In un panorama cinematografico sempre più dominato dalla serialità, dal culto della nostalgia e dall’ossessione per il presente, Bertrand Bonello si erge come uno dei rari registi che osa guardare oltre l’orizzonte. Con The Beast, il cineasta francese torna a interrogarsi sulle profondità dell’animo umano, i limiti del tempo e la costruzione del futuro, componendo un’opera che non è solo un film, ma un’esperienza sensoriale e intellettuale. The Beast è un viaggio nel cuore della distopia, un manifesto filosofico che ci invita a riflettere sulle scelte che definiamo come inevitabili e sul peso del passato in un mondo che sembra aver perso ogni certezza sul domani.
Se Bonello aveva già esplorato temi di alienazione e identità con Nocturama e Zombi Child, qui il regista si spinge oltre, fondendo dramma personale, fantascienza e romanticismo in un’unica struttura narrativa che sfida le convenzioni tradizionali. Presentato in anteprima nei maggiori festival internazionali, The Beast ha diviso critica e pubblico, ma una cosa è certa: non lascia indifferenti.
Trama di The Beast: un puzzle attraverso il tempo e le emozioni
La narrazione di The Beast si dipana su tre diverse linee temporali, che si intrecciano in un mosaico complesso e avvincente.
Nel 1910, Gabrielle, una giovane donna di origini umili, si trasferisce a Parigi con il sogno di diventare pianista. La città, per lei, è un misto di meraviglia e alienazione, un labirinto di possibilità e pericoli. Ma un incontro con Louis, un misterioso compositore tormentato dal suo passato, cambia la sua traiettoria. La loro relazione è tanto intensa quanto distruttiva, e le loro vite finiscono per intrecciarsi in modi inaspettati e tragici.
Nel 2014, Gabrielle riappare, questa volta come una donna in carriera nel mondo del giornalismo. Qui, la sua relazione con Louis si trasforma in un legame ambiguo: non si tratta più solo di amore o attrazione, ma di un senso di déjà vu ossessivo che sembra trascendere le vite precedenti.
Ma è nel 2044 che The Beast raggiunge il suo apice narrativo. In un futuro distopico dove l’umanità ha delegato le emozioni più intense all’intelligenza artificiale, Gabrielle si sottopone a un trattamento che le permette di purificarsi dai traumi delle vite passate. In questa realtà iper-tecnologica, le sue esperienze con Louis si rivelano parte di una trama più ampia: le emozioni, così represse, cercano disperatamente di riaffiorare. Questo futuro glaciale diventa il palcoscenico per una resa dei conti tra l’amore, il tempo e l’identità.
Gli attori: un cast magnetico
Il ruolo di Gabrielle è interpretato dalla straordinaria Léa Seydoux, che con la sua sensibilità riesce a dare vita a una donna spezzata ma indomita, capace di muoversi tra epoche e stati d’animo senza perdere mai la sua umanità. Seydoux brilla nei momenti più intimi del film, ma è nelle sequenze futuristiche che dimostra una profondità fuori dal comune, catturando il conflitto tra emozione e razionalità.
Louis è incarnato da George MacKay, il cui sguardo enigmatico e la fisicità magnetica lo rendono il contraltare perfetto per Seydoux. MacKay regala una performance sfaccettata, passando con agilità da tormento interiore a momenti di esplosiva vulnerabilità. La loro chimica è palpabile, e le loro interazioni, sia nei momenti romantici che in quelli conflittuali, sono il cuore pulsante del film.
Critica: un’opera che divide
Cosa funziona
La capacità di Bonello di mescolare generi diversi è uno degli aspetti più impressionanti di The Beast. Ogni linea temporale è costruita con una cura quasi ossessiva per i dettagli, e il contrasto tra passato e futuro è reso con una precisione estetica e tematica che lascia il segno. Le scenografie futuristiche del 2044, fredde e minimaliste, si contrappongono ai colori caldi e saturi del 1910, creando un dialogo visivo che riflette i conflitti interni dei protagonisti.
Anche la colonna sonora, composta dallo stesso Bonello, gioca un ruolo fondamentale, amalgamando melodie classiche e sonorità elettroniche per creare un’atmosfera che oscilla tra nostalgia e inquietudine.
Cosa non convince
Se c’è un limite in The Beast, è nella sua ambizione narrativa. L’intreccio tra le linee temporali, pur affascinante, può risultare a tratti confuso, e alcuni spettatori potrebbero trovare frustrante il modo in cui certi dettagli rimangono volutamente ambigui. Inoltre, il ritmo del film, che alterna momenti di grande intensità emotiva a passaggi più lenti e contemplativi, potrebbe non essere adatto a chi cerca un’esperienza cinematografica più tradizionale.
Consigliato?
Sì, ma con riserva. The Beast non è un film per tutti: richiede attenzione, apertura mentale e una certa disponibilità a lasciarsi coinvolgere da un’opera che non offre risposte facili. Se apprezzate il cinema che osa interrogarsi sulle grandi questioni dell’esistenza e che sfida i confini del linguaggio filmico, allora questo film vi lascerà affascinati. Se, invece, preferite trame lineari e un approccio più convenzionale, potreste trovarlo troppo cerebrale.
Conclusione
Con The Beast, Bertrand Bonello ci offre una visione che è insieme un monito e una promessa: il futuro non è solo un luogo da temere, ma uno spazio da immaginare. Attraverso un racconto che intreccia epoche, emozioni e tecnologia, il regista ci invita a riflettere sul ruolo delle nostre scelte e sulla natura stessa dell’amore. Non è un film perfetto, ma è un film necessario, che lascia un segno indelebile nel cuore e nella mente di chi lo guarda. E, in un mondo che spesso dimentica il valore della profondità, questo è già un trionfo.