Con più di mille contagi, registrati il 15 ottobre in Campania, il Governatore De Luca emana un’ordinanza in extremis dal contenuto estremamente restrittivo.
Scuole chiuse fino al 30 ottobre, scuole di ogni ordine e grado, tranne asili e nidi su cui ha fatto retromarcia ovvero, come ha tenuto a precisare, sospensione delle attività didattiche con il ricorso alla didattica a distanza; limitazioni nell’uso dei mezzi di trasporto; divieto assoluto di feste, cerimonie e matrimoni, al chiuso e all’aperto; restrizioni ai ristoranti, bar, pub, pizzerie con riduzione del fenomeno della movida ed eliminazione di occasioni di incontro; chiusura università, esclusi i corsi del primo anno; stop a tutte le attività ludiche e ricreative e “coprifuoco” annunciato per il periodo di Halloween a partire dalle 22.00.
Un fulmine a ciel sereno, questa ordinanza che non si aspettava così precipitosa, improvvisa e gravemente restrittiva.
Purtroppo, l’emergenza sanitaria in Campania é sotto gli occhi di tutti, con gli ospedali che si presentano ormai quasi saturi…e le altre regioni che ci offrono ospitalità.
A tal proposito, nella sua diretta, De Luca, dopo aver precisato che tutte le prestazioni sanitarie non urgenti né necessarie, fatte salve le ragioni oncologiche e cardiovascolari dei pazienti, sono sospese per lasciare liberi posti ai potenziali ricoverati covid, prima che gli ospedali “esplodano” e con esso il sistema sanitario, provato dal sovraccarico di lavoro e sottodimensionato dalla scarsa dotazione organica a fronte delle altre regioni.
Eppure, nonostante fosse nell’aria, ha il sapore troppo amaro questa sua ultima ordinanza.
É una sconfitta di tutti e per tutti non essere riusciti a reggere l’emergenza e la sicurezza non all’interno delle scuole che con tanta fatica hanno messo in piedi protocolli e regole di distanziamento fisico, seppur con la quotidiana scoperta di casi covid e quarantena di classi e relativi contatti familiari e sociali, ma probabilmente per la vita “libera” svolta, anche con una certa disinvolta irresponsabilità, fuori dagli edifici scolastici.
Nessuno ha voluto rinunciare, malgrado le indicazioni e le raccomandazioni governative, a momenti di convivialità tra amici e parenti, a matrimoni con 200 invitati e a party tra amici, assembrati perché disinvolti com’è naturale che sia quando si è tra i propri affetti, che, forse, visti con gli occhi di oggi e con l’impennata violenta di contagi, sono stati fuori luogo e fuori contesto.
In un’epoca pandemica, il superfluo nelle relazioni va evitato anche se doloroso e faticoso per tutti!
E ora con le misure rigorose assunte dalla Regione, non abbiamo più la possibilità di scegliere.
Dobbiamo stare chiusi in casa e basta! Fatte salve le necessarie esigenze lavorative e, ovviamente, di salute.
De Luca ha tuonato contro la superficialità e leggerezza di comportamenti non ammissibili in queste condizioni epidemiologiche, definendoci tutti “irresponsabili” per non aver saputo dosare i nostri spazi di libertà e per aver sprecato l’occasione ed evitare il parziale lockdown che viviamo.
“Le mezze misure non servono più a niente” nelle sue dichiarazioni.
E così i nostri ragazzi e bambini si ritrovano a pagare lo scotto più alto di una mancanza di socializzazione, di spazi di condivisione e di arricchimento formativo tramite l’apprendimento che solo la presenza attiva in aula può garantire in pieno con quell’efficacia ed efficienza formative così care alla scuola.
Siamo passati dalla formula per rendere possibile il distanziamento fisico tra i banchi e negli spazi comuni delle scuole e scongiurare la molla dei contagi, nuovamente al distanziamento sociale vero e proprio, con tanto di ritorno alle postazioni casalinghe da dad e le interrelazioni con docenti e coetanei microfonate e videate.
Purtroppo il diritto allo studio può trovare limiti ed ostacoli laddove le famiglie meno fortunate, meno attrezzate e meno capaci di seguire i propri figli e l’impegno quotidiano della didattica a distanza rischiano di essere quelle più penalizzate.
