In seguito alla presentazione del libro “9_9″, è allestita nello spazio foyer del PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, la mostra personale di Kristin Man, dal titolo “9_9″, curata da Chiara Reale e visitabile fino al 21 maggio 2018. Kristin Man vive in Asia, Europa e Nord America ed è considerata un’ “artista nomade”, la sua ricerca artistica è incentrata sul concetto di identità, sul senso della comunità, della condivisione, travalicando i confini geografici. Una indagine che la porta ad attraversare tutta l’Italia, alla ricerca di contatti fisici ed emozionali con i maggiori esponenti dell’arte italiana, immortalando, nelle sue foto, sé stessa, in relazione con l’altro artista e con l’ambiente di quest’ultimo. La Man condivide non solo il momento visibile del ritratto, ma anche i sentimenti non visibili, l’empatia, la complicità, l’intesa, sono emozioni spontanee, generano un dialogo tra le anime.
Il numero 99 che dà il titolo alla mostra, ha un profondo significato personale e culturale per Man, è nata il nono giorno del nono mese del calendario lunario cinese, un numero di buon auspicio nella tradizione orientale, simbolo di longevità e felicità eterna. Il suo lavoro si basa sull’utilizzo quotidiano della fotografia e sui modi in cui consumiamo, produciamo e riproduciamo le immagini, partendo dai semplici selfie, ai ritratti di famiglia, fino ad arrivare agli scatti delle vacanze. Queste “costruzioni fotografiche” sono delle personali risposte emotive alle opere degli artisti. Man ribalta la percezione dello schema compositivo, gli artisti nei suoi scatti diventano i protagonisti, ma al tempo stesso, la fonte da cui attingere per attuare il processo di “condivisione emozionale”. Si distinguono differenti gradi di affinità, disponibilità e complicità nel farsi fotografare, da Massimo Barzagli che ha coreografato un balletto davanti alla macchina fotografica, a Enzo Cucchi, da cui la Man si è lasciata immortalare ad una netta distanza. Kristin Man afferma: “La mia opera non consiste solo nel risultato visivo che è la fotografia, ma nel creare e condividere un’esperienza, e anche gli artisti che hanno preso parte ai servizi fotografici, non sono mai stati fotografati in quel modo, non lo hanno mai sperimentato”.
Questa interazione, questo processo di negoziazione dell’identità e sull’essere, coinvolge anche lo spettatore, che si trova ad osservare e ad interpretare queste “situazioni”, queste “atmosfere”, seguendo la propria percezione visiva ed emotiva. In una società contaminata dall’uso delle moderne tecnologie digitali e dei suoi contenuti, dell’apparire e non dell’essere, Kristin Man è un’ artista da collocare nella sfera dei critici nei confronti dell’uso errato del mezzo fotografico, rivalutandolo a strumento congeniale per descrivere l’animo umano, attraverso le espressioni dei protagonisti e del linguaggio del corpo. L’ “artista nomade”, cittadina del mondo, giunge a queste consapevolezze attraverso le conoscenze acquisite nei suoi viaggi, interpretando lo spirito dei luoghi e dei suoi abitanti e restituendo nelle sue foto, la sua visione della società e del mondo. Riflessioni che trovano riscontro nella sua esplorazione dell’arte e degli artisti italiani. Riesce con l’arte a superare le barriere geografiche e politiche, si pone come elemento di congiunzione tra i popoli.