Vi racconto di Mario.
Mario è un uomo come tanti. Mario abbraccia il destino da lui scelto così come si presenta, lui ama gli estremi con annessi e connessi. La chiamata di Dio bussa un giorno alla sua porta e lui apre il suo cuore.
Poi il destino cambia e lui abbraccia un’altra fede più terrena e materiale diventando uno schiavo con contratto BDSM. A Mario piace la scelta definitiva, dove c’è sempre un rituale da seguire. Vi sembrerà impossibile far coincidere la religione con il BDSM? Forse su carta, ma leggendo la sua intervista vi accorgerete invece che ciò è possibile se si è sinceri con se stessi. Onore al merito per chi ha il coraggio di cambiare la sua vita più volte. Spiritualità e piacere sessuale. Forse è questa la chiave della felicità? L’una non nega l’altra ma combaciano.
Forza caratteriale, ostinata determinazione verso percorsi che marchiano ancora, e da cui non si esce. Tante lettere scarlatte che formano la parola libertà.
PRIMA PARTE (n.d.r) L’intervista è stata approvata dal Padrone
La tua storia personale è molto forte. Raccontami per sommi capi come sei arrivato dal sacerdozio al contratto BDSM
Innanzitutto premetto che fin dalle elementari sono stato attratto dalla schiavitù. Nel 1978 venne trasmessa per la prima volta in Italia la miniserie televisiva “Radici”, basata sul romanzo omonimo di Alex Haley, che raccontava la storia della famiglia africana dei Kinte, il cui ultimo rampollo – Kunta – viene catturato ad appena 17 anni dagli schiavisti inglesi nel Gambia del XVIII sec. e condotto nella colonia britannica del Maryland e poi nelle piantagioni della Virginia. Ricordo ancora oggi molto vividamente che, quando Kunta Kinte veniva legato e frustato a sangue, io mi eccitavo moltissimo, sognando di essere al suo posto. E avevo solo 7 anni! Aggiungo anche che, con alcuni amici, già praticavo del fetish: leccavo spesso loro i piedi per gioco.
A 15 anni, poi, sono entrato, in seminario e ho iniziato il percorso per diventare sacerdote. Un cammino lungo e travagliato, perché non ho mai nascosto la mia omosessualità; questo mi ha creato non pochi problemi e mi ha costretto a passare da un seminario all’altro e, alla fine, anche trasferirmi in Sardegna per riuscire ad essere ordinato sacerdote. Durante quegli anni ho leccato di nascosto i piedi a diversi miei compagni, durante la notte, non lo nascondo. Ma oltre a quello non sono mai andato. Una volta ordinato prete (16 novembre 2002), ho iniziato a guardarmi in giro, per cercare qualche avventura un po’ più spinta. Ma, ai tempi, in Sardegna non si trovava praticamente nulla di serio. Solo dopo un paio di anni di ricerca incontrai un master che viveva ad Olbia (dal lato opposto rispetto a dove io esercitavo il mio sacerdozio nell’isola); e, causa la distanza, ci siamo visti due/tre volte al massimo. Quella è stata la mia prima vera esperienza BDSM. E, devo dire, che è stata molto intrigante.
Anche a seguito di queste esperienze, ho iniziato a ripensare al mio sacerdozio; o meglio a interrogarmi sulla mia appartenenza ad un sistema omofobo, quale è la Chiesa Cattolica. Inoltre (e non secondariamente) sentivo sempre più forte un bisogno personale di autenticità e integrità: volevo poter vivere fino in fondo la mia identità di genere e il mio orientamento sessuale (con tutte le sue sfumature fetish e BDSM). E, benché non avessi mai nascosto la mia omosessualità, sentivo anche il bisogno di onestà e trasparenza verso le persone: non ritenevo corretto né responsabile, come fanno molti preti, fingere o vivere doppie vite. Volevo essere me stesso fino in fondo alla luce del sole. Nel 2005 il Vaticano e il Vescovo della diocesi in cui mi trovavo hanno avviato un processo canonico contro di me, che, da una parte ha accelerato i tempi, dall’altra, ha creato grande clamore tra la gente prima e sui media poi. A diverse riprese. Perché, in Sardegna, per tacitare la gente sono stato allontanato dal Vescovo con la scusa che andavo “in Continente” a studiare. Ma la gente, che non è stupida come la Chiesa crede, ha fatto parecchio casino affinché il Vescovo cambiasse idea. Ma non è servito a nulla. Negli anni, quindi, mi sono inserito nella diocesi di Milano, ricevendo un incarico come collaboratore in un insieme di parrocchie della Brianza. Poi, però, nel 2012 il mio “caso” è riesploso in modo ancora più violento di prima… accelerando, così, la mia decisione di voler uscire definitivamente dalla Chiesa Cattolica. Da lì in poi mi sono sentito libero di vivere appieno la mia sessualità e determinato a seguire fino in fondo le mie inclinazioni fetish e BDSM.