Di qui l’auspicio di misure di solidarietà e di sostegno per i meno fortunati che non devono essere discriminati, perché se pandemia c’è, nessuno può pagarne il fio con la propria perdita di dignità.
Sul tema, il ministro Azzolina si é detta distante dalla decisione regionale di sospensione delle attività didattiche che definisce “gravissima, sbagliata e inopportuna” perché la scuola – a parere del Ministro – é il luogo più sicuro per i ragazzi e non solo dal punto di vista sanitario, ribadendo, perdipiu’, che le scuole dovranno essere le ultime a chiudere.
Nelle sue dichiarazioni, la volontà di impugnare l’ordinanza di De Luca perché eccessiva e lontana dalla posizione di Governo che è tesa a proteggere le scuole e a tenerle aperte in quanto la didattica a distanza, pur nel suo significativo valore, non può essere considerata esclusiva forma di insegnamento.
Non vi é dubbio che le scuole hanno fatto sforzi enormi per mettere in sicurezza i nostri figli.
Oggi, senza sapere con quale sguardo proiettarci nel più prossimo futuro, il rammarico é per il tempo perso in questi mesi in cui bisognava potenziare le risorse ospedaliere visto che il virus non era sconfitto ma solo accantonato in una parentesi estiva e con i virologi onnipresenti che in pieno ferragosto annunciavano la seconda ondata, arrivata puntuale con l’avvio dell’autunno e delle prime influenze; bisognava investire e intervenire significativamente sui trasporti pubblici, nodo cruciale di una Regione gravemente deficitaria sul punto con Napoli che detiene un bel vergognoso primo posto per disagi, criticità e mal funzionamenti nonché per non aver potuto garantire condizioni effettive di distanziamento, con assembramenti frequenti negli orari di punta, accozzati, come abbiamo avuto modo di vedere, nei viaggi i pendolari della città; bisognava, forse, essere fin dall’inizio severi e restrittivi sulle libertà personali – a livello centrale perché diverrebbe troppo oneroso per le singole regioni – visto che dopo “illiberitutti” vacanziero ognuno ha preteso di rifare la vita normale quando normale non è, sulla scia di preoccupanti negazionisti che continuano a circolare senza mascherine a capo di folli cortei, dimentichi dei nostri ammalati e dei nostri morti per Covid.
Anziché rincorrere la gara per acquistare banchi con le rotelle, che girovagano ormai solitari nelle aule di scuole vuote e abbandonate, magari potevano ridimensionarsi le presenze e consentire, comunque, un ingresso scaglionato a giorni alternati, immaginando fasce orarie diversificate, per non chiudere nell’isolamento i bambini, a mio parere, più provati, trovandosi in una condizione di dipendenza da noi adulti quando andrebbe valorizzata e intensifcata proprio la loro autonomia, posizione decisamente più fragile rispetto agli adolescenti che, comunque, attraverso i social riescono a mantenere viva una rete di relazioni amicali e forme di socializzazione tra pari.
Purtroppo, De Luca, per quanto abbia espresso rammarico per la decisione presa, ha dichiarato di non avere avuto, al momento, alternative per porre a salvaguardia la salute di tutti, con due prospettive di cui una un po’ utopistica di qui a 15 giorni, rappresentando uno dei problemi atavici più gravi delle nostre città campane: la risoluzione del problema del trasporto pubblico con un aumento e un potenziamento nell’offerta del servizio di mobilità urbana, incentivato e arricchito di corse in grado di far fronte alle esigenze di sicurezza anticovid e, in secondo luogo, soluzione assolutamente possibilista, di avviare un tavolo di confronto col mondo della scuola per definire una eventuale ripartenza che, in linea di massima, non ha escluso nel suo intervento a partire dal 30 ottobre.
Nel frattempo, voci si rincorrono che il Governo starebbe apprestando misure restrittive su scala nazionale con una sorta di coprifuoco serale alla francese, seppure nella Penisola si sta agendo, in prevalenza, con reazioni parametrate alle singole realtà locali.
Il virus é tra noi, continua prepotentemente a circolare e a passare di persona in persona, di casa in casa, di famiglia in famiglia, di rsa in rsa, di comune in comune, di droplets in droplets, inarrestabile e noncurante dei bisogni, dei desideri, delle libertà e della voglia di normalità che attanaglia tutti noi.