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Reading: Quarta edizione Land Art al Momu “Nutrimento, custodia, conoscenza di sè” Arte ambientale di Enza Monetti A cura di Daniela Ricci
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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Arte

Quarta edizione Land Art al Momu “Nutrimento, custodia, conoscenza di sè” Arte ambientale di Enza Monetti A cura di Daniela Ricci

Redazione
Redazione 3 anni fa
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In un’epoca di grandi cambiamenti climatici, geofisici e sociali, di risorse condivise e frammentate tra nuovi paesi emergenti, la Land Art, corrente dell’arte concettuale, nata negli Stati Uniti negli anni ’70, è sempre più spesso caratterizzata dall’attenzione per la natura e dall’interesse per l’ambiente. Una sorta di rituale mistico che sprigiona energia fisica e mentale e va ad impattare con la natura, come in una danza simbiotica di fusione totale.

All’artista Enza Monetti è dedicata la quarta rassegna di Land Art al Momu, Molino Museo a  Montenero Val Cocchiara in Molise, infatti con le sue opere pensate e realizzate site-specific, dal 28 settembre al 31 ottobre sarà in mostra con le sue creazioni nei giardini dell’antico mulino restaurato e funzionante.

Lo spazio del giardino induce a riflettere, con possibilità immaginativa, generalmente negata dal caos del quotidiano, sulla necessità di connessione autentica con se stessi e con il mondo. Il giardino assume, così, il ruolo ed il valore di metafora per suggerire quello sguardo interiore indispensabile per proteggere, custodire e coltivare la vita e per aprirla all’altro da sè, come sempre l’arte fa da secoli.

Nell’area circostante il Momu saranno collocati tutti gli elementi installativi posti in forma processionale, incolonnati lungo il giardino. Come lucciole, tante lucine ad illuminare il cielo di quella parte di territorio rendendolo luogo del pensiero, di convivialità senza l’assillo del tempo quotidiano e aperto alla possibilità di fare ognuno una propria esperienza.

L’intervento site-specific si connoterà, quindi, come un percorso di attraversamento, un cammino, presentato come un’opera unica e un’esperienza: in dialogo armonico, tra estetica ed etica, nell’approdo morale del processo atto a sollecitare stupore e smarrimento, a risvegliare coscienze ed esplorazioni dell’essere. Il progetto prevede l’installazione di opere come segnali che portino a riflettere su tre punti cardine pensati ad hoc per lo spazio e il suo contesto: il nutrimento, la custodia, la conoscenza di sé.

Il nutrimento: il problema dell’uomo è ciò che gli manca; più che capire, bisogna inizialmente sentire, concedere ad ogni attimo di vita la possibilità del nutrimento inteso come continua crescita interiore e culturale. – Cinque sono le dita della mano, ove echeggia l’emozione del fare, creare, produrre. Cinque larghi cerchi/piatti di alluminio riflettente (diametro 50 cm.) posti sul prato, alloggiano il risultato della produzione tradizionale ove, i segni /disegni, a forma di rami di albero, sono realizzati con la farina ottenuta tramite macina del mulino stesso. Il richiamo è al prodotto della terra trasformato dal lavoro dell’uomo in cibo primario, originario.

 

La custodia: l’immaginazione è induzione al pensiero migliore dell’essere umano, quel punto di osservazione non omologato sulla realtà, quella sfida al recupero dell’energia vitale che porta a proteggere la natura di cui siamo parte, artefici, spesso carnefici. – Cinque tetti di alluminio riflettente (composti da due elementi uniti al vertice e divaricati alla base, h. 50 cm.), come strutture di emergenza, case, ricoveri, soluzioni liturgiche di protezione di corpi, anime e pensieri; custodia per noi stessi, come specchi che assorbono ciò che hanno intorno, lo metabolizzano e lo rimandano modificato, simbolicamente come flussi di luce, come fari di speranza per la valorizzazione e la salvaguardia di ciò che di noi stiamo perdendo.

 

La conoscenza di sé: c’è l’esigenza di attivare quella parte di noi che si sta perdendo, recuperandola come presa di coscienza reale, consapevolezza, attraverso un percorso introspettivo che conduce al recupero della nostra parte più umana e virtuosa. Una coscienza che non solo non banalizzi il sentimento della vita che attraversa il nostro tempo, ma che lo innalzi a valore resistenziale. Darsi tempo, questo è anche ciò che l’Arte riesce a lasciare alla collettività, un tempo a suo modo sacro, in senso laico e allo stesso tempo legato all’originario, all’universale, a ciò che siamo nella nostra essenza. – Cinque alberi, simbolo universale di energia vitale, hanno base curvilinea, simbolo di possibilità di assestamento e di equilibrio, realizzati anch’essi con alluminio riflettente fronte e retro (di h. 50 cm.), posti perpendicolarmente, “piantati” nel prato, in incavi intesi come piccole feritoie della e nella terra, rimandando ad antenne di connessione tra territorio e cielo.

 

La mostra, visitabile fino al 31 ottobre 2019, gode del Patrocinio del Comune di Montenero Val Cocchiara, della Regione Molise, del Matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee di Napoli, ed è organizzata con il sostegno di Val Cocchiara Retreat di Montenero Val Cocchiara, Country House incastonata tra le meravigliose montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Le opere sono realizzate grazie al supporto tecnico di IO PRINTO, tecnologie  del digitale.

Subito dopo l’inaugurazione (alle ore 20.00) sarà possibile partecipare al Castello Film Festival al Cinema Italia di Castel di Sangro. Per chi volesse il Festival sarà inaugurato giovedì 26 e proseguirà fino a sabato 28 settembre.

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