Durante il sacerdozio hai praticato il BDSM?
Come ho detto sopra, mentre ero prete ho conosciuto solo un master ad Olbia e ho avuto pochissime esperienze con lui, anche se molto intense. Incontri che mi hanno confermato nel mio desiderio di coltivare una relazione BDSM fissa e vivere come slave h24. Ma al di fuori di questa esperienza, ho solo avuto alcuni incontri sessuali più o meno spinti, mentre ero sacerdote. Ma nulla di più. E niente di serio.
Cos’è per te il peccato?
Per me il peccato è una azione che arreca danno e malessere a sé e/o ad altri. Come indica l’etimologia stessa della parola, peccare significa mancare lo scopo (aggiungo io: della propria esistenza). Tradotto in termini correnti: significa non essere sé stessi. Quindi, per me, per esempio, peccare è stato non vivere secondo la mia identità di slave, ma costringermi per anni dentro un modello relazionale di coppia standard socialmente accettabile.
Come sei venuto in contatto con la MCC?
Ho conosciuto la Metropolitan Community Churches (MCC) nel 2013, grazie ad un ragazzo di Varese con cui ero in contatto su Facebook, il quale, appena rientrato da un incontro mondiale della MCC, entusiasta dell’esperienza, me ne parlò con grande enfasi, dicendomi che dovevo conoscerla e insieme dovevamo assolutamente portarla anche in Italia (ai tempi non esisteva nessuna comunità MCC qui da noi). Così ho iniziato a informarmi, cercando su internet, visitando il loro sito (www.mccchurch.org); poi ho preso contatti direttamente con loro. E a settembre del 2014, insieme a questo ragazzo, ho partecipato ad un incontro europeo a Stoccarda. È stata un’esperienza fondamentale per me, perché, per la prima volta in vita mia, ho incontrato una chiesa veramente inclusiva, dove davvero chiunque è accolto così com’è e dove i valori cardine scritti nel sito sono veramente messi in pratica in ogni azione, non solo predicati a parole. Ho anche sondato pian piano il terreno in riferimento al mio essere slave e praticare il BDSM; e, con mia grande sorpresa, mi è sempre tornato indietro un grande entusiasmo da parte della MCC e incoraggiamento ad andare avanti in questa mia strada. Anche per questo ho, quindi, deciso di intraprendere il cammino per diventare pastore nella MCC e aprire una comunità MCC anche in Italia (www.mccilcerchio.it).
Che tipo di educazione hai ricevuto?
Oltre agli studi teologici che già avevo frequentato nella chiesa cattolica (e che mi sono stati riconosciuti dalla MCC), mi è stata chiesta una integrazione della mia formazione con tre corsi online: uno sulla teologia Queer, uno sulla sessualità (e su come gestirla in modo sano e aperto insieme nelle nostre comunità MCC) e un altro sulla nascita, gli sviluppi e l’organizzazione della MCC. Oltre a questo sono stato affiancato da un pastore MCC in un cammino di “apprendistato” durato circa un anno e mezzo e ho partecipato a diversi incontri europei e mondiali della Chiesa. Dopo 5 anni, al termine di un colloquio finale, sono stato ammesso e ordinato ufficialmente pastore MCC il 4 luglio dello scorso anno in Florida.
Come detto hai un contratto BDSM, chi lo ha redatto e che clausole contiene?
Dopo diversi anni di incontri con persone più o meno dominanti, finalmente ho trovato un Master pienamente in linea con il mio sentire e il desiderio di schiavitù totale e continuativa. Quindi, dopo un lungo periodo di reciproca conoscenza e sempre più assidua frequentazione, nel 2015 siamo giunti alla decisione di iniziare ufficialmente e con determinazione un rapporto BDSM a tutti gli effetti. Così io ho redatto una prima bozza di Contratto di schiavitù, che ho sottoposto al mio Master. E, dopo alcune sue integrazioni, il 1° dicembre 2015 l’ho firmato e gliel’ho consegnato ritualmente, sancendo così l’inizio vero e proprio della mia schiavitù sotto di Lui. Il Contratto è un atto di totale donazione di tutto me stesso al Master per il suo godimento e divertimento, in schiavitù volontaria, informata e consensuale, nel rispetto della regola base del BDSM “SSC” (Sano, Sicuro, Consensuale) nonché della reciproca real life. Questo significa che, da una parte, il Master, sebbene abbia tra le sue mani la persona e vita dello schiavo, si impegna a prendersene cura, essendo responsabile e garante unico della salute psicofisica del suo schiavo; dall’altra, che nessuno dei due (né lo schiavo né il Master) interferiscono nella vita privata, lavorativa, familiare e amicale altrui.
FINE PRIMA PARTE