Oramai quella di Méliès è diventata una sorta di ossessione. Ho la necessità di lasciar andare questo straordinario personaggio, ma so che potrò farlo solo dopo aver chiuso il cerchio della sua altrettanto straordinaria storia.
Due sono i luoghi attorno a cui il regista ha gravitato: il laboratorio di vetro a Montreuil, dove creava le opere, e il Teatro Houdin a Parigi, dove le proiettava. Il primo è stato demolito nel 1947, il secondo abbattuto già nel 1924. Le opere sono andate quasi completamente distrutte tra il 1914 ed il 1918, durante la Grande Guerra. Nel 1923 Méliès stesso distrusse quel che restava del suo lavoro, negativi compresi, in preda allo sconforto e all’impossibilità di immagazzinarli. L’oblio lo aveva completamente consumato, disgregando il mondo immaginifico che aveva eretto.
Non posso non pensare al capolavoro di Michael Ende, “La storia infinita”, e all’omonimo film del 1984 che, nonostante le critiche dell’autore, ho adorato e continuo ad adorare tutt’ora. Le persone, dapprima stregate da opere capaci di mostrare un allunaggio ben 66 anni prima che questo possa avvenire realmente, oramai non sognano più e desiderano maggiore realismo.
Fantàsia, lo sappiamo, vive di sogni e in loro assenza viene erosa, inghiottita dal Nulla. Nessuno può sfuggire a questa malattia: non l’Infanta Imperatrice, non Méliès. E così un po’ per la guerra, un po’ per il mutamento dei gusti del pubblico, un po’ per la concorrenza (leale e non), un po’ per la sua incapacità di gestire un’azienda, Papà Georges è stato inghiottito dalle sabbie mobili, come era accaduto ad Artax nelle Paludi della Tristezza. Lui, le sue opere, tutto il suo mondo, erano scomparsi per sempre.
Se c’è una cosa che Ende ci insegna però, è che anche un unico piccolo sognatore è in grado da solo di ricostruire un intero mondo. A interpretare la parte del nostro Bastiano Baldassarre Bucci troviamo Lèon Druhot.
Questo giornalista parigino, direttore della rivista Ciné-Journal, sembra essere l’unico a non aver scordato i film di Méliès. Nonostante il suo amore per il mago e regista, come tutti è convinto che egli sia morto da tempo e le sue opere andate perdute. Noi sappiamo che invece gestisce un piccolo negozio di caramelle e giocattoli alla stazione ferroviaria di Montparnasse in totale anonimato. Proprio da quella stazione un giorno imprecisato del 1929 Druhot doveva prendere un treno. Passeggiando per la stazione sentì un signore salutare un tal “Monsieur Méliès”. Si arrestò immediatamente per interrogare il giocattolaio, scoprendo così di essere al cospetto del maestro Méliès, uno dei padri fondatori del cinema. Subito il giornalista si adoperò per riportare in auge il nome dimenticato del regista ed al contempo avviare una campagna di ricerca delle sue pellicole. Il movimento surrealista con una serie di retrospettive a lui dedicate fece il resto.
I colpi di scena di questa storia sono incredibili quanto quelli della più ardita sceneggiatura. Sì, perché appare quasi uno scherzo del destino quel che segue. Uno dei grandi drammi di Méliès, che lo condussero infine alla bancarotta, fu la contraffazione e la pirateria delle sue pellicole. Eppure sono proprio queste copie illegali ad essere sfuggite al morso del tempo e alle fornaci delle guerra. Se oggi possiamo ammirare centinaia di suoi film lo dobbiamo in gran parte alle copie non autorizzate.
Per preservare l’autenticità dei suoi film, Méliès aveva deciso di apporre in basso a destra, su ogni singolo fotogramma, il logo ed il nome della sua casa di produzione, la Star film. Ad oggi chi guarda i suoi film noterà uno sfarfallio tipico delle immagini e l’assenza di questo marchio. Ciò è dovuto proprio alla prassi dei contrabbandieri di raschiare via il logo, operazione che in parte danneggiava la pellicola.
Ripenso a quella sera di qualche settimana fa quando decisi di affidarmi allo streaming illegale del film di Scorsese. Chissà quali ripercussioni avrà per il futuro del cinema. Non è però questa la sede per tali quesiti.
Ciò che conta adesso è chiudere il cerchio e spezzare l’incantesimo che mi imprigiona a Méliès. Il biglietto è ancora nel cassetto, ma è giunta l’ora di sfruttarne i poteri per poter rivedere un’ultima volta il maestro e congedarmi.
Lascio scorrere lentamente le dita sulla carta ruvida del biglietto. Ecco, sento il torpore risalirmi lungo la spina dorsale. Si fa buio. Riapro gli occhi e mi trovo in una sorta di castello. Non ho idea della ragione per cui sono stato catapultato qui. Nelle mie lunghe letture non ho trovato nessuna menzione ad un castello. Guardando fuori da una finestra noto un grande parco circondato da un lago. In lontananza scorgo un uomo intento a passeggiare. Decido di raggiungerlo, sicuramente potrà darmi qualche indicazione. Ma è proprio lui, Méliès! Oramai è molto anziano, il baffo ha perso un po’ della sua audacia, eppure il suo sguardo rimane vivo e penetrante. Lo saluto con gioia chiedendogli dove ci si trovasse. Risponde prontamente che si tratta del castello del parco d’Orly, poco fuori Parigi. Racconta che la mutua del cinema francese, dopo la consegna della Legion d’Onore dalle mani di Louis Lumière, come “Creatore dello spettacolo cinematografico”, gli ha offerto una pensione e la possibilità di ritirarsi in questo luogo, insieme ad altri artisti. Offerta che lui ha accettato.
Appare molto più disteso di quando lo incontrai alla stazione. Vorrei tanto dirgli di come a quasi un secolo di distanza lui sia ancora considerato uno dei primi e più grandi registi della storia. Vorrei tanto dirgli che nel 2002 Le Voyage dans la lune è stato il primo film a diventare patrimonio mondiale dell’umanità. Vorrei tanto dirgli dell’influenza che continua ad avere sui registi del nuovo millennio. Vorrei tanto, ma non capirebbe. Neppure lui, il mago della fantasia e della fantascienza. Mi limito a domandargli allora se nel suo lungo peregrinare ha trovato infine una breccia di gioia. Questa la sua risposta:
“Il capo della più grande casa cinematografica del mondo mi disse: “É grazie a voi che il cinema ha potuto sopravvivere e divenire un successo senza precedenti […]”. Confesso senza falsa modestia che questa gloria, se è gloria, è quella che tra tutte mi rende più felice”.
Conclusa la frase mi ritrovo nuovamente in soggiorno. Con queste parole non posso che ritenere conclusa la parabola della sua vita. Quando tutto appariva distrutto, da un unico granello di sabbia è stato ricostruito un intero mondo.