Queste le parole lapidarie rivolte da un avvocato napoletano vittima di una ennesima manifestazione discriminatoria mentre svolgeva il suo lavoro.
Non é successo nell’America di Trump né in un’altra epoca storica né per strada al cospetto di ignoranti e criminali…ma a Napoli in una sede istituzionale del Tribunale per i minorenni e appena poche ore fa.
Il protagonista di questa triste vicenda si chiama Hillary Sedu, un avvocato napoletano di 36 anni che è impegnato nel riconoscimento dei diritti civili per i migranti, ed è anche Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
Giunto dalla Nigeria quando aveva solo sei mesi, è cresciuto in provincia di Caserta, ottenendo la cittadinanza italiana e candidandosi in una lista civica alle ultime elezioni regionali, a dimostrazione di un uomo non immigrato ed integrato ma di un italiano a tutti gli effetti.
Divenuto avvocato, si dedica alla difesa dei diritti dei più deboli e per discutere di una sua causa era in giudizio.
Il suo racconto, scaturito da un post pubblicato su un suo profilo social, ha dell’incredibile.
«Giunto il mio turno per la discussione di una causa – scrive Sedu – il neo magistrato onorario mi chiede di esibire il tesserino di avvocato, lo faccio. Stupita o stupida, mi chiede se sono avvocato, poi ancora, mi chiede se sono laureato. Vi giuro che non è una barzelletta. Impulsivo come sono, ero tentato di insultarla, ma ho voluto mettere avanti il bene della causa da trattare, perché ne vale della vita della mia assistita e della sua bambina. No, non è razzismo, è solo idiozia. È l’ incompetenza di un organo amministrativo che non sa scegliere i componenti privati in ausilio della macchina giustizia. Comunque, cara giudice (onorario), sono anche Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli» conclude Sedu.
É l’amarezza di un racconto anacronistico che ci siamo stancati di sentire.
Mettere in dubbio la professionalità di un professionista in base al solo colore della pelle sembra una cosa di altri tempi, insentibile e insensibile, inconciliabile con l’idea di un mondo multiculturale e bello perché eterogeneo.
Perdipiu’ nelle parole dell’avvocato napoletano, la rabbia e il dispiacere di essere stato quasi sotto interrogatorio…dovendo non solo esibire il tesserino professionale che per prassi non si richiede quasi mai ma addirittura dovendo rispondere alla domanda se fosse laureato????
Quasi fosse in automatico un abusivo nel ruolo.
Quindi, non solo le parole del professionista ma nemmeno l’esibizione del tesserino sono bastate a calmare le perplessità della scrupolosa giudice.
Immaginiamo solo per un attimo l’imbarazzo, il disagio, la sensazione di smarrimento e di umiliazione che deve aver provato l’avv. Sedu in quella circostanza, costretto a mantenere la calma e la concentrazione per la causa delicata che era andato a trattare e costretto ad ingoiare la pillola amara di una discriminazione inaudita e fuori contesto, anche se lo stesso Sedu non parla di razzismo.
In un’ aula di Tribunale, la giudice avrà pensato che Sedu era dalla parte sbagliata…probabilmente…e non ha pensato minimamente alle conseguenze del suo agire perché l’impulso del dubbio le è partito come un automatismo senza autocontrollo.
Nelle sue dichiarazioni, Sedu afferma che «quel giudice onorario andrebbe rimosso, perché non è possibile che accadano ancora cose del genere, sintomo di un retropensiero duro a morire» e che per questo presenterà un esposto al CSM perché chi giudica non abbia da sé l’arma del pregiudizio, da sola freno per decisioni e sentenze delicate soprattutto in cause di famiglia o sui minori.
Questo dimostra quanto certe logiche e certi retropensieri, come li definisce il protagonista, siano davvero duri a morire.
Ci vuole tanta cultura ed educazione al rispetto dell’altro per far sì che un colore, un’idea, un difetto, un handicap non diventino occasioni discriminatorie e isolanti non in situazioni eccezionali ma nella quotidianità della vita.
Sedu ha, peraltro, confermato alle testate da cui é stato contattato il senso del suo sfogo su facebook, ribadendo di esserci “rimasto male due volte, anche perché non ho potuto replicare, ma avrei voluto farlo. Sono abituato da sempre a queste situazioni, e ho le spalle forti, ma non per tutti è così“.
Dal canto suo, il giudice ha escluso qualsiasi volontà discriminatoria avendo svolto esclusivamente il suo dovere e obbligo di controllo.
Ora quale che sia la dinamica dei fatti e quali le reazioni dei protagonisti di questa vicenda che pare si siano riconciliati in Tribunale dinanzi al Presidente del Tribunale per i minori, Patrizia Esposito e al Presidente dell’Ordine degli avvocati, Antonio Tafuri, resta lo sconcerto per un episodio che rievoca atmosfere inquietanti che andrebbero lasciate alle sceneggiature dei film ed imparare ad andare avanti senza dover più assistere a pericolosi scivoloni in un passato che non ci appartiene più.
Nell’ultima sua dichiarazione, l’avv. Sedu, dopo aver ribadito che causa pandemia si é scambiato il gomito col giudice onorario in segno di riconciliazione, ha precisato che “dobbiamo imparare a convivere tra le diverse etnie e a non stupirsi più della diversità della pelle o delle caratteristiche fisiche“.
È chiaro che per far questo i concetti di accoglienza e multiculturalità non devono restare nell’aria come oniriche aspirazioni ma devono divenire substrato del nostro divenire ed essere con la forza della cultura e la diffusione di un’educazione al rispetto della dignità umana nel suo valore assoluto.