Gli psicologi e gli psichiatri avevano lanciato l’allarme di un potenziale aumento di malessere tra i più giovani in conseguenza o in concomitanza della pandemia e delle sue restrizioni.
Dati alla mano, da inizio pandemia ad oggi, i suicidi sono aumentati percentualmente e coprono tutte le fasce di età (senza considerare la conta delle mille sfaccettature del malessere dell’anima con ansia, depressione, disturbi alimentari e forme svariate di dipendenza da droghe e alcolici in considerevole aumento anche prematuramente nei ragazzini).
I giovanissimi che restano i più colpiti da questa forma di disagio esistenziale tanto grave da spingerli a rinunciare a vivere, sono sempre più esposti sia per le follie del web e le persecuzioni/vessazioni dei coetanei sia per un crescendo male di vivere aggravato dall’avvento del covid.
Ma l’allarme riguarda anche gli adulti, molti imprenditori o cittadini finiti nel tunnel delle difficoltà economiche a causa delle chiusure e delle restrizioni dell’ultimo anno hanno, in modo così tragico, deciso di togliersi la vita.
La crisi economica si è trasformata, laddove i sussidi si sono rivelati insufficienti e irrisori in un vero e proprio boomerang sociale con perdita di vite umane e tragedie familiari ad esse correlate.
Per gli infratrentenni gli esperti parlano di un fenomeno noto come “sindemia” ovvero “l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata”.
La pandemia non è stata, dunque, la sola ad esercitare il suo raggio di azione distruttivo nelle vite di milioni di persone nel mondo ma ha innescato, con le sue conseguenze sul sistema sanitario e nel settore economico, altre patologie sanitarie ed emozionali con un forte impatto di natura sociale, ambientale e relazionale.
E i dati purtroppo confermano questo trend drammatico con fin troppi casi di suicidio dall’inizio dell’anno da Nord a Sud del bel paese che si aggirano intorno ai 30o nei soli primi mesi dell’anno.
Non da ultimo, il giovane di Torre Del Greco che appena 25enne ha deciso di togliersi la vita all’università Federico II, facoltà di Lettere, lanciandosi pochi giorni fa dalle finestre dell’edificio per non aver dato sufficienti esami e aver mentito alla famiglia sul conseguimento della laurea proprio nel giorno della sua morte.
Un ragazzo solare e sorridente che ha saputo celare il suo disagio esistenziale e si è risoluto per una decisione drammatica non avendo accanto nessuno che riuscisse a intercettarne in tempo il malessere proprio perché la pandemia ha agito in modo subdolo sulle fragilità, ha aggravato la sensazione di ansia, paura, solitudine e forse ha privato i ragazzi delle benché minime sicurezze e ancore affettive.
Di qui la conversione della pandemia in sindemia laddove la problematica sanitaria sussistente assorbe e aggrava patologie non necessariamente sanitarie, ma anche di altra natura: sociale, economica, psicologica, esistenziale, che incidono sui modelli di vita e penalizzano soprattutto le persone che non hanno la forza il coraggio o gli strumenti per chiedere un aiuto o un supporto.
L’isolamento da Covid ha generato nelle nuove generazioni una esplosione di malessere e ingingantito problemi legati al disagio adolescenziale e della crescita che si risolvono spesso grazie all’assidua vicinanza dei pari con condivisione di spazi e tempi, di stili di vita e convivialita’, di spensieratezza e incanto, tipici di certe età sognanti e coraggiose, pronte a lottare per i loro ideali e le loro libertà, stroncate dalla pandemia in entusiasmi e slanci di vita.
Per di più, allo stato, i ragazzi sono il veicolo maggiore del virus essendo quasi sempre asintomatici o con sintomatologia lieve e paradossalmente restano tra i meno vaccinati; quelli che escono di più, fanno più assembramenti e sono più leggeri su certe misure di comportamento da assumere sono nel mirino di Governo e Comitato Tecnico Scientifico per assumere le contromisure ad una crescita dei contagi soprattutto nelle fasce più giovani per prevenire la temuta quarta ondata.
Si studiano misure di contenimento che facciano da cuscinetto almeno fino a metà agosto per salvare il salvabile di un’estate che spaventa di più di quella dell’anno scorso poiché la variante indiana cd. Delta fa temere il peggio per la facilità di propagazione e la sua maggiore diffusione tra giovani e bambini.
Dad o non dad, pandemia o non pandemia, questi ultimi due anni hanno modificato la percezione delle nostre vite, dei nostri tempi e delle nostre libertà.
Dovremmo, forse, imparare a rimodulare certe abitudini e certi comportamenti per essere pronti ad affrontare un eventuale nuovo autunno complesso visto il prolungarsi dello stato di emergenza a fronte dello spauracchio di nuovi picchi pandemici.
I più giovani che, in questi mesi, si sono sentiti deprivati e abbandonati, isolati nel loro micromondo, dovrebbero imparare a gestire le nuove relazioni fintantoché non si esca dalla pandemia e acquisire maggiori sicurezze, anzitutto, tramite l’apporto e il valore formativo, educativo e arricchente della scuola ma anche facendo tesoro di un momento storico che non ha punito solo loro bensì tutti: gli anziani in primis che hanno perso l‘opportunità di viaggiare, di stare in famiglia, di godere dei nipoti e della vita appieno; i bambini che hanno perso la possibilità di fare sport, di avere feste di compleanno, di mangiare una pizza tra amici e gli adulti che, in molti casi, hanno dovuto affrontare la malattia propria e dei propri cari, la solitudine dell’isolamento forzato in caso di contagio, si sono barcamenati tra la perdita di un lavoro o di una chance per dedicarsi alla famiglia fino addirittura a ritrovarsi smarriti e depressi a causa della crisi economica se non senza stipendio.
Forse, nonostante tutta la comprensione per un fenomeno in triste espansione sul disagio giovanile, occorrerebbe una maggiore responsabilizzazione dei più giovani (e dei loro genitori in certi casi!) che non dovrebbero sentire il peso delle limitazioni alla movida notturna o al loro tempo libero, considerata la fase critica che stiamo, tuttora, vivendo, con una tiratina di orecchie ad alcuni genitori che tollerano con fin troppa leggerezza e superficialità certi eccessi comportamentali e certe concessioni disinvolte in grado di inficiare quello che di buono si è fatto ed esporre nuovamente i fragili, prima di tutto, alle conseguenze tristi di questa pandemia che viene sempre più confermata come l’epilogo di un virus scappato da un lavoratorio di Wuhan creato in provetta, ecco perché minaccioso e pericoloso, come si evince dagli accordi in atto tra Cina e Usa nelle ultime ore.
Ben venga la presenza e la sensibilizzazione di un supporto psicologico per i ragazzi in difficoltà in grado di captare problematicità e disagi ed intervenire tempestivamente per evitare e prevenire forme di autolesionismo violente o cedimenti a vizi e dipendenze ovvero a salvare chi ha deciso di rinunciare troppo presto a vivere solo perché non si è trovato, nel cammino percorso, senza colpevolizzare le famiglie, troppo spesso vittime inconsapevoli di dolori tanto atroci come la perdita di un figlio, un occhio e un orecchio esperto ed attento a decriptare messaggi di malessere e rigenerarli a nuova vita.