Le Gallerie Nazionali di Arte Antica hanno presentato nella sede di Galleria Corsini di Roma, la mostra “Rembrandt alla Galleria Corsini: l’Autoritratto come San Paolo”, a cura di Alessandro Cosma, fino al 15 giugno 2020. Proveniente dal Rijksmuseum di Amsterdam è esposto, per la prima volta in Italia dopo il 1799, lo straordinario autoritratto di Rembrandt, firmato e datato 1661, che nel Settecento faceva parte della collezione Corsini e collocato nelle sale del palazzo alla Lungara. L’opera fu acquistata tra il 1737 e il 1739 dal cardinal Neri Maria Corsini per 100 scudi da Marie-Thérèse Gosset, vedova di Nicolas Vleughels, direttore dell’Accademia di Francia a Roma.
Una recente riscoperta documentaria ha chiarito che l’opera fu protagonista di un episodio emblematico della dispersione di opere d’arte durante l’occupazione francese del 1799. In quell’anno la famiglia Corsini fu costretta a far fronte alle contribuzioni forzate imposte dal governo francese alle nobili famiglie romane. In assenza del principe Tommaso, allora in Sicilia, il “maestro di casa” dei Corsini, Ludovico Radice, organizzò la vendita di 25 dipinti della collezione al noto mercante d’arte Luigi Mirri, che immediatamente ne rivendette una parte all’inglese William Ottley. Le opere vendute in quell’occasione includevano capolavori come la “Visione di Sant’Agostino” di Garofalo, oggi alla National Gallery di Londra, il “Sacrificio di Noè” attribuito a Poussin, oggi a Tatton Park, e l’”Autoritratto” di Rembrandt che passò di mano in mano tra i principali mercanti inglesi attivi a Roma, da William Ottley a Robert Fagan, da James Irvine a William Buchanan. Nel 1807 quest’ultimo lo portò in Inghilterra e, dopo numerosi passaggi collezionistici, il dipinto giunse infine al Rijksmuseum di Amsterdam.
Nel 1800, con la fine della Repubblica Romana, il Principe Tommaso iniziò una causa con Mirri e Ottley per fermare l’esportazione dei dipinti, ma riuscì a riprendere solo alcuni dei dipinti venduti che ancora oggi sono esposti nella galleria: la “Sacra Famiglia” di Garofalo, la “Madonna del latte” di Murillo, il “Ritratto del cardinale Giacomo Savelli” di Scipione Pulzone, il “Ritratto di Giulio II” allora attribuito a Raffaello, la “Salomè con la testa del Battista” di Guido Reni, i “Cacciatori a cavallo” di Philips Wouverman. La mostra riporta quindi il famoso dipinto di Rembrandt alla Galleria Corsini, ancora oggi allestita seguendo la disposizione voluta nel Settecento da Neri Maria Corsini. La ricostruzione della dispersione dei quadri è resa possibile grazie ai documenti originali, oggi conservati presso l’Archivio Corsini di San Casciano in Val di Pesa: lettere, stime e atti processuali, permettono di raccontare al pubblico uno dei momenti più critici e difficili per il patrimonio culturale italiano. Una selezione delle stampe originali di Rembrandt, costituisce inoltre l’occasione per ricostruire l’apprezzamento che la famiglia Corsini aveva nei confronti dell’artista olandese, di cui possedevano oltre 200 stampe conservate allora nella biblioteca del palazzo alla Lungara, aperta al pubblico e agli studiosi fin dal 1754, e oggi conservate all’Istituto centrale per la grafica.
“Lettera di Ludovico Radice”
Rembrandt era famoso in Italia in particolare per le stampe, mentre di dipinti, ne sono documentati davvero pochi. L’artista di Leida fu uno straordinario incisore, capace di portare a esiti eccezionali la tecnica dell’acquaforte, ossia l’utilizzo di acidi per incidere la lastra. Lo testimoniano le opere in mostra, che illustrano molti degli ambiti indagati dall’artista, sia dal punto di vista dei soggetti che delle tecniche usate. A partire dall’eccezionale resa atmosferica dei “Tre alberi” del 1643, incisione “di paesaggio”, in cui le morsure all’acquaforte si affiancano ai violenti tratti a puntasecca usati per le raffiche di pioggia.
“Tre alberi”- Rembrandt
Le tematiche religiose sono rappresentate dall’imponenza e dalla solennità dell’”Ecce Homo” e della “Morte della Vergine”, originalissima anche per le scelte iconografiche, dalla vivacità narrativa della parabola del “Buon Samaritano”, e dall’accurata perizia tecnica della famosa “Stampa dei cento fiorini”, cosiddetta per il prezzo esorbitante richiesto dall’artista. Se “La grande sposa ebrea” documenta l’interesse del pittore per il mondo ebraico, i ritratti mostrano uno spaccato della società contemporanea, dall’esattore delle tasse “Jan Uytenbogaert”, al mercante di stampe “Clement de Jonghe”, fino all’orafo “Jan Lutma”. La serie degli “Autoritratti”, infine, offre un esempio significativo di quella strategia di autopromozione della propria immagine, sia nell’opera grafica che nei dipinti, che nel corso dei decenni impegnò costantemente il pittore.
“Ecce homo”- Rembrandt
L’AUTORITRATTO COME SAN PAOLO
Firmato e datato 1661, il quadro testimonia la straordinaria qualità “materica” che caratterizza la tarda produzione di Rembrandt. Lunghe e dense pennellate di colore sovrapposte evocano l’avvolgersi del turbante, mentre tocchi più brevi di toni color carne conferiscono spessore e vivacità al volto. Un effetto accentuato dal contrasto con la più veloce e quasi sommaria realizzazione dell’abito e del mantello.
