Esiste una categoria di film cosiddetti storici o in costume che è sempre stata caratterizzata dalla ricchezza delle scenografie e dei mezzi impiegati. Dall’inizio della storia del cinema ce ne sono stati tantissimi e questa settimana ho deciso di sceglierne cinque di cui parlarvi.
La scelta non è stata certo facile considerando che, soprattutto negli anni ‘50-’60, di produzioni italiane e hollywoodiane su questo genere ce ne sono state una pletora, senza contare anche quelli più recenti come il capolavoro di Scorsese “L’età dell’innocenza” o quello di Milos Forman “ Amadeus”. Alla fine ho pensato di parlarvi di alcuni indimenticabili classici e di due film più moderni che si sono comunque distinti per particolarità o premi.
Via col vento
Il primo film di cui voglio parlarvi è “Via col vento”, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mitchell. Produzione americana del 1939, della durata di 238 minuti, distribuito dalla Metro Goldwin Mayer, sceneggiato da Sidney Howard e diretto da Victor Fleming, ha collezionato ben 10 premi Oscar tra cui miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior attrice e miglior attrice non protagonista H. Mc Daniel. A questo proposito una curiosità: Hattie Mc Daniels, l’interprete della famosa Mamie, fu la prima afroamericana a vincere un Oscar. Via col vento è stato il film col maggior incasso nella storia del cinema, primato mantenuto per un quarto di secolo e, se vogliamo, ancora valido considerando l’inflazione monetaria. E’ ritenuto uno dei migliori film mai fatti ed è inserito nella top ten della lista AFI’s 100 years…100 movies dell’American film Institute e, nel 1989, la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti lo ha selezionato per la conservazione nel National Film Registry.
La storia narra di una giovane del sud degli States, Rossella O’ Hara, (interpretata dalla bella Vivien Leigh, attrice cinematografica e teatrale britannica), figlia di un piantatore di cotone della Georgia, da sempre innamorata del suo vicino Ashley Wilkes (interpretato da Leslie Howard) che invece è sposato con Melania Hamilton (Olivia de Havilland). Il suo amore ossessivo è il tema conduttore del film sullo sfondo della guerra di Secessione; solo l’entrata in scena dell’affascinante avventuriero Rhett Butler (Clark Gable) riuscirà a guarirla da questo amore, ma quando Rossella sene accorgerà sarà troppo tardi.
L’inizio delle riprese del film furono ritardate di ben due anni per la volontà del produttore di avere Clark Gable per il ruolo di Rhett Butler e per trovare Rossella occorsero ben 1400 provini. Comunque tutto ciò ha fatto di “Via col vento” uno dei film più amati della storia del cinema.
Ben Hur
Il secondo film di cui voglio parlarvi è “Ben-Hur” di William Wyler. Questo film aveva già avuto due versioni: una addirittura nel 1907 e una nel 1925; poi c’è stato anche un remake nel 2016, ma nessuna edizione ha eguagliato quella del 1959. Infatti questo film conta oltre 100.000 comparse, 496 attori parlanti e 14 mesi di riprese di cui 3 per la sola corsa delle bighe diretta da Andrew Marton e girata a cinecittà.
Ben-Hur, della durata di ben tre ore e mezzo, ha collezionato 11 premi oscar, 2 David di Donatello e 4 Golden Globe. Solo Titanic del 1997 e Il Signore degli anelli: il ritorno del re del 2003 hanno avuto lo stesso numero di oscar. E’ stato premiato miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attore non protagonista, miglior attore straniero, miglior fotografia, miglior colonna sonora, miglior scenografia, migliori costumi, miglior montaggio, miglior suono e migliori effetti speciali. Non dimentichiamo che Ben-Hur fu concepito in formato panoramico largo quasi 3 volte l’altezza del suo fotogramma, ideale per la spettacolarità delle sale cinematografiche, ma che risulta crudelmente schiacciato in televisione. Il film è interpretato da Charlton Heston, nel ruolo del protagonista; a questo proposito non tutti sanno che il ruolo era fortemente desiderato da Kirk Douglas al quale fu preferito Heston. IL romano Messala è interpretato de Stephen Boyd, il console Arrio da Jack Hawkins, lo sceicco Hilderim da Hugh Griffit. Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito nella classifica dei 100 migliori film statunitensi di tutti i tempi: nel 2004 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
La storia, tratta dal romanzo del generale Lew Wallace e sceneggiata de Karl Tumberg, si svolge all’epoca di Gesù. Anche a questo proposito c’è una curiosità: è stata la prima volta che al cinema è stata fatta una rappresentazione della passione di Cristo, fino ad allora vietata, e il personaggio di Gesù non si vede mai in volto.
