Secondo uno studio condotto qualche anno fa dal direttore del “Canine Science Collaboratory”, Clive Wynne, dell’Università dell’Arizona si.
Infatti negli animali che hanno vissuto una “coevoluzione” con l’uomo, e quindi sono stati “addomesticati” da più tempo si è creato un rapporto basato sull’accudimento e dalla nostra necessità e dipendenza del “prenderci cura”.
Secondo Wynne però, non si tratta di una relazione “parassitistica” univoca, ma più “simbiotica”di reciproche cure ed affetto, un soddisfacimento emotivo paragonabile a quello che si potrebbe avere con il partner ideale.
Oggi non possiamo dire, infatti, di amare gli animali perchè proteggono la “tana” o perchè necessari nella “caccia”, ed è proprio per questo che secondo lo studioso gli animali hanno perduto quello che era il loro ruolo meramente “utilitaristico” per ricoprire un ruolo “affettivo” sociale e biologico da attribuire principalmente anche ad alcune caratteristiche “neoteniche” proprie delle specie che maggiormente popolano le nostre case.
Altro studio determinante e validante la tesi che l’amore tra noi ed i nostri pet è ricambiato è quello condotto in Finlandia nell’Università di Helsinki dal Prof. Outi Vainio basato sui cani che monitora il rilascio di ossitocina durante l’amorevole sguardo cane-padrone, simile a quello tra madre e figlio.
L’essere umano è una macchina perfettamente programmata ad amare e, con l’animale, essere privo di tabù e sovrastrutture, questo avviene in tempistiche velocissime.
Importante e fondamentale è però che, questo incondizionato amore, non vada a sostituire le relazioni con gli altri esseri umani, ma che risulti un valore aggiunto ed arricchente nelle nostre vite.
Non difficilmente questo tipo di amore “tossico” e “morboso” potrebbe sfociare in serie psico-patologie e soprattutto fare solo il male degli animali.