19 febbraio 1953 nasce Massimo Troisi.
Ultimo di sei figli di padre ferroviere viveva con la sua famiglia allargata a San Giorgio a Cremano.
Troisi ha sempre considerato un punto di forza la convivenza numerosa in famiglia in tema di rispetto e tollerabilità che si imparano nei nuclei ampi come il suo.
Le sue origini semplici e la sua storia personale, con il fantasma della sua malattia, sono un tratto caratteristico del personaggio Massimo Troisi in tutte le fasi della carriera.
Di qui la scelta di parlare sempre la sua lingua e di pretendere consapevolmente la comprensione da parte di tutti e, difatti, è stato così.
La comprensione è stata immediata e universale perché universale era il suo linguaggio e, non solo, diviene il tramite della sua poetica, del suo pensiero, della sua filosofia di vita.
Fin dai primi esordi della Smorfia, la sua genialità comica arriva a tutti, conquista, spiazza, destabilizza per la capacità di andare a scarnificare la realtà e destrutturare i luoghi comuni della vita, ma soprattutto di Napoli e del Sud.
In ogni sua apparizione, le sue idee sull’amore, sulla vita, sulla politica emergevano dietro la battuta comica, la spontanea gag, il genio della dissacrazione se si pensa solo alle interviste con Gianni Mina’ che sono pezzi di capolavoro nella storia della tv italiana.
La conquista del pubblico del grande schermo arriva dirompente con l’esordio da attore e regista in “Ricomincio da tre” e si consacra qualche anno dopo con “Scusate il ritardo” laddove le storie di amore sono sullo sfondo di pensieri profondi, di riflessioni sugli stereotipi, di rottura con un certo modo di esprimersi e di essere laddove la mente viene scandagliata e scoperta, messa a nudo e rivelata in un gioco rivoluzionario dove non esiste più l’ovvio e i ruoli sono a parti invertite.
Capita così che una scena drammatica possa far sorridere e viceversa, una parte comica possa far pensare .
E’ la sua grandezza, la straordinaria capacità di parlare a tutti e con tutti!
Con “Pensavo fosse amore…e invece era un calesse” la rivoluzione Troisica sull’’amore e la relazione di coppia raggiunge il culmine.
La sua anima fragile si rivela e la complessità dell’amore viene spiegata , imbeccata, attraverso il dolore della separazione e l’agonia della noia di coppia, la decisione di unirsi in matrimonio con tanto di scelta di bomboniere e la presa di coscienza dell’assoluta incompatibilità tra uomini e donne, l’abbandono dell’altare e la pozione magica della riconquista.
La magia di Troisi è sempre efficace perché l’avanguardia del suo pensiero è di una modernità disarmante.
La sua anima poetica si esprime al massimo a contatto con Pino Daniele con le colonne sonore nate nell’incontro di due veri geni.
O ‘ssaje comme fa ‘o core è la sintesi della sua poesia e della sua immensa fragilità…
Il suo cuore che tutti descrivono per il dolce ticchettio che lo caratterizzava si ammala e fin da adolescente Massimo ha dovuto fare i conti con il suo dolore e l’idea di un tempo finito, finitesimo da vivere.
La consapevolezza della sua debolezza è il pudore di non parlarne con nessuno se non in famiglia perché avere un cuore coi minuti contati doveva essere una esperienza di vita con cui fare i conti costantemente e di qui le sue immancabili scene sulla miracolosita’ dei miracoli, sulla esistenza di un aldilà accogliente, sulla spiegabilita’ della malattia, su una vita terrena condizionata dal soprannaturale.
Per chiunque ma per un napoletano ancora di più non è semplice avvicinarsi a Troisi perché la paura di non rispettarne la grandezza è in agguato.
Genialità, napoletaneita’, poesia, spontaneità, creatività, innovazione, rivoluzione, immediatezza, comicità esplosiva, riflessioni profonde, risate infinite, sono solo alcune delle parole per ricordarlo.
Sicuramente, parafrasando ciò che hanno già detto di lui, un vero napoletano non può non ricordarsi dove fosse quando ha appreso della sua morte…
Il Postino ultima opera, desiderata, voluta e faticosamente portata a termine da Massimo Troisi, è un capolavoro nel capolavoro.
La scelta di scrivere e descrivere amore e poesia nella maniera più alta possibile e trasfonderli nel linguaggio cinematografico è stato il suo testamento artistico perché il suo cuore che stava per cedere è il protagonista vero della sua interpretazione.
La fragilità del suo battito e il desiderio forte di fare poesia, il coraggio di unire poesia e amore per rivelarsi, per provare a conquistare l’amore di una donna, per trasformare la poesia consapevolmente in un messaggio essenziale del linguaggio delle relazioni tra uomini, la sua delicatezza, l’incertezza del suo incedere, il tentennamento della sua apprensione, la spontaneità di gesti e parole, la speranza di una prospettiva disattesa dalla vita, accompagna tutte le scene e si percepisce docile, leggera, dolorosa nella profonda umanità dei protagonisti, emerge forte ed emoziona sempre quando si vede o rivede il film perché il protagonista muore paradossalmente dopo di lui…e nello stesso tempo, lo rende immortale.