La scrittrice sarda Cristina Caboni, con “La ragazza senza radici” (edito da Garzanti) ha vinto la nona edizione del Premio nazionale eno-letterario Vermentino.
La cerimonia di premiazione, presentata da Neri Marcorè, si è svolta al Museo Archeologico di Olbia.
L’autrice esplora temi profondi come l’identità, la maternità, l’abbandono e la forza dei legami affettivi.
Maria Amelia Lai, presidente della giuria tecnica, ha svelato il nome della vincitrice “per un premio che anche in questa occasione ha dimostrato un grande valore umano e contenuti veri che interpretano al meglio lo spirito del “Vermentino”. Quelli che sono stati in grado di esprimere tutti gli autori anche in questa bellissima nona edizione, ancora una volta di ottimo livello”.
Le menzioni speciali sono andate a: Enrico Beccastrini con “DOCG: di origine criminale garantita” (Carmignani Editrice); Clizia Fornasier con “Volevo sognarmi lontana” (HarperCollins).
“Premio Territorio” ex aequo a due volumi: Ludovica Elder con “I vestiti della domenica” (Piemme) e Franco Faggiani con “Basta un filo di vento” (Fazi editore).
La ragazza senza radici di Cristina Caboni
Un vino che ha riposato sul fondale sabbioso del mare, cullato dalle onde. Adeline non aveva mai sentito parlare di nulla del genere. Eppure, da quando lo ha assaggiato, è cambiato qualcosa in lei. Forse perché a donarglielo è stata Miranda, l’anziana donna che un giorno, all’improvviso, si è presentata agli archivi del comune di Nizza, dove Adeline lavora, per avere informazioni su un figlio che credeva morto alla nascita. Miranda è certa di averlo visto, ormai adulto, ma non ha fatto in tempo a fermarlo. Adeline sa che non deve assecondare le sue richieste, che il passato è passato e va lasciato dov’è. Se lo ripete ogni giorno per non pensare ai genitori che l’hanno abbandonata neonata senza mai cercarla. Ora è una donna realizzata, non deve voltarsi indietro. Ma l’emozione e la disperazione che ha letto negli occhi di Miranda hanno smosso qualcosa dentro di lei. Deve aiutarla a trovare suo figlio. Da sempre affascinata dalla genealogia, Adeline è capace di frugare tra vecchi documenti e carte dimenticate per scovare un indizio; una ricerca in cui vorrebbe accanto a sé Damien, l’assistente sociale che le ha insegnato a guardare avanti e a medicare le proprie ferite. Ma lui ha paura che indagare le origini di una famiglia possa farle troppo male. Adeline ne è consapevole, ma qualcosa di speciale la lega a Miranda. Quello che non sa è che le famiglie nascondono sempre dei segreti che non per forza vanno svelati. Alcuni possono mettere tutto in discussione.
DOCG: di origine criminale garantita di Enrico Beccastrini
Santa Margherita è un paese sulle colline toscane, al sole tiepido d’autunno, nei profumi dell’ultima vendemmia. Tommaso non è un poliziotto, anzi, è uno che con la legge va poco d’accordo. Di lavoro fa il cuoco ed è anche piuttosto bravo, perché non ama solo i sapori e gli odori, ma anche le persone: da dietro le porte della sua cucina, ha imparato a comprenderle. Forse è per questo, o per il suo interesse quasi morboso per i fatti criminali, che viene ancora una volta coinvolto in un’indagine della polizia. Il corpo di una donna viene rinvenuto in un agriturismo. Il suo amante, in fin di vita accanto a lei, è sospettato di averla seviziata e uccisa. Come se non bastasse, ad attirare un ciclone mediatico, in paese avviene una serie di fatti inquietanti. I turisti scappano, la sua terra e la sua gente sono a rischio. Per proteggerli, Tommaso dovrà combattere e fare delle scelte. Giusto? Sbagliato? Colpevole? Innocente? Il confine non è mai così netto come sembra.
