Nelle Sale delle Carceri di Castel dell’Ovo, a Napoli, è allestita la mostra personale di Anne De Carbuccia, dal titolo “One planet, one future”, fino al 30 settembre 2018. E’ un percorso espositivo dedicato alla salvezza del nostro pianeta, che pone diversi interrogativi e spunti di riflessione. Le fotografie di Anne De Carbuccia affrontano le minacce che l’uomo genera per la Terra, creando installazioni in paesaggi terrestri e marini, dagli intensi significati ambientali. Sono composizioni definite TIMESHRINES, (SACRARI DEL TEMPO), alludendo al fatto che le sue opere fanno parte di una raccolta fotografica permanente. L’apparire nell’immagine del Sacrario del Tempo, ci invita a riflettere sulla bellezza e sulla fragilità del nostro pianeta, e induce il genere umano a prendere i provvedimenti necessari alla sua salvezza. E’ una rivisitazione della natura morta classica per raffigurare la “natura viva”. Percorrendo le Sale delle Carceri di Castel dell’Ovo, ci si imbatte in un viaggio nelle zone remote del mondo, nelle aree geografiche in cui sono evidenti gli stravolgimenti ambientali. La foto “Beauty & Trash 2” immortala una spiaggia sperduta a Mioskol, in West Papua, ricoperta di plastica, che ne deturpa la bellezza. E’ un modo per ribadire che un bellissimo luogo, lontano dal caos quotidiano e dalle grandi metropoli, è violentato indirettamente e direttamente dall’azione umana. L’artista, in questo caso, condivide un “ossimoro” visivo, la bellezza e la morfologia del territorio e la bruttezza dei contenitori di plastica abbandonati.
La foto che ritrae la “Dark Forest”, della Western Baikal, nella Siberia russa, ha delle analogie visive con l’opera “La foresta” di Max Ernst, caratterizzate entrambe da una concentrazione di alberi in un unico spazio compositivo. L’immagine della De Carbuccia è lontana da una visione surrealista della natura, ed è a favore di una rappresentazione di denuncia sociale. Gli alberi bruciati sono strettamente interconnessi fra loro, sembrano aiutarsi reciprocamente, condividendo lo stesso destino. Le ceneri collocate intorno ai fusti disegnano un pentagramma ai piedi del Sacrario del Tempo. Ogni anno nel mondo vengono distrutti 7,6 milioni di ettari di foreste naturali, con una deforestazione che causa il 15% di tutte le emissioni di gas serra.
La fotografa franco-americana ha focalizzato la sua attenzione non solo sulla flora, ma anche sulla fauna. Ella ha studiato le lucciole per capirne i segreti e creare un Sacrario del Tempo, “Fireflies”, a Sagaponack, Long Island, USA. Le femmine delle lucciole per brillare rinunciano a volare. Sono una rievocazione dei ricordi di infanzia, nostalgici e magici allo stesso tempo, con la loro luce blu, priva di frequenze infrarosse o ultraviolette.
Sembra una sequenza di un documentario, in realtà è un grido d’allarme, la foto che immortala l’ultimo maschio di rinoceronte bianco morto il 19 marzo 2018. Intitolata “Sudan Dawn”, questa installazione del Sacrario del Tempo, creata nel Ol Peyeta Conservancy, in Kenya, racconta la storia di una specie che è sopravvissuta a milioni di anni e a tutte le evoluzioni, decimata in un solo decennio dalle guerre e dal bracconaggio per il suo corno. Sullo sfondo della rappresentazione si nota il rinoceronte immerso nella natura, in primo piano, invece, il teschio di un suo simile è collocato a terra, con una clessidra accanto che indica il tempo che sta per scadere per la salvezza degli animali.
Dalla terra al mare, “Pink”, Limaroch, Strait of Hormuz, Arabian Sea, è il luogo scelto per una nuova installazione. Una formazione rocciosa a pochi metri sotto la superficie del mare sembrava un altare “naturale” da “sacralizzare”. Una distesa di pesci fucilieri dal ventre rosa vi ruotava intorno, come adepti di una entità suprema. Fondamentale è la presenza del fitoplacton che produce ossigeno. Il 70% dell’aria che respiriamo è prodotta dagli oceani.
Sembra un’opera surrealista, ideata e realizzata da una delle visioni oniriche di Salvador Dalì, in realtà è un corpo vivente e dinamico, che accoglie pesci, alghe e coralli. E’ un microcosmo al cui interno si trova anche una murena, è l’emblema che la vita nelle profondità del mare rischia di estinguersi. Se non si adottano misure più severe, entro il 2050 il pianeta potrebbe perdere le sue barriere coralline, insieme a un gran numero di specie marine.
Anche a Napoli, l’artista franco-americana ha dedicato una parte del suo tempo, focalizzando l’attenzione al Vesuvio. Il progetto artistico prevedeva di mostrare la diversità ecologica della fauna e della flora sul vulcano napoletano. Le immagini in mostra, non raccontano le bellezze del nostro territorio, anzi, sono immagini di forte impatto visivo con la foresta carbonizzata, privata di una rigogliosa vegetazione e con l’estinzione di alcune specie di animali.
L’obiettivo della mostra è quello di sensibilizzare le coscienze attraverso l’arte, promuovendo uno stile di vita sostenibile. Arte, etica e rispetto per l’ambiente dovrebbero essere i principi fondamentali per la salvezza del nostro pianeta.