Napoli e le sue contraddizioni è al centro delle polemiche e delle cronache sempre più nelle ultime settimane.
Il passaggio alla zona rossa, da una settimana ormai, é stato dettato dalla difficile denunciata situazione degli ospedali ma indubbiamente anche dalla diatriba mediatica della politica che ha tenuto banco h24 con conflittualità, dissidi, contrasti ed evidenti non-sensi.
La mancanza di consapevolezza del momento complesso che si vive è forse la pecca peggiore degli italiani in generale e dei napoletani in particolare.
Non si riesce ad accettare la necessarieta’ delle costrizioni, delle limitazioni, della chiusura delle scuole, dei musei, dell’incentivazione del lavoro agile tanto nel settore pubblico che privato, della rinuncia a vedere i propri familiari, ai pranzi domenicali, alle feste dei nostri figli, alle cene tra amici.
Con una sanità in ginocchio, file di ammalati in attesa di tampone o ricovero, ambulanze in fermento, medici e infermieri stremati, si è smarrita, quasi dissolta la solidarietà, la condivisione, la voglia di abbracciarci da lontano come nella prima ondata.
Probabilmente, l’incertezza di una politica, confusa e approssimativa, litigiosa e poco coesa, affannosa nel rinvenire soluzioni valide che mirano ad essere più compiacenti che efficaci, si sta ripercuotendo su tutti, contaminando soprattutto i più fragili, i più esposti, i negazionisti (sempre più fuoriluogo), i dissidenti rispetto ad una colorazione a tre tinte dell’Italia che non piace, che non piace a nessuno, medici, cittadini, regioni, comuni, imprenditori, commercianti, artigiani, operatori dello spettacolo, proprietari di discoteche…
I medici da tempo implorano la politica per una chiusura compatta e decisa in tutta Italia, ma senza alcun risultato.
L’idea di unità e unitarietà di intenti di marzo è mancata colpevolmente ora per cui il malumore cresce di fronte alle scelte di determinare il colore di una regione in base ai ben 21 indicatori consigliati dal Comitato Tecnico Scientifico, ormai avversati da più parti tanto che con l’approssimarsi del Natale la preoccupazione più forte è cambiare colore e tendere a divenire zona gialla per godere di maggiori libertà, dimenticando che – se il sistema è costruito in modo serio – la decolorazione non è mica così facile e semplicistica, basandosi sui dati del contagio trasmessi via via alla cabina di regia nazionale che devono essere in netto e decisivo calo, rilevato in modo stabile per un dato periodo di tempo.
Peraltro, i controlli anche nelle zone rosse che rappresentano il livello piu’ grave di allerta epidemiologica, sono molto blandi; si richiede l’autocertificazione per gli spostamenti ma non ci sono drappelli a sufficienza per monitorare il territorio e anche il transito tra comuni e province diverse.
Tale stato di cose ha portato il Governatore della Campania, particolarmente indisposto dall’assegnazione d’imperio della zona rossa alla regione, a criticare la gestione della situazione e della poca efficacia di un soft lockdown che probabilmente non ci permetterà di salvare il Natale, definendo la Campania più che zona “rossa”, con una provocazione “rose‘” per evidenziare l’approssimazione dei controlli e un di fatto dissimulato “liberi tutti”!
E le immagini della settimana appena scorsa lo confermano.
Gente che si accapiglia, si spintona, si lancia nelle ceste per accappararsi scarpe dalle fantasie orripilanti in spregio a tutte le misure di distanziamento previste da tutti gli ultimi dpcm, acquistate ad un prezzo irrisorio per poi rivenderle ad amatori su internet con un prezzo maggiorato fino al 200%. Possibile? Possibile si perché è realmente accaduto…allora nero o non nero l’Italia non é trasparente per nulla sulle reali condizioni economiche dei cittadini, e l’evasione e il lavoro nero che restano sempre temi di grande attualità sono, purtroppo, quasi sempre, gli ultimi ad essere presi in considerazione dall’agenda politica.
Se si pensa che la Guardia di Finanza, in una retata di verifiche sulle dichiarazioni isee effettuate per ricevere il bonus spesa da covid-19, ha stanato tanti imbroglioni e falsi dati dichiarati.
In un caso, addirittura, una signora per percepire la somma di circa 100 euro mensili per la spesa ha dichiarato un isee di 5.000 euro a fronte di una rendita depositata su conto corrente di 350 mila euro in barba alla vera povertà…follia? O premeditata spregiudicatezza?
Ma a Napoli é successo ancora di più.
File e file di gente in coda in un noto grosso rivenditore di articoli tecnologici per acquistare la play station 5 al modesto costo di più di € 600,00…e non solo fisicamente, l’assedio al grossista é arrivato anche via web, paralizzando del tutto il suo sito per inserire le prenotazioni e procedere all’acquisto on line.
In tanti tra i presenti hanno dovuto rinunciare all’acquisto per esaurimento scorte quasi istantaneo.
La perplessità é duplice: in questo momento in cui in molti si disperano (e tra i molti purtroppo c’è da scommetterci ci sia qualcuno che si lamenta di non arrivare a fine mese!) per le proprie precarie condizioni economiche si riescono a racimolare a cuor leggero tali cifre considerevoli per acquistare beni di assoluta futilità e di indubbia utilità ai fini della sopravvivenza di una famiglia; in secondo luogo, dov’erano i controlli? Com’è stato possibile assistere a forme di assembramento gratuite e incontrollate? In zona rossa per di più???
Come sempre, la potenza di certi colossi e di logiche commerciali spregiudicate virano scelte di acquisto del pubblico di un certo tipo anche in momenti complessi come quello attuale.
E lo stesso vergognoso comportamento lo abbiamo rivisto poche ore dopo per la rincorsa all’acquisto dell’iphone 12 al costo “irrisorio” di 1.200 euro con file incredibili che hanno paralizzato lo store del Vomero.
Come sia possibile tutto ciò?
Una Napoli divisa nel suo ventre tra chi vive nel suo benessere, noncurante del momento, magari piangendo fame e povertà, nonché ingiustizia sociale per le decisioni e restrizioni governative, che però non rinuncia al velleitario più velleitario possibile e una Napoli, sofferente, silenziosa, disperata, esasperata, chusa tra le proprie mura in attesa di un tampone, ad assistere un proprio caro, in preda al panico per aver scoperto la propria positività al virus, costretta a lunghe logoranti code fuori dagli ospedali della città per avere assistenza, per avere una bombola di ossigeno – divenuto bene prezioso ben oltre l’immaginabile – per sopravvivere alle crisi respiratorie, per salvarsi, ligia al dovere e al rispetto scrupoloso delle regole che assiste inerme e inerte a tale scempio!