Il museo di Fisica dell’Università di Napoli Federico II raccoglie una collezione di strumenti di grande valore che contribuiscono non solo a definire la storia della fisica in Italia e in Europa dai primi anni dell’Ottocento ai primi anni Trenta del Novecento, ma in particolare definisce le fasi dell’evoluzione della strumentazione nella ricerca e nella didattica della fisica a Napoli tra XVIII e XIX secolo. Il museo fu inizialmente ubicato nel complesso della Mostra d’Oltremare, ma dal 28 gennaio 2005 il Museo di Fisica è stato collocato, insieme ad altri musei, nella sede in via Mezzocannone 8, nell’edificio monumentale dell’Ateneo Fridericiano. Le origini della collezione del Museo risalgono ai Borbone, con una raccolta di macchine e strumenti varigiunta a Napoli da Parma e Piacenza al seguito di Carlo di Borbone insediatosi sul trono partenopeo nel 1734. Questa collezione trovò posto nella reggia di Capodimonte accanto alla quadreria e alla biblioteca; in seguito, con Ferdinando, futuro re delle due Sicilie, verrà spostata nel Palazzo dei Regi Studi, l’attuale Museo Archeologico Nazionale. Dopo aver seguito Ferdinando nell’esilio siciliano durante il decennio francese, la collezione torna a Napoli con i Borbone restaurata, sistemata nel Palazzo Reale dell’odierna Piazza Plebiscito. Parallelamente, il loro Gabinetto di Fisica, che andò raccogliendo macchine e strumenti provenienti dal Collegio militare della Nunziatella, conservava verso il 1860 circa 300 strumenti antichi e tra i più importanti costruiti allora. Dopo l’Unità d’Italia, tra il 1876 e il 1891 questi oggetti passarono sotto la tutela dell’Università, che riuscì anche ad acquisire alcuni apparecchi appartenuti al famoso fisico di Parma Macedonio Melloni. Sono in mostra un raro dinamometro circolare, poi catetometri, sestanti, barometri, metri, sferometri. Vi è anche un calibro in ottone degli artiglieri per uso della Reale Marina, costruito a Napoli nel 1825 e utilizzato dagli ufficiali per misurare il calibro dei propri cannoni e il diametro dei proiettili. Tra le bilance molto importanti vi è quella idrostatica del Bandieri, mentre nella serie di strumenti dimostrativi emerge una macchina di Atwood realizzata dal francese Jean Fortin: si tratta di un barometro (lo strumento che misura la pressione atmosferica) che perfeziona il primo analogo barometro di Torricelli. La sezione di ottica è costituita invece da innumerevoli pezzi, tra cui lenti, specchi, prismi, spettroscopi, polariscopi e apparecchi dimostrativi e di ricerca dei più famosi tecnici anglosassoni e francesi di fine Ottocento. Tra gli oggetti più interessanti vi è la famosa lente di Torricelli, che fu ritrovata casualmente verso il 1885 da Gilberto Govi, allora professore di Fisica Sperimentale nella Reale Università napoletana. Questa lente fu la più grande tra quelle costruite da Torricelli e l’unica con una incisione autografa. Nella sezione dell’elettromagnetismo spicca tra i pezzi più interessanti la bussola di declinazione magnetica: essa misura l’angolo di declinazione magnetica in un determinato punto, vale a dire dell’angolo formato dalla componente orizzontale del campo magnetico della terra con la direzione del meridiano geografico in quel punto. Infine, la direzione acustica è composta da oltre settanta apparecchi, dei quali una buona metà sono del celebre costruttore francese Koenig. Non si possono tralasciare le piastre del tedesco Ernst Florenz Friedrich Chladni, con le quali si potevano visualizzare le vibrazioni sonore.