Ogni tanto ne eleggeva una, a suo giudizio insindacabile e ne decideva la vita e morte ”su celluloide”. Andy Warhol, la superstar della superstar amava creare dal nulla delle star.
Il potere di nomina per cui tutti devono avere successo, anche solo per “quindici minuti”.
Andy pescava a piene mani tra le persone comuni, dalla strada, dal contesto LGBTQA+ ovunque intravedesse un talento o una “sorprendente normalità”, ragazzi e ragazze disadattati, con spesso problemi di droga, ma tutti con un carisma innato. Attori improvvisati nei suoi innumerevoli film underground, modelli dei dipinti, aiutanti nel suo lavoro o semplicemente personalità da ornamento nella sua Factory.
Una fucina di talenti brevi che arricchivano esclusivamente “ l’Andy mentore” oltre che il suo sconfinato ego.
Molti di loro dopo hanno tentato la carriera artistica, scritto libri o altro, e i pochi sopravvissuti sono ricordati solo per essere stati le Superstar di Andy.
Tra le tante ne ho scelte cinque, per altrettante monografie: Nico, Ultra Violet, Brigid Berlin, Candy Darling e Viva.
Era una delle poche star ad essere ancora in vita, e ci ha lasciati nel 2020 con tanto ancora da raccontare, su Andy, sui film e sulla factory.
Brigid non era la classica bellona, era una ragazza anonima, ma Andy vide in lei “qualcosa” .
Sfuggente, dallo sguardo torvo, sovrappeso con una pesante aurea” lesbica”, che lo stesso Andy notò e infatti le fece interpretare una donna gay in un suo film. Brigid è stata la più grande superstar di Andy, fu assunta al ruolo di confidente, Andy le raccontava tutto e chiedeva sempre un parere a lei prima di fare qualcosa. È stata anche redattrice della rivista «Interview» di Warhol. Brigid era molto brava con le polaroid e ne scattò migliaia a Andy, creando una sorta di archivio che poi divenne anche un libro. Se ne scattava anche lei da sola, tantissime, quasi una pioniera dei selfie.
Brigid era il suo corpo, benché imperfetto le diede la possibilità di fare arte, creava dei dipinti semplicemente appoggiando il seno sulla tela, ne venivano fuori dei cerchi imperfetti, sono state fatte anche varie mostre con il titolo “Tit Prints”, 1966–96. Il corpo che lei accettava e sua madre detestava e in età adolescenziale fece di tutto per far perdere peso alla figlia, finanche somministrale delle anfetamine.
E non solo, anche il corpo maschile era artistico ed interessante per Brigid, notissimo il suo libro di appunti con disegni di peni, poi diventato oggetto di mostre e vari libri raccolta intitolati THE COCK BOOK 1/2
Sia le Polaroid che le impronte del corpo erano una funzione dell’impulso maniacale della Berlin di documentare sempre di più. Era una “archiviatrice” compulsiva che per caso si è trasformata in arte. Lei non aveva intenzione di archiviare materiale per i posteri, ma solo per se stessa in quel preciso momento. E lo stesso faceva con un registratore per registrare tutto ciò che reputava interessante. Non se ne separava mai.
Fu utilizzata da Andy anche come attrice, alcune delle sue pellicole furono Chelsea Girls, «School play» (1970), «Women in revolt» (1971), «Ciao Manhattan» (1972). Nel film «Il male di Andy Warhol» (1977) di Jed Johnson ha interpretato la parte di Estelle.
Su internet viene classificata come artista visiva americana, definizione che lei ha sempre rifiutato. Era una “documentatrice” seriale!
È morta all’età di 80 anni, a New York, dopo una lunga malattia.