Trama: Napoli, anni Novanta: un giovane viene coinvolto nelle leggi della strada, tanto dure quanto invisibili. Un universo violento e veloce, pericoloso, difficile da comprendere e da raccontare. “Supersonico” è la cronaca di una giovinezza negata, tra vicoli e camorra, in cui avidità e desiderio di bruciare le tappe possono rappresentare la salvezza. D’Ascia ci proietta in un mondo brutale con una testimonianza reale e mozzafiato: una scrittura che pulsa e inchioda il lettore in un’atmosfera infernale.
Rai Eri
Recensione: In un periodo di Gomorra e Suburra questo libro potrebbe sembrare l’ennesima storia di violenza dove vige la legge che per sopravvivere devi essere forte, devi sparare, non bisogna guardare in faccia a nessuno, bisogna essere supersonici. No, decisamente non è l’ennesimo libro. In primis perchè non è di nuova uscita, è infatti edito nel 2014 e poi, perchè racconta la vita di strada di chi non comanda, di chi non è camorrista, ma di chi ha tutta la volontà si non farsi mettere i piedi in testa.
Si parla di Napoli che è solo uno scenario e non luogo comune di violenza. Una prosa immediata e realistica che colpisce il lettore in ogni sua riga, la storia è forte senza filtri tanto da apparire più un lungo articolo di cronaca che un racconto. La bravura dello scrittore è graffiante, lacera l’anima, se non sapessi chi fosse potrebbe perfettamente far apparire il libro come una confessione personale, trasuda talmente tanta verità e minuzia da sembrare uscito dalla penna di Saviano.
Non ci sono sfumature, non c’è richiesta di riscatto o pentimento. Al termine di ogni capitolo esce fisiologico un sospiro dovuto al fiato trattenuto. Il protagonista non ha nome, si sente potente, vuole esserlo, corre sul mezzo (motorino in napoletano), si prende a mazzate (a botte), gli calpestano la dignità.
Un vortice che porterà il lettore in fondo, sul fondo.
Da leggere assolutamente.
Salvatore Luca D’Ascia, napoletano. Laureato in medicina e chirurgia, poi specializzato in cardiologia, si occupa, tra Napoli, Milano e New York, di nuove tecnologie applicate allo studio del cuore. Si è formato in scrittura creativa, sceneggiatura, fumetto e giornalismo dal 1990 a oggi; ha esordito con Il libro di Nessuno (Croce Editore), poi ha partecipato all’antologia Partenope Pandemonium (Larcher Editore) e alla raccolta Questi fantasmi (Boopen Led Edizioni). Con questo romanzo si è classificato al terzo posto nella seconda edizione del premio letterario La Giara.
INTERVISTA A SALVATORE LUCA D’ASCIA
Come nasce Supersonico?
Come tutti i miei romanzi Supersonico sopperisce a un’esigenza, poiché esorcizza i miei demoni interiori, e che continuamente provo ad imbrigliare. Perché scrivere, vedi, è come respirare e io non posso farne a meno ed ogni mio libro, insomma, non nasce e non muore, ma solo temporaneamente e fugacemente mi si palesa davanti e poi viene abbandonato. Fugge lontano, come uno spettro brutale, ma mi scava sempre dentro, e racchiude i ricordi, le tante biografie, e poi ovviamente le esigenze del tempo che io vivo, anche se in questo si scontra sempre con l’editoria, che oggi più di ieri è la morte assoluta della scrittura. Nel caso di Supersonico, tuttavia, devo ammettere che vede la luce dopo un opera di scouting RAI che tuttavia si è rivelata, inaspettatamente, molto rispettosa della versione originale.
E’ una storia decisamente forte. Come sei riuscito a narrare in maniera così veritiera le vicende del protagonista e del mondo che lo circonda?
Chiaramente le ho vissute. E quelle non vissute, invece, le ho ricercate e con millimetrica costanza. Testimonianze, insomma, ecco di cosa è fatta la letteratura e ad ogni livello: di vita e di scrittura, poiché forse alcuni generi, o personaggi, possono apparire inventati, ma invece i grandi temi sono sempre gli stessi e penetrano inderogabilmente la contemporaneità. Non esiste letteratura, insomma, lontana da chi la scrive e chi la legge, e forse per questo ogni romanzo è sempre in parte biografia. Del resto siamo a Napoli, e Supersonico racconta di un ragazzo che ne viene maciullato ed è piuttosto facile immergersi in questo, o no?
