“Mi amo troppo per stare con chiunque” questo scriveva Sara sul suo profilo Facebook.
Sara e Ilaria le ultime giovanissime vittime di femminicidio , uccise da due uomini vigliacchi e violenti che hanno fatto della loro ossessione il senso di un amore negato.
Sara e Ilaria avevano la loro vita, i loro amici, la loro università e mentre Ilaria era stata fidanzata con il suo aguzzino anche se la storia era finita da un mesetto, Sara era stata chiarissima con il suo stalker spiegandogli che non c’era spazio per una loro storia, mai a pensare che le sue parole dette in modo perentorio provocassero una reazione tanto violenta e brutale come una coltellata alla giugulare che la porterà alla morte immediata proprio lì a pochi passi dall’università che lei frequentava con gioia insieme ad amici e amiche.
Proprio alle sue amiche aveva inviato l’ultimo messaggio scrivendo che il “malato “ la stava seguendo, poco prima che lui la colpisse portandola via per sempre.
Ci si chiede cosa stia accadendo nella testa di questi ragazzi, cosa spinge un’ossessione tale da decidere di porre fine alla vita dell’amata negata…e soprattutto la brutalità, la menzogna, la fuga.
In entrambi questi drammatici casi di cronaca, le famiglie si trovano coinvolte perché Ilaria è morta in casa mentre i genitori erano in salotto, la mamma di Stefano, assassino di Sara, invece avrebbe aiutato il figlio a raggiungere la famiglia a Noto dove è stato arrestato poi dalle forze dell’ordine.
Inimmaginabile la posizione delle famiglie travolte da un dolore altrettanto straziante, quale quello di ritrovarsi con un figlio assassino, ma in entrambi i casi le famiglie assumono una posizione di ambigua collaborazione e connivenza.
Le parole che feriscono di più sono quelle che descrivono gli aguzzini: i tratti sono sempre gli stessi, tendenzialmente solitari, educati, ragazzi normali con una vita normale, in apparenza, perché nella realtà sono anche essi vittime dei loro demoni di possesso e ossessione.
L’età sempre più bassa dei protagonisti di queste storie tristi é un altro aspetto ancora più sconcertante , ragazzi nel pieno della loro vita quando le speranze, le spinte verso il futuro, il sogno di un amore, le goliardate con gli amici, le serate a ballare o le nottate a studiare, tutte cose normali che dovrebbero occupare lo spazio e il tempo di un giovane e invece si vive il diniego come un macigno inaccettabile che sedimenta rancore, odio, frustrazione e spinge alle azioni più becere e incontrollate.
A prevalere non è il sogno ma l’incubo di un amore finito o mai cominciato che diviene ossessione, persecuzione, desiderio di possesso e di vendetta che prendono il sopravvento e soggiogano le emozioni e gli animi impetuosi di questi ragazzi a discapito della vita loro e delle vittime…
Il dramma infinito di una sofferenza senza fine che travolge la vita della vittima, della sua famiglia e degli aguzzini e delle loro famiglia perché un ragazzo che uccide non ha solo la responsabilità penale di aver distrutto una vita per la quale pagherà il suo conto con la giustizia, ma è la sconfitta più evidente di una società fallita non in grado di cogliere segnali pericolosi e intervenire tempestivamente per salvare tutte le anime travolte dagli eventi
Ecco perché non possiamo voltarci dall’altro lato!
Quando queste cose accadono tutti falliamo perché non c’è stata nessuna azione tra scuola famiglia università società in grado di distogliere l’assassino dal suo insano volere non per follia ma sempre più spesso per una lucida premeditazione.
E così sabato le piazze di tutta Italia al grido di “Non una di meno” si sono gremite di persone per protestare contro questo modo arcaico di trattare l’amore e le donne, ribadendo l’importanza di comprendere i sentimenti degli altri, ascoltare il no e rispettarlo, conoscere i propri confini, imparare a discernere i diversi colori delle emozioni e adattare i propri comportamenti.
Non solo i gesti ma le parole vanno utilizzate con il giusto garbo e l’ appropriatezza più opportuna in modo da fare della forza delle parole anche la cultura dell’educazione al cambiamento dei sentimenti, dei modi di agire, dei modi di amare.
Probabilmente andrebbero sostituite tutte le frasi stereotipo che sono diffuse e ripetute costantemente tipo “ se l’è cercata”, con un decisivo perentorio irremovibile motto “quando è no, é no”!.