Sono sempre stato affascinato dal ruolo del portiere: è strano e al contempo divertente che in uno sport ci siano due personaggi, uno per squadra, vestiti in modo diverso dagli altri, che fanno cose diverse dagli altri e, addirittura, usano altre parti del corpo. Diciamolo, i portieri fanno un altro sport e nonostante l’evolversi del ruolo che li vede sempre più in versione-libero, il loro resta uno sport individuale. Da romantico del calcio tendo a fregarmene altamente se l’estremo difensore (adoro questa locuzione) sappia o meno giocare con i piedi, se ha stile, se sa uscire alto o basso…. per me il portiere “hadda parà“!! E in tema di portieri qui a Napoli siamo stati spesso abituati bene: senza scomodare sacralità e personaggi mitologici che non ho avuto modo di ammirare (da Zoff a Carmignani, da Sentimenti a Bandoni, le improbabili riserve Pasquale Fiore e Pacifico Cuman), i ricordi di chi scrive iniziano con un Luciano Castellini (“il giaguaro”) a fine carriera, scalzato, in piena epopea maradoniana, da Claudio “Garellik” Garella, “il miglior portiere senza le mani” sentenziò, mirabilmente, l’avvocato Agnelli. Portiere atipico ma affidabile, capace di miracoli e “garellate” , nel giro di due anni fu custode della porta dei campioni d’Italia…eh già ma non della Juve o dell’Inter, il nostro Claudio sigillò gli scudetti di Verona e Napoli, quasi un miracolo calcistico. Epurato nella stagione 1988 in quanto considerato uno degli artefici della rivolta anti-Bianchi, venne sostituito dal povero Giuliano Giuliani, anche lui dal Verona e anche lui, tra alti e bassi, campione d’Italia (e d’Europa) in maglia azzurra…alle loro spalle l’eterno secondo Raffaele Di Fusco, quasi sinonimo di dodicesimo per chi, come me, ha vissuto la sua infanzia collezionando le figurine Panini. Dopo di lui Giovanni Galli (vice Marco Sansonetti), portiere di grande affidabilità e dal passato glorioso, capitato tuttavia in un Napoli anonimo nel quale giocò per tre stagioni senza lasciare cattivi ricordi. E veniamo a quello che personalmente considero uno dei migliori portieri ad aver vestito la nostra casacca: Pino “Batman” Taglialatela, ischitano doc, capitano di lungo corso, ebbe la sfortuna di indossare i guantoni al San Paolo in un Napoli destinato lentamente all’oblio. Straordinario pararigori, fortissimo tra i pali, fu liquidato in modo definitivo nella stagione 1998 e sostituito da Mondini. Nell’anno del ritorno in serie A per metà campionato fu l’impresentabile Alessio Bandieri a mettersi a guardia (si fa per dire) della nostra porta: genero (pare) di Novellino, fu scalzato dal giovanissimo Coppola a torneo in corso dopo una serie inenarrabili di errori e nemmeno il grado di stretta parentela con il Monzon potè salvarlo. Ferdinando Coppola era portiere vero, forte e coraggioso fu portato alla distruzione da Zeman in un famoso Napoli-Bologna 1-5 che ne sancì l’addio. Gianfranco Mancini e Alberto “Jimmy” Fontana chiusero l’amara stagione della retrocessione, con Mondonico che aveva sostituito Zeman dopo due soli punti guadagnati in sei giornate. Tanti anonimi numeri uno si susseguirono negli anni bui della b, da Manitta a Storari fino a Brivio. L’era De Laurentiis vede gli azzurri schierare in porta l’ex reggino Berardi: durò poco, Gianello prese il duo posto a metà campionato con l’avvento di Reja al posto di Ventura. Veronese di nascita non fece male a Napoli ma lasciò un cattivissimo ricordo per una brutta storia relativa ad una tentata combine andata comunque male. Nell’anno del ritorno in B e fino al ritorno nel calcio che conta, ecco Gennaro Iezzo, stabiese, idolo del San Paolo e vero capitano azzurro. Miglior portiere del torneo cadetto 2006/2007, giocò una stagione da titolare in A (alternandosi con il già citato Gianello) per poi essere sostituito dal “Pirata” Morgan De Sanctis. Portiere di assoluta affidabilità, nel giro della nazionale, difenderà la porta azzurra per quattro anni portando la squadra alla conquista della prima, storica, partecipazione azzurra in Champions League. Con l’avvento sulla panchina azzurra di Rafa Benitez inizia l’epoca dei portieri stranieri, con risultati non sempre confortanti. Pepe Reina per una stagione (benino), poi una stagione con la coppia Rafael-Andujar che è meglio dimenticare, anche se il portiere brasiliano si riempì di gloria la sera della conquista della Supercoppa Italiana a Doha ergendosi a protagonista contro la Juve in una incredibile e lunghissima sequenza di rigori. Nelle ultime due stagioni ancora Pepe Reina a difesa dei pali azzurri: personaggio amatissimo, fenomenale con i piedi, un po’ meno attento tra i pali con diversi errori che tanti punti sono costati al Napoli negli ultimi due anni.
NUMERI UNO, A DIFESA DELL’AZZURRO
Fabrizio Oliviero, ex commercialista e amante del calcio, malato patologico per i colori azzurri. Una malattia ereditaria trasmessa dal padre e già assorbita dal primogenito; il suo stato d’animo dipende in larga parte dal risultato dell’ultima partita, ama i colori azzurri quasi come i figli e se la domenica è storta meglio non provocarlo fino alla gara successiva!!