Negli ultimi giorni, come sappiamo, Napoli è in uno stato di agitazione permanente. Alla grave emergenza sanitaria, che non arresta a progredire a ritmi preoccupantemente rapidi – con tutto ciò che ne consegue in termini di saturazione degli ospedali -, ora si sono aggiunte anche le proteste e i disordini sociali. Tralasciando gli assai deprecabili episodi di vandalismo e violenza che, esattamente come a Torino, Milano e Roma, sono da attribuire a gruppi di facinorosi ed estremisti, nelle strade si stanno riversando diverse categorie di esercenti, commercianti e lavoratori per chiedere di rivedere le nuove misure anti-Covid che, inevitabilmente, si abbattono sul sistema economico. Ristoratori, cuochi, camerieri, negozianti, artisti, artigiani, bartender e tassisti, non solo nel capoluogo campano, ormai in quasi tutte le principali città d’Italia, si stanno muovendo attraverso cortei e manifestazioni. Purtroppo bisogna prendere atto del fatto che, a seguito dell’ultimo DPCM varato dal Governo, allo stato attuale, si è prodotto, in un certo senso, l’effetto opposto di quello che ci si è prefissati, poiché le manifestazioni che, a catena, si stanno susseguendo altro non sono che forme di assembramento e, in quanto tali, pericolose in termini di diffusione del contagio. In larghe fette della popolazione, di certo, c’è un problema di sottovalutazione della reale aggressività della malattia e del reale affaticamento dei pronto soccorso, dei reparti e delle terapie intensive ma, al tempo stesso, da parte delle istituzioni, non bisogna sottovalutare il disagio sociale che inizia a ribollire. Questa volta, rispetto alla scorsa primavera si ha la netta impressione che la gestione della pandemia non riuscirà a essere lineare e pacifica. I sussidi e i sostegni stanziati attraverso il Decreto Ristori, come negli scorsi mesi, saranno un aiuto per tamponare ma, a gran voce, in tanti, per le vie, gridano che ormai questi non sono più bastevoli. Riuscire a bilanciare l’estrema urgenza di abbassare la curva del contagio con le esigenze del mondo del lavoro è realmente una questione delicatissima e complicatissima; una palla infiammata nelle mani dell’Esecutivo e delle Regioni.
La scorsa settimana, all’annuncio del lockdown totale a livello regionale da parte del Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, a Napoli in primis, ma anche a Salerno e in altri comuni, le categorie del lavoro hanno reagito in maniera negativa, organizzando le proteste. La Campania, per il momento, si è adeguata pressoché in maniera integrale alle disposizioni che sono state date su tutto il suolo nazionale – quindi senza una confinamento generalizzato – ma, purtroppo, insieme alla Lombardia, la situazione sta diventando assai critica e, a quanto pare, l’ipotesi della chiusura totale mirata per l’area metropolitana partenopea, come per quella milanese, sembra quasi che sia inevitabile. Ad esprimersi in tal senso, infatti, è stato il consigliere del Ministro della Salute, Walter Ricciardi, di cui riportiamo qui di seguito uno stralcio di quanto ha rilasciato alla stampa: “A Milano e Napoli uno può prendere il Covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. Stare a contatto stretto con un positivo è facilissimo perché il virus circola tantissimo. In queste aree il lockdown è necessario, in altre aree del Paese no. A Milano e Napoli è impensabile qualsiasi attività che prevede l’avvicinarsi di persone negli spazi chiusi. Ci troviamo, infatti – ha aggiunto -, in presenza di migliaia di soggetti asintomatici che tornano a casa, dove non si indossa la mascherina, ci si bacia e ci si abbraccia.”
Quali saranno le eventuali reazioni? Il timore che, oltre all’insaprimento della condizione sanitaria, possano continuare a crescere i malumori c’è ed è grande.