Stanno facendo discutere e hanno alzato un polverone altissimo di polemiche, non solo in Italia, le parole rilasciate, in un’intervista durante il volo di ritorno da Dublino, da Papa Francesco sul tema dell’omosessualità. Non è la prima volta che il pontefice viene sollecitato ad esprimersi sulla questione; come poter dimenticare, a tal proposito, quel “ma chi sono io per giudicare?” passato alla Storia ma che, come ogni cosa, resta sempre da inquadrare nell’interezza del ragionamento.
Ritornando alle recenti dichiarazioni, al fine di poter fornire ai nostri lettori una visione quanto più possibile completa della vicenda, anche noi vogliamo qui riportare in maniera integrale la risposta. Difatti, in molti sostengono che, in realtà, una parola usata da Bergoglio sia frutto di un equivoco, di un banale errore, e che il suo discorso, valutato nel complesso, lasci piuttosto emergere un chiaro invito all’accettazione e alla comprensione.
Andando quindi con ordine, la domanda del giornalista è stata: «Cosa direbbe a un papà cattolico, il cui figlio gli dicesse di essere omosessuale e di voler andare a convivere col proprio compagno?».
La risposta del Papa è stata la seguente: «Sempre ci sono stati gli omosessuali e le persone con tendenze omosessuali. Sempre. Dicono i sociologi – e non so se è vero – che nei tempi di cambiamento d’epoca crescono questi fenomeni sociali, etici. Uno di loro sarebbe questo. Questa è l’opinione di alcuni sociologi.
La tua domanda è chiara: Cosa direi a un papà che vede suo figlio o sua figlia che ha quella tendenza? Direi: primo, di pregare. Preghi. Non condannare. Dialogare, capire e fare spazio al figlio e alla figlia. Fare spazio perché si esprima.
Poi in quale età s’esprime questa inquietudine del figlio? È importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino. C’è tanto da fare con la psichiatria, per vedere come sono le cose. Una cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere.
Ma io mai dirò che il silenzio è un rimedio. Ignorare un figlio o una figlia con tendenza omosessuale è mancanza di paternità o maternità. Tu sei mio figlio. Tu sei mia figlia, come sei. Io sono tua padre e tua madre: Parliamo.
Se voi, padre o madre, non ve la cavate chiedete aiuto. Ma sempre nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia. Non cacciarlo via dalla famiglia. Questa è una sfida seria ma che fa la paternità e la maternità».
Ad una lettura veloce, in effetti, sembra venir fuori un segnale di apertura e sicuramente non di condanna, anzi, il che, di per sé, è già abbastanza rivoluzionario, considerando le vecchie posizioni della Chiesa. Ma c’è, tuttavia, un sottile passaggio – con una parola nello specifico – il quale risulta ambiguo ed è proprio quello per il quale è caduta giù una pioggia di critiche. Ci riferiamo, ovviamente, al punto nel quale il pontefice sembra sostenere che nel caso l’omosessualità si manifesti in tenera età si possa intervenire con la “psichiatria”. Infatti, se la consideriamo così, si tratta indubbiamente di un’esternazione scandalosa, dato che, volendo ripetere l’ovvio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990 ha cancellato l’omosessualità dal novero delle malattie mentali. La definizione data dalla massima autorità medico-scientifica è quella di “naturale variante della sessualità umana” e, dunque, qualsiasi “teoria riparativa” è priva di ogni fondamento scientifico ed equivale, in pratica, al continuare a mettere al rogo quanti dimostrino che sia la Terra a girare intorno al Sole.
In tanti, però, come dicevamo all’inizio, ritengono che Francesco sia, invero, incappato in un equivoco e che – come risultante dalla trascrizione ufficiale dell’intervista da parte della Santa Sede – il termine che egli realmente volesse usare non fosse psichiatria, bensì psicologia, proprio per sottolineare l’opportunità di un percorso di condivisione per i genitori in difficoltà e i figli che vivono con “inquietudine” la scoperta della propria sfera affettiva e sessuale.
Di certo, Bergoglio ha generato della confusione, cavalcata dagli integralisti alla Mario Adinolfi, ma, probabilmente, siamo realmente dinanzi ad un ingenuo fraintendimento. Tuttavia, ciò non toglie che la vera domanda che, dal canto nostro, sentiamo di porre, al di là di tutto, anche per questa occasione sia: ma perché dare sempre tanta importanza a cosa sostiene il Papa? Del resto, fino a prova contraria, egli è il sovrano di uno Stato estero e il capo spirituale della comunità cattolica, pertanto, sempre fino a prova contraria, è a loro, alla sua gente, che parla e non agli atei, agli agnostici, ai laici. Il suo parere, per i non credenti, dovrebbe valere quanto quello di un vecchio zio che borbotta ogniqualvolta noti delle novità alle quali è refrattario.
Ovviamente, siamo consci dell’evidenza storica di una scarsa laicità da parte del nostro Paese e di una costante ed eccessiva ingerenza vaticana nella nostra legislazione, cose che, purtroppo, conferiscono, ogni volta, un certo peso alle dichiarazioni papali o vescovili e che rendono complicato il totale disinteressamento dalle stesse. Ma forse, più che attendere con ansia aperture al penisero razionale e barlumi di emancipazione da parte della Chiesa – le cui posizioni sui temi della famiglia e della genitorialità sono note – è necessario pretendere, da parte di tutti i cittadini, parità, giustizia ed eguaglianza di diritti dallo Stato italiano, il quale, secondo i suoi principi fondanti, non dovrebbe mai lasciarsi influenzare dalle opinioni religiose.