L’opera raffigura il pittore nelle vesti dell’apostolo Paolo, identificato dalla spada, strumento del suo martirio, e dal volume delle epistole. Il restauro ha inoltre rivelato una finestra con sbarre sullo sfondo a destra, probabile riferimento a una delle tante prigionie dell’apostolo. Nonostante Rembrandt abbia realizzato oltre ottanta autoritratti tra dipinti, disegni e incisioni, questo costituisce l’unico esempio in veste di figura biblica. Purtroppo, non se ne conosce l’originaria destinazione. La prima citazione è del 1696 quando compare a Parigi nell’inventario postumo di Everhard Jabach (1618-1695), banchiere e collezionista, dove era indicato al numero 123, lo stesso che compare sul retro del quadro. Non sappiamo se sia stato lui il committente dell’opera o se l’abbia acquistata successivamente, ma per Jabach, di fede protestante, l’importanza del dipinto doveva risiedere non solo nell’autore, ma anche nella scelta di Paolo, punto di riferimento del pensiero teologico riformato. Un interesse condiviso evidentemente da Rembrandt che presta il viso all’apostolo suggerendo anche allo spettatore di immedesimarsi nel suo modello: «siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo» (1 Cor, 1, 11).
Dopo la morte di Jabach, il quadro arriva al pittore francese Nicolas Vleughels (1668-1737), divenuto nel 1725 direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Proprio dalla vedova del pittore, Marie-Thérèse Gosset (1703-1756), lo compra il cardinal Neri Maria Corsini che lo espone nella “Galleria dei quadri”, la stanza principale del suo nuovo appartamento, dove è ammirato da numerosi viaggiatori.
Con l’avvento della Repubblica Romana e le contribuzioni forzate imposte alla famiglia, il 22 maggio 1799 il dipinto viene venduto al mercante Luigi Mirri. Passa così velocemente nelle mani dei principali mercanti inglesi attivi a Roma, finché, come ricorda un’etichetta sul telaio, William Buchanan (1777-1864) non lo porta in Inghilterra nel 1807. Giunto a Londra, il 24 maggio 1808 il quadro è acquistato da Charles Kinnaird (1780-1826). Nel 1936 entra nella collezione dei coniugi de Bruijn che nel 1960 lo lasciano al Rijksmuseum di Amsterdam, dove ancora oggi testimonia l’eccezionale modernità della pittura di Rembrandt.
“Autoritratto come San Paolo”- Rembrandt
“SE LEI NON INTERVIENE NON SO COME PAGAR LA TASSA”
28 dicembre 1797. Il generale francese Mathieu-Leonard Duphot (1769-1797) viene ucciso in un tumulto proprio davanti a palazzo Corsini, allora sede dell’ambasciata francese a Roma. L’episodio porta in poco tempo all’occupazione della città da parte delle truppe francesi e all’instaurazione della Repubblica Romana il 15 febbraio 1798. Si trattò di un momento di grande fermento politico e culturale, ma allo stesso tempo drammatico per il patrimonio artistico. L’abolizione del fedecommesso, istituto giuridico volto alla preservazione del patrimonio ereditario, unito alle gravose tasse imposte alle famiglie nobili portarono alla vendita di un gran numero di opere d’arte, preda dei tanti mercanti stranieri allora attivi nell’Urbe.
“Ritratto di Tommaso Corsini”- Benvenuti
In questo contesto, la situazione della famiglia Corsini è resa ancora più difficile dall’assenza del principe Tommaso (1767-1856) e di suo fratello Neri (1771-1845). Il maestro di casa, Ludovico Radice, costretto a trattare il pagamento con i francesi, viene minacciato più volte e addirittura arrestato. Il 14 febbraio 1799 propone quindi al principe di vendere una parte dei quadri, suscitando però le ire di Tommaso: «non intendo assolutamente approvare in verun conto il progetto fattomi». Ciononostante, Radice si accorda con il mercante romano Luigi Mirri, che si offre di aiutarlo con le cambiali e che il 22 maggio acquista ben 25 quadri della collezione, valutati oltre 6000 scudi, pagandone solo 3500. Con la fine della Repubblica Romana, il principe Tommaso, venuto a conoscenza dell’accaduto, prova a fermare l’esportazione dei dipinti e avvia una causa contro Mirri e l’inglese William Young Ottley (1771-1836) che, nel frattempo, aveva acquistato parte delle opere. L’accordo raggiunto il 22 gennaio 1800 permette a Tommaso di ricomprare da Mirri i dipinti ancora in suo possesso, tra cui la “Salomè” di Guido Reni, la “Madonna” di Murillo, e il “Ritratto di Giulio II” allora attribuito a Raffaello – ancora oggi esposte in galleria –. Purtroppo erano invece già partiti per Londra capolavori come la “Visione di Sant’Agostino” di Garofalo o il “Sacrificio di Noè” attribuito a Poussin. Tra le opere vendute a Mirri figura anche l’”Autoritratto” di Rembrandt che, fin da subito, dovette attirare l’attenzione dei collezionisti, anche grazie all’incisione realizzata da Giuseppe Longhi proprio nel 1799. Passò infatti in pochi anni nelle mani dei principali mercanti inglesi attivi a Roma, da Ottley a Robert Fagan (1761-1816), da James Irvine (1757-1831) a William Buchanan che lo portò in Inghilterra nel 1807. Il nuovo proprietario del dipinto, Charles Kinnaird, fa quindi realizzare una nuova incisione dell’opera, eseguita a mezzatinta da Charles Turner nel 1809 e pubblicata nel catalogo dei capolavori della sua collezione.
“Autoritratto di Rembrandt come San Paolo”- Charles Turner.