzi, mirava a dimostrare di essere una realtà dinamica e affascinante. Per il fascismo “fare gli italiani” significava cambiare il “carattere” del popolo, la loro mentalità e i loro comportamenti, dall’ infanzia, fino alla maturità, la società fu educata al nuovo stile fascista attraverso la scuola, controllando gli insegnanti e i manuali scolastici, le organizzazioni del partito con l’ Opera nazionale Balilla e poi con la Gioventù italiana del Littorio. La donna fascista doveva essere moglie e madre, aveva il compito di educare l’ “uomo nuovo”. Il cittadino fascista doveva rinunciare alla propria individualità per lasciarsi assorbire dalla comunità totalitaria e doveva praticare attività sportiva, educarsi alla guerra, lavorare con disciplina e rispettare l’ autorità, doveva credere, obbedire e combattere. Se il fascismo occupò lo spazio pubblico e privato degli italiani, nei film e nelle foto del Luce si può anche leggere una storia diversa, in cui la famiglia, il lavoro, i rapporti sociali e gli svaghi seguono logiche proprie, le frammentazioni sociali e regionali che il fascismo nascondeva scrupolosamente nelle immagini in bianco e nero ricompaiono in tutta la loro evidenza, come la pazienza e la miseria negli sguardi degli italiani. Sono immagini di grande cura formale ed estetizzanti nella loro accurata messa in scena, ma che per l’ attenzione rivolta ai soggetti, alla verità delle situazioni e alla bellezza di certi luoghi, saranno di riferimento per la grande stagione neorealista.
Le fotografie del Luce non erano mai casuali, a volte richiedevano un allestimento come un set cinematografico, come nel caso delle immagini di Mussolini su una trebbiatrice, simbolo della politica ruralista, la censura non voleva fotografie con il Duce isolato dalla folla o mentre stringeva la mano agli ospiti, era consentito solo il saluto fascista e non si doveva esagerare nemmeno con le immagini dei gerarchi. Tra il 1935-1936 quando l’ Italia invase l’ Etiopia, all’ Istituto Luce venne chiesto di propagandare lo sbarco non come una aggressione militare, ma come una missione di civiltà, le azioni di guerra nelle immagini risultavano poche e isolate. Il Duce imparò presto ad adattarsi all’ obiettivo fotografico e cinematografico, ad assumere un volto amichevole o distaccato, autorevole o autoritario, a creare uno stile oratorio e un repertorio gestuale inimitabile, i suoi discorsi erano frasi concise e slogan lapidari, lo scopo non era l’ informazione, ma la persuasione, e frequente era l’ uso di metafore del linguaggio religioso, di forme lessicali legate alla guerra e di ingiurie contro gli avversari.
Durante gli anni della guerra, con lo sbarco degli Alleati nel luglio del 1943 in Sicilia e la firma dell’ armistizio il successivo 8 settembre, con la nascita della nuova repubblica mussoliniana sul lago di Garda, si decise di trasferire l’Istituto Luce a Venezia, ma una parte dei dipendenti si oppose. I tedeschi cercarono di dirottare un convoglio di 16 vagoni con i materiali e le attrezzature del Luce in Germania, ma gli venne impedito, gli americani liberando Roma nel giugno del 1944 documentarono dettagliatamente con i combat film ogni azione di guerra e la liberazione delle città italiane.
Finita la guerra l’ Italia volta pagina, il Luce trasmette le immagini di una nazione devastata, soltanto il Piano Marshall aiuterà il Belpaese a riprendersi, iniziò la fase della ricostruzione, molti esponenti politici emersero in quel periodo, figure carismatiche che cercarono il consenso attraverso gli argomenti politici e non attraverso una presenza scenica ingombrante, come era stata quella mussoliniana, come Alcide De Gasperi, timidamente ieratico, Pietro Nenni, affabulatore di inizio secolo, o Palmiro Togliatti, professore severo. Agli inizi degli anni 60 arriva il boom economico, una favorevole congiuntura internazionale e fattori nazionali costituirono un volano di ricchezza, il Pil cresce, secondo solo a Giappone e Germania, questo periodo di benessere non risolse antichi squilibri e problemi sociali, iniziarono le lotte operaie, l’ attenzione dei cinegiornali era rivolta alle questioni economiche, dalla ricostruzione agli anni dello sviluppo, si focalizzò l’ attenzione dal punto di vista dei produttori. Gli anni dal 50 al 70 sono anche quelli dell’ emigrazione, al Sud venne introdotto il “Piano Casa” per favorire l’ edilizia popolare, venne istituita la”Cassa del Mezzogiorno” per rilanciare l’ economia, tutti benefici che il Nord riuscirà a sfruttare creando un netto divario con il meridione di Italia.
Nel percorso espositivo è interessante la sezione dedicata a Napoli, una immagine di circa sette metri dove è raffigurata la piazza del Plebiscito che accoglie i visitatori, al centro della piazza una folla sterminata è riunita in occasione della nascita del principe nel 1937.
Tra le foto, vi è quella del 1928 dei capitani delle squadre di calcio della Roma e del Napoli che posano in campo insieme a una autorità militare e altre personalità, mostrano due bassorilievi incorniciati raffiguranti la Madonna con il Bambino.
Sono del 1938 le incredibili immagini del viaggio di Hitler a Napoli che su invito di Mussolini percorse a tappe le città d’arte dell’ Italia.
La sezione napoletana continua con una videoinstallazione dedicata ad Antonio De Curtis, immagini “rubate” dal set, alcuni momenti intimi di Totò attore, immerso tra il popolo, o da solo, infine, quando riceve premi e riconoscimenti.
Immagini e videoproiezioni di un passato “recente”, per conoscere la propria storia e per sensibilizzare le nuove generazioni.