Un protagonista senza nè nome nè soprannome, come mai questa scelta?
Mhà, i nomi sono sopravalutati e nel mondo dei simboli, invece, a cui la mia scrittura attinge a piene mani, essi sono addirittura inesistenti. Sostituibili certo, forse inutili, poiché un simbolo, cosi come un personaggio, automaticamente e in ogni caso definisce sé stesso e in questo, quindi, l’autore non ha spesso bisogno di imporre un’etichetta, poiché il lettore si farà comunque la sua idea, talvolta anche più pregiata di quella originale. Un romanzo, insomma, può avere tracce e sotto-tracce, più livelli di lettura, ma il suo protagonista sarà sempre tanto chiaro nella singolarità quanto emblema di altri come lui e che quindi rappresenta nella mente del lettore. Assecondare o superare tale idea, del resto, è una delle sfide più comuni della dialettica, il contratto diciamo, tra scrittore e lettore: scrivo qualcosa che ti aspetti, ma in parte ti stupisco e più faccio bene entrambe le cose, migliore è il mio romanzo. L’eroe dai mille volti quindi rimane sempre lo stesso e rimane se stesso oltre il suo nome: in parte me e in parte tutti e soprattutto in parte te che leggi. Ma circa Supersonico: il protagonista è una preda violenta di una città troppo veloce, e che velocissimamente, quindi, si narra in soggettiva e non chiama sé stesso, non parla di se stesso e quindi non ha nome, perché è solo la lente per filtrare il tutto attorno a lui: un protagonista-testimone. Un tipo di scrittura, insomma, che è di certo parziale, ma che è anche immersiva ed infatti è proprio questo che volevo: un totale e feroce sogno ad occhi aperti.
Un’ ultima pagina con una dedica ed una lista di nomi (non tutti protagonisti del libro) e le rispettive fini. Un altro bel pugno nello stomaco del lettore.
Un’ottima mossa quella di rivelare l’ultima pagina di un libro… Ma scherzi a parte: non anticipiamo certo nulla dicendo che Supersonico è la cronaca di una morte annunciata, ma non solo quella dei protagonisti, ma anche dei tanti personaggi dell’adolescenza dell’autore e sia quelli che ha incontrato, che quelli che ha ricercato per questo narrazione. Una black list, insomma, come quelle di Dick, ma assolutamente veritiera. Scrivere, del resto, è anche dare voce a chi voce non ha.
Supersonico è edito da Rai Eri, ti hanno mai proposto un adattamento televisivo?
È parte integrante di ogni opera Rai, che strizza sempre l’occhio alla TV.
Medico e scrittore. Quale tra la cardiologia e la scrittura è la vera passione?
Hanno pari peso e del resto non potrebbero esistere se non assieme e si compenetrano e migliorano a vicenda. La medicina, infatti, mi da la possibilità di osservare, educa il mio occhio ed il mio cuore e la scrittura, del resto, ha modificato il mio rapporto narrativo col paziente, certamente migliorandolo in sensibilità.
Ci sarà qualche nuovo libro a breve?
Attualmente è disponibile il mio saggio esoterico Magia e Massoneria, per Edizioni Mediterranee, ma si tratta di scrittura razionale, ovvero piuttosto specialistica. Al 15 dicembre, invece, è prevista l’uscita del mio nuovo romanzo, dal titolo temporaneo Black Magic, che è edito da Wojteck, geniale editore campano che nasce dalle ceneri di precedenti case editrici e riesce a conciliare esperienza, originalità e solidità in un catalogo di narrativa che ritengo eccezionale. Sarà una vera bomba: sia per i temi che per lo stile di espressione e che mi ossessiona da anni, poiché tratta della collusione tra mafia campana e magia nigeriana, ma in una Castel Volturno densa di stregoneria, carcassa mediatica perfetta e con cui omaggio il realismo magico di Marquez e Donoso, ma anche la brutalità tipica della narrativa nord americani. Una assoluta e originale bomba narrativa: rimarrete esterrefatti.