Il 22 ottobre scorso, la ministra della Cultura francese, Roselyne Bachelot, ha annunciato lo stanziamento di una serie di misure economiche a favore di aziende appartenenti al settore culturale. Per evitarne il collasso, il suo ministero erogherà 115 milioni di euro a sostegno della filiera: 30 milioni per il cinema, 10 milioni per artisti e tecnici del settore e 85 milioni per sostenere gli spettacoli dal vivo. Proporrà inoltre al Parlamento di esonerare tutti i gestori di attività inerenti alla cultura dal pagamento delle tasse del primo semestre 2021. La Ministra ha garantito poi che le riprese dei film e delle serie, la produzione di opere teatrali e musicali destinate alla diffusione televisiva e la preparazione delle mostre non subiranno alcuna interruzione.
Fin qui tutto bene. Apparentemente. Poiché, da questo quadro parzialmente rassicurante, c’è un grande escluso: le discoteche. È ciò che lamenta il DJ Laurent Garnier in un contesto in cui il Sindacato Nazionale delle Discoteche e dei Luoghi di Piacere ha già annunciato la chiusura definitiva di oltre 300 strutture dedicate allo svago notturno. Così, il 26 ottobre 2020, il pioniere della French Touch pubblica sulla sua pagina Facebook e sul suo sito Internet una missiva polemica diretta proprio alla Ministra della Cultura.
Prima di riportarne la traduzione integrale, è bene ricordare che Parigi sta cercando di sedare il divertissement notturno da prima dell’emergenza sanitaria. Il simbolo di questa inversione di rotta rispetto agli anni in cui la Ville Lumière si poneva come promotrice del Disco Lifestyle, è la serrata della Concrète, l’unico locale di Parigi a ospitare gli amanti della notte anche di giorno. Il 22 luglio 2019, dopo otto anni di onorato servizio, una serata lunga tre giorni, dal venerdì al lunedì mattina, concludeva la parabola del night club parigino che faceva invidia alla movida berlinese. Dopo questo “Grand Closing”, il peniche-club ammarato al Quai de la Rapée ritirava per sempre il barcarizzo che consentiva l’accesso dal molo.
Qui, nel settembre 2018, si esibiva per l’ultima volta Laurent Garnier. Era un ragazzino quando, nel suo appartamento londinese, ascoltava la musica House che lentamente stava emigrando da Chicago verso l’Europa. Gli stabs vocali, l’effetto “filtro”, i ritmi logorroici ottenuti dal campionamento degli intramontabili del Soul e della Funk degli anni ’70 e ’80 offrivano una musicalità del tutto inedita che stimolava l’udito dei giovani. Tuttavia, i rumori densi sprigionati dalle feste nate in nome della House Music e la presunta circolazione di stupefacenti destavano la contrarietà dell’allora primo ministro Margaret Thatcher: “ Se si tratta di una nuova moda – diceva – dobbiamo prepararci e impedire a una cosa del genere di cominciare”. La House resisterà alle limitazioni imposte dal governo inglese. Continuerà a vivere nel buio di eventi illegali, di rave party di cui sarà la protagonista indiscussa.
Cresciuto in questo contesto, Laurent Garnier fa ritorno in Francia con il preciso intento di promuovere serate all’insegna di quei ritmi proibiti. Fonda, con Éric Morand, l’etichetta F. Com. Sarà quest’ultimo a inventare, nel 1994, lo slogan simbolo di un’epoca: sul retro del suo giaccone svetta la scritta « We give a french touch to house », « Diamo un tocco francese alla musica house». Il fotografo Jean-Claude Lagrèze ne coglie il potenziale comunicativo e dà vita a una serie di eventi musicali chiamati “French Touch”, destinati a entrare nella storia. La discoteca “Le Palace” diventa il tempio di queste nuove armonie profetizzate da Laurent Garnier ed alcuni altri esponenti del movimento.
È in nome di questa subcultura, dall’innegabile rilievo sociale e artistico, che Laurent Garnier si esprime nella lettera del 26 ottobre rivolta alla ministra Roselyne Bachelot. Restituiamo di seguito la traduzione di questo manifesto in difesa di una cultura, quella delle discoteche e dei suoi operatori, che è sì popolare, ma non per questo meno specializzata:
«Cara Ministra della Cultura,
è strano, ma alla fine del suo discorso del 22 ottobre, sul canale France 2, ho avuto la spiacevole impressione di non essere coinvolto dalla sua dichiarazione.