Volevo sognarmi lontana di Clizia Fornasier
Laura ha da poco compiuto diciotto anni, ha capelli neri e lunghi e grandi occhi a mandorla. È inquieta e bellissima, e sogna una vita oltre la linea dell’autostrada, magari in un piccolo appartamento nel centro di una grande città. Romina, due anni più piccola, la ammira e la imita, sogna insieme a lei. Entrambe vivono in un luogo in cui il tempo sembra fermarsi e dove il dolore e gli sguardi della gente scavano solchi profondi come l’aratro nella terra. Lo sa bene la loro madre, la signora Nives, che ha sempre vissuto ascoltando il ritmo delle stagioni e il respiro della campagna. Per lei la felicità, se arriva, è un raccolto abbondante, una grandinata mancata per un soffio, l’uva corvina nera e dolce, aggrappata ai suoi tralci come una promessa di abbondanza. Quando il marito muore, Nives rimane sola a occuparsi delle figlie e dei campi tagliati dall’ombra di un autogrill. Una notte, Laura scompare e di lei rimangono solo due lettere, una per Romina e una per la mamma: “ho bisogno di sognarmi lontana”. Dopo i successi da attrice, Clizia Fornasier torna in libreria con un romanzo potente ed emozionante, che conferma il suo talento di narratrice. Volevo sognarmi lontana è una storia familiare che parla di donne e di coraggio, di legami che resistono al tempo e a una terra capace di inghiottire tutto, anche i sogni più grandi. Un libro che racconta alla perfezione il nostro tempo, attraverso tre indimenticabili personaggi femminili.
I vestiti della domenica di Ludovica Elder
La vigna vecchia dei Pàhor guarda Trieste dall’alto delle colline del Carso: tra i filari soffiano l’aria di mare e il sussurro impetuoso della Bora, mitigato dal passaggio verticale sulle rocce. È una sera di settembre e tutto è pronto per la festa di fine vendemmia. Vittorio Stefàncich ha combattuto la Grande Guerra come un eroe. Tornato alla vita comune, fatica a riprendere il suo ruolo nell’azienda di famiglia. Freddo e severo coi dipendenti, imbastisce trattative di mercato militaresche, spietate. Antonia Pàhor è diversa dalle dame che affollano le nobili vie della città: nata in un paese del Carso, ha un animo contadino, buono, e non ha niente in comune con la borghesia triestina che affronta la fine di un’epoca di sfarzo, quella imperiale. Quando s’incontrano alla festa, nel cuore di entrambi scatta qualcosa, come una silenziosa promessa. Ma la guerra è finita soltanto nelle trincee. Alla vigna vecchia c’è anche Giacomo Ledri, figlio dell’avvocato più in vista della città. Si è sentito dire per una vita intera che, a differenza del migliore amico, Vittorio, è un fallimento. Adesso, con l’ascesa del partito di Mussolini, Giacomo ha intuito che chi si schiererà coi fascisti avrà la strada spianata. Affamato di potere e gloria, decide di sfruttare l’amicizia che lo lega alle facoltose famiglie Pàhor e Stefàncich, che trascinerà con sé tra le fiamme di un secolo breve e violento.
Basta un filo di vento di Franco Faggiani
Gregorio Bajocchi è un uomo di successo: esperto di finanza, avvocato, possiede la Conventina, un’azienda agricola di oltre mille ettari adagiata sulle colline tra Po e Appennino. La tenuta appartiene alla sua famiglia da sempre ma quando Gregorio l’ha ereditata, dopo la morte prematura di entrambi i genitori, aveva solo diciassette anni. A quel tempo, erano stati i contadini, lì da generazioni, a prendersi cura della proprietà consentendo all’azienda di prosperare e a Gregorio di studiare. Ormai adulto e in grado di occuparsi della Conventina, Gregorio sposa Cora, che conosce fin da ragazzo, dopo essere stato per un periodo legato a Emma, un’esuberante ragazza tedesca dalla quale ha avuto un figlio. Un fatto importante, però, mette scompiglio nella sua esistenza: una società straniera vuole acquistare l’azienda e trasformarla in un complesso turistico di lusso. La cifra offerta è consistente, ma che ne sarebbe poi delle famiglie che hanno sempre lavorato lì e della tradizione stessa dei Bajocchi? Dopo molte esitazioni, Gregorio decide di vendere, ma un nuovo avvenimento arriva a sconvolgere la sua quotidianità e quella di Cora. Emma, colpita da una forma precoce di demenza, in uno dei rari momenti di lucidità ha espresso il desiderio di tornare alla Conventina, l’unico luogo in cui si sia mai sentita veramente felice e amata da tutti. Ecco allora l’importanza del paesaggio, la natura che consola, l’amicizia che è prima di tutto accoglienza e quel filo di vento che, a volte, basta a cambiare una vita.






