Nelle ultime settimane le bacheche di Facebook sono invase dai messaggi di due app che stanno imperversando tra i giovanissimi. Le due applicazioni Sarahah e ThisCrush , così come diverse altre che non stanno avendo la stessa fortuna mediatica, sono figlie di Ask.fm un social network nato nel 2010 basato sulle interazioni domande/risposte che scaturiscono tra i profili registrati e domande poste in forma rigorosamente anonima. Questo tipo di meccanismo ha posto nel corso degli anni Ask.fm al centro di una serie infinita di polemiche.
Il sito è stato accusato, a torto o ragione, di diffondere il cyberbullismo, l’ autolesionismo e non pochi sono stati gli episodi di suicidi (anche in Italia) legati al social network creato in Lettonia. Come ciliegina sulla torta recentemente il prestigioso Washington Post ha pubblicato un articolo dove si afferma che la piattaforma è usata dallo Stato Islamico (ISIS) per reclutare Foreign Fighters (combattenti stranieri n.d.r.) per combattere in Siria.
Ask.fm per una serie di complessi fattori è caduto in disgrazia perdendo nel corso degli ultimi anni una buona parte dell’utenza attiva. Ma, così come l’energia, su internet nulla si distrugge, ma si trasforma in qualcosa di diverso. Sarahah e ThisCrush hanno delle dinamiche pressoché identiche ad Ask.fm e nelle ultime settimane stanno letteralmente facendo esplodere le bacheche di Facebook e i profili Instagram.
ThisCrush si è diffuso in Italia da inizio luglio, originariamente è nato per confessare la propria “cotta”(“crush” appunto) in modo anonimo, a differenza di Ask.fm, dove una domanda viene visualizzata solo nel momento in cui chi la riceve decide di rispondere, su ThisCrush la domanda appare subito, senza la possibilità di essere filtrata.
Sarahah (“onestà/franchezza” in arabo) è un’app che permette l’invio di messaggi anonimi senza diritto di replica e senza la possibilità di essere rintracciati dal destinatario. L’idea originaria del suo sviluppatore, il saudita ventinovenne Zain al Abidin Tawfiq, era quella di permettere ai dipendenti delle aziende di mandare messaggi sinceri ai propri datori di lavoro senza per questo essere oggetto di ritorsioni.
E’ facile immaginare che l’anonimato dei messaggi sta esaltando i soliti “Leoni da tastiera”, cyberbulli e molestatori della rete che attratti dalla viralità delle nuove piattaforme stanno dando, come al solito, il peggio di loro stessi. D’altro canto anche i media nazionali stanno dando, come al solito, il peggio di loro stessi parlando della nuova moda di farsi “offendere sui social network”, sguinzagliando i soliti psicologi, esperti, guru e naturalmente associazioni di genitori, per non parlare della superficialità con cui sono scritti i primi articoli che girano sulla rete.
È altresì vero che mentre la maggior parte dei ragazzi sono sufficientemente “corazzati” e smaliziati per affrontare domande “scomode”, una piccola parte è certamente “a rischio”, ma cosa si può fare? Sicuramente i genitori dovrebbero fare la loro parte, dato che sono la prima generazione “informatizzata” della storia, cresciuti a differenza dei loro padri con i computer e i videogiochi. Ma il mondo dei giovanissimi è, come tutte le generazioni che le hanno precedute, “chiuse a riccio”, poco disposti ad interagire con il mondo degli adulti e dei genitori in particolare. Ovviamente in questo articolo nessuno si azzarda a cercare delle soluzioni, c’è sicuramente più titolata che lo fa, ma visti i risultati, lo fa piuttosto male.