Da inizio anno non si contano le vittime di femminicidio, ogni volta sembra che il delitto si riveli tanto atroce quanto inimmaginabile.
Eppure, purtroppo ogni volta occorre ricredersi e affrontare con cuore duro una ennesima tragica storia che non avremmo voluto sentire né conoscere.
E’ il caso della giovanissima Michelle Maria Caruso, appena diciassettenne, uccisa in modo barbaro e disumano da un coetaneo italiano di origine cingalese .
Ancora non chiaro il movente del delitto: c’è chi parla di un approccio sessuale finito male e chi di un debito non onorato per spaccio di droghe.
Qualsiasi sia la motivazione che ha portato ad una decisione folle di tale portata non può essere considerata accettabile.
Quale che sia stata l’origine della furia omicida non giustifica la messa in atto di un delitto efferato e cruento ai limiti della ragionevolezza.
Dai primi rilievi sul corpo della ragazzina, emergono sei coltellate ad organi vitali e in diversi punti come schiena, collo e addome che portano a supporre un attacco a sorpresa di spalle, a cui la ragazza non ha potuto reagire.
Una volta colpita a morte, non sapendo come disfarsi del cadavere, lo ha racchiuso in malo modo in un sacco nero e sistemato in un carrello della spesa, abbandonandolo al vicino supermercato, lasciando dietro di se una scia interminabile di sangue.
Il comportamento inconsueto e il trasporto del sacco nel carrello della spesa ha destato sospetto nei vicini di casa che hanno chiamato le forze dell’ordine che seguendo la tragica traccia del sangue hanno trovato il corpo e nel monolocale del ragazzo, l’arma del delitto – un coltello da cucina – e infinite prove dell’efferatezza del gesto criminoso.
Viene da chiedersi come sia possibile che un diciassettenne possa pensare di uccidere perché respinto o perché, stando alle sue parole, in debito di pochi euro: in entrambi casi la morte sotto la forza di un coltello è davvero troppo, oltre ogni ragione e esimente mentale.
A diciassette anni bisogna pensare ad altro, a divertirsi, a innamorarsi, anche a soffrire per amore ma non ad ammazzare un coetaneo.
Non è nemmeno solo il discorso del quartiere difficile perché se pure lo è, questo delitto non si incasella da nessuna parte, resta ingiustificabile in se’ e rappresenta purtroppo una logica di prevaricazione, sopruso e negazione dell’altro che si ritrovano ormai frequentemente nei femminicidi.
La donna non merita più di vivere, e per questo viene tradita, colpita alle spalle quasi sempre, resa indifesa e annientata.
Michelle è stata massacrata gratuitamente – ripete la madre distrutta – e insieme ai suoi familiari chiede giustizia…
L’idea che possa essere stata nascosta in un sacco nero gocciolante del suo sangue e abbandonata lì vicino ai carrelli del supermercato di zona lascia sconcertati per la facilità con cui ormai si uccide, come se ci si trovasse in un videogioco, laddove la vita quasi non conta tanto riparte una nuova partita, come se l’altro non avesse diritti, ancor più quando l’altro è donna.
Pensavamo di aver toccato il fondo dello strazio e del dolore con la storia di Giulia Tramontano e del suo bambino, e invece no, con Michelle abbiamo scoperto ancora un altro lato orrendo del genere umano: uccidere e agire ignorando di averlo fatto in pieno giorno, al cospetto dei vicini, con la difficoltà di un trasporto non agevole e sotto gli occhi stupiti e sospetti di molti.
La questione non è più cosa si può fare perché forse nessuno sarebbe stato in grado di salvare Giulia e probabilmente anche Michelle; quello che deve cambiare non è solo la difesa della vittima e la ricerca incondizionata di protezione ai primi segnali di allarme, quanto piuttosto una educazione si sentimenti, all’amore e rispetto per il prossimo che sembra svanito nel nulla laddove si sentono dichiarazioni come queste fatte ai magistrati per cui uno ha perso la testa e ucciso per 20 miserrimi euro!!!!!