La pandemia ha messo economicamente il mondo in ginocchio, a quanto pare gli unici che hanno visto mesi gloriosi sono stati i produttori di mascherine, gel sanificanti e lievito di birra.
Questo periodo “post-lockdown” ci sta facendo attingere, o almeno ci sta facendo provare ad attingere, ad ogni tipo di “bonus” istituito: inps, affitto, bollette, ristrutturazioni, persino per acquistare biciclette e monopattini.
Ma, fin ora, nessuno aveva pensato ai nostri migliori amici che costituiscono parte della nostra famiglia e spesa che grava sui nostri bilanci; fin ora perchè la LAV (Lega Anti Vivisezione), in seguito ad oltre quindicimila richieste di aiuto ha lanciato un SOS.
La proposta fatta alle istituzioni per essere inserita nel decreto “Rilancio” è quella di una “social card” per gli animali; si tratta di uno speciale bonus destinato a chi decide di adottare un animale dal rifugio o per chi già divide la propria casa con un “quattro zampe” e non ha un reddito annuo decoroso.
La richiesta per ora si è limitata ai cani ed i gatti, ma visti gli ingenti costi che prevedono il corretto mantenimento degli animali esotici e non convenzionali, potrebbe essere estesa anche a loro.
Le cifre da erogare “una tantum” in questo periodo di emergenza dovrebbero aggirarsi sui 200 euro per ogni cane e 100 euro per ogni gatto, ovviamente legalmente iscritti all’anagrafe e con regolare profilassi in corso; per le adozioni, invece la cifra, si aggirerebbe tra i 500 e 1000 euro in base al reddito percepito dall’adottante, contributo che va, ovviamente, speso per il trovatello in modo fiscalmente dimostrabile.
La LAV a questa richiesta “figlia del COVID” aggiunge quella che ormai da anni ossessiona gli italiani che condividono la loro vita con un cane o un gatto (parliamo del 40 % della popolazione): ridurre la pressione fiscale esistente. Questo può essere realizzato solo ed esclusivamente tramite quattro interventi: in primo luogo diminuire l’aliquota IVA sulle crocchette che vengono considerate “bene di lusso” e non “di prima necessità” passandola dal 22% al 4%; stabilire un bonus spesa per chi ha un reddito inferiore agli ottomila euro l’anno spendibile in mangime, farmaci e visite veterinarie; aumentare la quota detraibile delle spese veterinarie sostenute; ed infine ridurre il costo dei farmaci ad uso specifico veterinario, infatti con la ricetta elettronica per il medico veterinario risulta quasi impossibile prescrivere il più economico corrispettivo umano, sembra assurdo pensare che lo stesso farmaco in “umana” ha un costo anche di cinque volte inferiore, ridurre i costi significa evitare anche la dannosa improvvisazione, basti pensare che somministrare una semplice Tachipirina al cane può causare dall’intossicazione, all’emolisi , alla devastazione del fegato.
Il Direttore Generale della LAV, Roberto Bennati, afferma che il problema più grave non è che i soldi non vengono investiti, ma che vengono spesi male:
«Quelli che proponiamo sono interventi a favore degli animali, dei cittadini ma anche delle casse pubbliche. Le amministrazioni locali spendono infatti 130 milioni di euro per la gestione degli animali randagi, non sempre assicurando loro il benessere dovuto. La convivenza tra cittadini e animali è da anni svantaggiata dal carico fiscale e dalle norme che regolano il settore farmaceutico e veterinario (…). Prendersi cura di un animale è una gioia ma anche un impegno economico e mai come in questo difficile momento occorre sostenere i privati che vivono con cani gatti o altri animali perché fanno parte del nostro tessuto sociale e sono a tutti gli effetti membri delle famiglie».
Speriamo che il Governo ascolti queste “sante” parole!