Ancora pochi giorni, fino al 28 giugno 2019, è possibile visitare la mostra “Percorrenze dinamiche 2”, curata da Simona Pasquali e allestita nelle sale dello Spazio Martucci 56, a Napoli. E’ un exihibit che coinvolge diversi artisti, accomunati dalla voglia di creare, di ricercare nuove e dinamiche forme espressive. Un approccio multidisciplinare che va dalla pittura alla scultura, dal bidimensionale al tridimensionale, in cui emerge una creatività caratterizzata da colori sgargianti e da una costante indagine estetica. Ad accogliere i visitatori sono le opere di Giuseppe Tulino, due lavori innovativi e stilisticamente diversi: “Core’ngrato” e Gli increati “tribale”. In “Core ‘ngrato”, una scultura a forma di cuore non ricambia l’ingratitudine svilendosi; anzi, le “arterie” azzurre poste su di esso, mostrano una “rigenerazione” emotiva e fisica, capace di andare oltre le avversità. Le singole pulsazioni sprigionano una forte energia che dall’interno si propaga verso l’esterno, rompendo e disintegrando l’involucro dannoso che copriva il cuore.
Nell’opera, Gli increati “tribale”, Tulino cerca l’increato, uno squarcio tribale che illumini il buio. E’ una rappresentazione primitiva, in cui allo sfondo nero si contrappone una frattura specchiante, dalla quale l’immagine riflessa riporta l’osservatore alla realtà, concreta e tangibile.
I lavori di Luciano Romualdo sono modellati con forme moderne e originali, in cui il gioco di colore-luce crea variazioni anche minime di direzione e inclinazione, per intrecciarsi in una trama ritmica e continuamente mutevole. Nella scultura “Dinamismo di un pathos”, da un punto di vista strutturale, l’annodarsi e lo snodarsi della forma rievoca un dinamico processo di vita. E’ una materia viva ed organica, di un pathos interiore, si passa da un andamento tortuoso ad una placida distensione. Queste ricerche plastiche mosaicate correlano Romualdo agli artisti Lucio Fontana e Mirko Basaldella, antesignani dell’unione felice tra scultura e mosaico, tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Negli anni successivi, Zavagno e Licata sono, invece, da considerare come i due indirizzi su cui si dipana la ricerca, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di materiali “non tradizionali”, per l’impiego delle tessere musive, lapidee o vitree.
In “Accoglienza dinamica, invece, la successione ritmica centrale di forme concave, che genera un effetto di rotazione sia pure lento e uniforme, rivela una intima decisa volontà di creare un vuoto, che non sia privazione, bensì accoglienza in ogni senso, che proviene dall’esterno; una volontà di aggregazione si trasmette da una forma all’altra grazie alla loro dinamica circolarità.
La singola opera, “La sedia e le ruote”, di Francesco Alessio, è caratterizzata dal dinamismo, e al tempo stesso, dalla staticità, identificati nella sedia e nelle ruote. Essi interagiscono fra di loro, ogni singolo oggetto è legato ai ricordi e alle emozioni della vita. Appartiene alla serie intitolata “Il Diario”, dove l’artista partendo da una cassetta di legno, sempre uguale per ogni “pagina” del diario, racconta gli eventi della sua vita. La sedia a rotelle è dedicata alla madre, su cui ha vissuto una parte della sua vita. Un dinamismo caratterizzato dalle due ruote e dal ferro ricurvo con la freccia in punta. E’ possibile innescare il movimento con una spinta manuale, in contrasto con la ruggine che rende questo meccanismo immobile, come era inerte la persona a cui era destinata.
Giovanni Ariano è presente in mostra con due opere stilisticamente diverse l’una dall’altra. In “Treblinka”, riprende un tema ricorrente, il campo di sterminio di Treblinka, in Polonia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Dietro il filo spinato, le vittime dell’Olocausto guardano verso l’osservatore. E’ un’opera di grande impatto visivo ed emotivo, in cui ogni individuo dovrebbe ricordare e commemorare, imparando dalla Storia e dagli errori.
In “Trecentomila donne”, invece, l’artista denuncia lo scandalo sanitario rilevato dal quotidiano “Libèration”, sulla rottura anomala delle protesi ai seni che dipenderebbero dal gel al silicone di tipo industriale utilizzato dall’azienda produttrice. Se da un lato, l’intento di Ariano è di provocazione e di accusa, dall’altro, una diversa chiave di lettura potrebbe associare la produzione seriale dei seni all’universo femminile, di fertilità e maternità, oppure, nella odierna società, ad un valore estetico per propagandare abiti, moda e cosmetica.
Davide Di Luccio proietta i fruitori in un viaggio nel tempo tra il passato e il presente visto come trionfo degli interessi economici e finanziari, utilizzando l’arte come strumento di denuncia sociale. La prima opera, dal titolo “El nino che no juega”, è una frase celebre poeta Neruda, un invito a non perdere la gioia e l’entusiasmo del bambino, di apprezzare e godere delle piccole e semplici cose della vita. Sono tutti materiali ripresi e rielaborati con una nuova destinazione d’uso.
“Mercurio”, messaggero degli dei, (del potere economico), e protettore dei ladri, dei bugiardi e dei truffatori, è una figura ostile, aleggia sul Mediterraneo ed è portatore degli interessi economici e finanziari dei barbari del nord.
La tela, “Ebbrezza”, di Pantaleone Maresca, è caratterizzata dall’evanescenza del colore rosso, da un giallo vibrante, contrapposto all’equilibrio del blu che si amalgamano sulla superficie pittorica, con la forza materica del colore trasmettono energia vitale. Il cromatismo a rilievo dona all’opera conformità come in una sinfonia, ove il contrasto tra “suoni” alti e bassi creano armonia ed emozioni.
La musica è l’elemento dominante nell’opera concettuale di Marcella Simonelli, che attraverso un sapiente accostamento di lettere-note musicali dialoga con il fruitore, coinvolgendo profondamente l’inconscio per mezzo della crittografia musicale. “Mousikòs”, è il lavoro di alcune delle opere musicali tra le più importanti al mondo, (le Quattro stagioni di Vivaldi, la Tosca, la Norma e la Traviata), realizzato attraverso un sistema di trasposizione grafica letteraria e tattile differente dalla notazione. E’ una percezione visiva alternativa a quella uditiva. In questa composizione sono citati anche alcuni dei sistemi di registrazione e di riproduzione sonora grazie ai quali la musica si è potuta diffondere.
L’arte astratta-informale di Adele Taglialatela, ci proietta in uno scenario naturale in cui i colori diventano frammenti di “realtà” e protagonisti insieme alla luce, in un contrasto prospettico di alto livello emozionale. Il dipinto, “Luci del bosco”, ritrae un bosco immaginario alle prime luci dell’alba, si assiste ad una serie di variazioni cromatiche continuamente mutevoli.
Viviana Pasquali realizza composizioni dinamiche in rilievo, in un gioco di colori e materiali, in cui l’essenzialità delle forme e dei colori si mescolano liberamente. Nelle due opere “Attesa/equilibrio” crea un ossimoro visivo caratterizzato da forme geometriche regolari che si estendono sulla superficie esterna, in opposizione alla immediata e istintiva gestualità della parte centrale dell’opera, che da bidimensionale diventa tridimensionale.
I colori densi, pastosi e spatolati dell’opera di Yajaira M. Pirela emergono attraverso un dinamismo esplosivo come linee di forza e movimento. Il titolo, “Profondo”, riprende il richiamo del mantra, ed è stato realizzato in fase di meditazione. Un’opera ascrivibile all’ Espressionismo astratto.