Sono passate solo quattro giornate di campionato ed una di Europa League, è quindi presto, se non prestissimo, per esprimere giudizi. Tante, troppe volte ci siamo illusi di avere una squadra che potesse davvero arrivare fino in fondo al sogno, salvo restare delusi dagli improvvisi, ed improvvidi, passi falsi contro avversari modesti.
Su queste pagine abbiamo sempre criticato la gestione gattusiana dei precedenti diciotto mesi, un medioevo calcistico e comunicativo che ha portato, come risultato, due mancate qualificazioni alla Champions.
Il Napoli è forte, lo è da anni, ha qualità da vendere ed oggi, con l’asse centrale tutto africano, ha anche fisicità e forza.
La squadra vista ieri ad Udine, ma anche giovedì sera a Leicester, sta dimostrando di seguire le indicazioni del proprio tecnico, spesso sottovalutato e privo di una stampa favorevole, anche a causa della questione Totti, che ne ha oscurato l’immagine.
Le novità vere non stanno solo nelle vittorie roboanti e nelle goleade (sempre uno sfizio esagerare al cospetto di tifosi avversari avvelenati e discriminatori, abitanti di una anonima e sconosciuta città del nordest), quelle non sono mancate nemmeno negli scorsi anni, ma in alcuni punti importanti e precisi da analizzare.
Innanzitutto nella voglia messa in campo per tutti i novanta minuti: come sottolineato da Gotti, il Napoli non ha lasciato nulla, nessun calo di tensione, nemmeno avanti di quattro gol, una ferocia mai vista prima, la voglia di vincere senza concedere nemmeno le briciole ad un’ avversaria che pure aveva mostrato ottime cose e discreta pericolosità fino ad ora.
La gestione dei cambi, poi, è aspetto fondamentale nel calcio post covid: sfruttare le cinque sostituzioni a proprio vantaggio, avvilendo squadre avversarie stanche, mettendo in campo, in momenti diversi, calciatori veloci e funambolici, capaci di mortificare le velleità di rimonta altrui, senza aspettare l’indicazione del recupero. Per intenderci ieri sera l’Udinese, già stanca e mortificata, ha dovuto fronteggiare, negli ultimi venti minuti, frecce avvelenate come Ounas e Lozano.
Lo sfruttamento dei calci piazzati: dei dieci gol realizzati in campionato, la metà sono giunti da gioco a palla ferma: il rigore di Insigne col Venezia, il gol di Petagna a Genova, quelli del Comandante (Spalletti dixit) Koulibaly e lo splendido schema che ha permesso a Rrahmani di raddoppiare ieri.
A proposito del kosovaro, lo sfruttamento della rosa, la valorizzazione dei calciatori e il loro utilizzo a seconda della reale utilità e dello stato di forma: niente più Elmas terzino, Bakayoko in campo per difendere le proprie scelte, difese a 3 improvvisate.
Al netto delle speranze, speriamo non vane, del recupero di Ghoulam, la rosa appare completa ed omogenea: senza considerare che, finora, non si sono visti, o si sono visti solo in parte, calciatori del calibro di Mertens, Demme e Zielinski. Il recupero di tutti i giocatori darà la possibilità di competere in modo deciso in tutte le competizioni.
L’importante, adesso, è tenere i piedi per terra e la testa tra le nuvole: se l’obiettivo è tornare in Champions, allora bisogna puntare al massimo.
Che tutti remino dalla stessa parte: senza avvilirsi per un risultato negativo, nè esagerare con i voli pindarici dopo prove di forza schiaccianti come quelle di ieri.
Giovedì sera altra trasferta a Genova, sponda Samp, una squadra, quella blucerchiata, in netta ripresa, pericolosa e da affrontare con tutto l’impegno e la serietà del caso.