Dopo il suo intervento, non essendo un grande esperto del linguaggio politico, ho domandato candidamente a mia moglie se pensasse che “il mondo della notte” potesse essere incluso in quello che Lei chiama “il settore dello spettacolo dal vivo”. Dopo tutto, quando sono sul palco, dietro la consolle, ho l’impressione di esibirmi anche io, al pari di un attore, di un musicista o di un ballerino, in una prestazione dal vivo. Eppure la smorfia dubitativa che ho ricevuto come risposta non ha alleviato le mie paure. Quindi, per averne certezza, ho subito chiamato un amico (del mestiere) per porgli questa semplice domanda: “Rassicurami V., quando la nostra Ministra parla del settore dello spettacolo dal vivo, parla anche di noi, vero?”
Prima di rispondermi, la mia domanda ha suscitato la sua ilarità (cosa che non lasciava presagire nulla di buono): “Ah no Laurent, noi da ora in poi facciamo parte del settore dello spettacolo morto… Roselyne l’ha annunciato più volte, il mondo della notte non dipende da Lei ma dal ministero degli Interni!”.
All’inizio ho pensato che si trattasse di uno scherzo (V. può rivelarsi un gran burlone), ma poi ho capito che dietro la sua risposta cinicamente spiritosa, V. non raccontava scempiaggini.
È strano perché in quanto Ufficiale delle Arti e delle Lettere, in quanto Cavaliere dell’Ordine nazionale della Legion d’onore ( conferitomi da un ex-ministro della cultura, che ha compreso molto tempo addietro il ruolo eminente della notte nel vasto spazio della cultura e della creazione) e in quanto DJ giramondo ( come altri artisti nel nostro paese, da 30 anni ho fatto indirettamente splendere la Francia all’estero) pensavo stupidamente che le cose si fossero evolute e che con i miei amici DJ avessimo guadagnato un certo statuto, un biglietto di accesso al “mondo della cultura”. Purtroppo, sono costretto a constatare che non è così.
In occasione della sua ultima allocuzione, ha parlato della grande sofferenza del mondo del cinema e dello spettacolo dal vivo. In effetti, questi settori (come tanti altri) soffrono terribilmente dall’inizio della crisi sanitaria. Tuttavia, i cinema, i teatri e alcune sale da concerto, fortunatamente per loro, hanno comunque potuto riaprire nonostante un protocollo sanitario complesso.
Si fa oggi un gran parlare della rabbia dei ristoratori e dei baristi dovuta al coprifuoco. Tuttavia, anche in questa occasione, nonostante sia drammatico costatare che tutto gira a rilento e in maniera costipata, hanno comunque avuto qualche possibilità di riapertura.
Invece, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che il mondo della notte e dei clubs (di cui faccio intrinsecamente parte) è completamente fermo dall’inizio di marzo. Per noi la festa è finita, da otto lunghi mesi ormai.
Lei sa bene che, al pari dei teatri, dei cinema e dei locali di pubblico spettacolo, i clubs devono contare sulla stessa pleiade di personale che viene impiegata in tutti gli altri contesti culturali: al bar, in sala, in cassa, al guardaroba, alle pulizie. Ma penso anche ai gestori, agli addetti alla sicurezza, agli intermittenti, al personale tecnico, ai tecnici delle luci, ai VJ, ai promotori, ai bookers, alle etichette, ai grafici, agli stampatori… senza dimenticare l’impatto economico indiretto (che riguarda i fornitori, la ristorazione, l’hôtellerie, i trasporti, etc…). La lista è lunga, ma soprattutto molto simile a quella che si potrebbe attribuire a uno spettacolo dal vivo.
Su France 2, Lei ha annunciato le cifre relative agli aiuti per i settori del cinema e dello spettacolo dal vivo. Non riesco a comprendere la ripartizione di questi mezzi, distribuiti con un disequilibrio fragrante tra il patrimonio e la cultura attuale, tra Parigi e le altre regioni, tra la cultura classica e quella emergente, tra le “grandi aziende della capitale” e la rete territoriale dei lavoratori indipendenti… Ma una cosa è certa : ancora una volta, e ormai da troppi mesi, lo spazio culturale della notte è completamente ignorato.
L’evidente mancanza di considerazione, l’ignoranza emanata dal vostro Ministero verso i settori della notte e dei clubs è interpretata da molti di noi come una forma di sprezzo incomprensibile. Poiché, che lo vogliate oppure no, i clubs e i luoghi della cultura notturna erano (quando erano aperti) dei calderoni di creatività, d’immaginazioni e di condivisione.
Quando si è insediata, signora Ministra, ero sinceramente fiducioso, impaziente ma certo che ci avrebbe rappresentato al pari di tutti gli altri artisti e che avrebbe accordato un minimo di considerazione al nostro settore. Ammetto che oggi, non sapendo più se sono “un artista dello spettacolo morto”, “un’artista degli interni” o se non “sono proprio più un artista”, comincio ad avere seri dubbi in merito.
Cordialmente,
Laurent Garnier»