“Oltre il 50% delle conversazioni più accese online e nei social network non è dovuto alle persone ma alle reti di account automatizzate (botnet), usate da chi ha interesse a influenzare una discussione nel momento in cui gli scambi si moltiplicano”.
L’esperto di IT Renato Gabriele, fondatore di Oohmm (Observatory of Online Harassment and Media Manipulation) ha presentando al Festival del giornalismo di Perugia l’attività di analisi dati su questi “Political Bots” o ‘polbots’.
Oohmm conferma l’attività di ‘polbots’ russi nelle presidenziali Usa del 2016 vinte da Trump e di ‘polbots’ italiani invece nel nostro referendum costituzionale dello stesso anno e nelle recenti consultazioni politiche dello scorso 4 marzo. Osservati anche diversi bot ricondotti poi a Cambridge Analytica, che oggi è sotto i riflettori per l’uso politico dei dati provenienti da milioni di utenti Facebook: per Renato Gabriele questa vicenda ha se non altro fatto conoscere al grande pubblico “l’esistenza di aziende che da anni popolano di contenuti e numeri fittizi il web e i social media”. Spesso sono usati da gruppi editoriali, personaggi famosi, streamer e youtuber per generare “popolarità fittizia” e guadagni.
I ‘polbots’ si fingono “persone vere” postando o ritwittando notizie, eventi di musica, sport o altri temi molto dibattuti, prima di intervenire laddove intendono colpire. Ne è diffusa la compravendita, spiega il sito dell’Osservatorio, alla stregua di “spazi televisivi” necessari ad un’agenzia pubblicitaria alle prese con il lancio di un nuovo prodotto.
Secondo Oohmm, i ‘polbots’ di ogni provenienza hanno alimentato anche lo ‘hate speech’ contro “soggetti di forte impatto sociale ma spesso ‘deboli’, come gli immigrati, comprese alcune rilevanti figure pubbliche femminili”.
Fonte: Ansa