Il protagonista è un nobile giudeo, che per non tradire il suo popolo, su richiesta dell’amico romano Messala, scatena le ire di questi che lo invia alle galee e gli imprigiona madre e sorella. Ma miracolosamente Ben-Hur torna sano e salvo, ricco perché ha salvato la vita a un console romano che lo ha adottato, e deciso a vendicarsi. E avrà la sua vendetta nell’arena dello stadio dove disputerà una memorabile gara di corsa contro il rivale. Fa da cornice alla storia la presenza di Gesù che interviene anche nella vita di Ben-Hur condizionando gli eventi fino al miracolo finale che vedrà guarire madre e sorella dalla terribile lebbra. E’ un storia piena di odio, di amore e di fede che fa ancora di questo film uno dei più importanti nella storia del cinema e uno dei più belli nel suo genere.
Il Gattopardo
Il terzo film della classifica è “IL Gattopardo” del nostro grande Luchino Visconti. Un film del 1963 di produzione italo-francese; anche questo dura circa due ore e mezzo ed è tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, Pasquale festa Campanile, Enrico Medioli, Massimo Franciosa e lo stesso Luchino Visconti che ha vinto la palma d’oro al festival di Cannes del 1963 per la regia. La pellicola ha inoltre vinto un David di Donatello 1963 per il miglior produttore (Goffredo Lombardo) e ha avuto una nomination agli oscar 1964 per i migliori costumi a Piero Tosi e una nomination al Golden Globe 1964 ad Alain Delon come migliore attore debuttante. E’ in questo film che, infatti, vediamo per la prima volta l’attore francese nella parte di Tancredi, il nipote del protagonista. Altri interpreti sono Burt Lancaster, Principe Don Fabrizio di Salina, il protagonista che in realtà è il bisnonno dell’autore del libro, il Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa; una splendida Claudia Cardinale nella parte di Angelica Sedara; Paolo Stoppa nella parte di Don Calogero Sedara; Rina Morelli, La principessa Maria Stella di Salina e molti altri.
La storia si svolge tra il 1860 e il 1910, in Sicilia tra Palermo e provincia e il feudo agrigentino di Donnafugata. Dopo lo sbarco a Marsala dei garibaldini il Principe di Salina si rende conto delle enormi trasformazioni che la società a lui cara sta subendo; l’aristocrazia sta tramontando e bisogna adattarsi a un nuovo modo di vivere, così Don Fabrizio accetta il matrimonio del nipote Tancredi con Angelica, la figlia di un uomo rozzo, ignorante e di umili origini, ma che si è arricchito ed è divenuto sindaco di Donnafugata, dove è la residenza estiva della nobile famiglia. A Don Fabrizio verrà poi anche offerta la nomina a senatore del nuovo regno ma egli rifiuterà essendo troppo legato al vecchio mondo. Il momento culminante del film è la splendida e lunghissima scena del ballo al termine del quale il Principe di Salina farà un bilancio della propria vita.
Il film si caratterizza per la grandissima cura nella scelta dei dettagli per i costumi, le ambientazioni, i personaggi e l’attenta e sapiente regia nonché per le bellissime musiche di Nino Rota richieste da Visconti ancor prima che il compositore avesse letto la sceneggiatura. A proposito delle musiche non tutti sanno che il famoso valzer brillante del Gattopardo non è esattamente un pezzo originale di Rota: lo ha scritto Giuseppe Verdi per la contessa Clara Maffei, ma per anni non si sapeva la partitura dove fosse, fu ritrovata presso una libreria antiquaria da Mario Serandrei, amico sia di Visconti che di Rota. Così è arrivata sul pianoforte del musicista che l’ha orchestrata e inserita nella scena più famosa del film.
Barry Lyndon
Il quarto film di cui vi parlo è “Barry Lyndon” del 1975, prodotto, scritto e diretto da Stanley Kubrick e tratto dal romanzo settecentesco “Le memorie di Barry Lyndon” di William Makepeace Thackeray. E’ considerato il film più importante di Kubrick, quello che si allontana dai temi sociali filosofici e politici per una ricerca storica ed estetica che ne fa la più rigorosa rappresentazione del settecento che il cinema abbia mai prodotto. Egli si è ispirato per le ambientazioni ai quadri dei più famosi paesaggisti del XVIII secolo, da stampe e disegni d’epoca; le scene sono state girate in Inghilterra, Germania e Irlanda solo con la luce naturale e, nelle riprese notturne e d’interni, con candele e lampade ad olio. Questa scelta ha reso necessario l’utilizzo di lenti studiate dalla Zeiss per la NASA, oltre a nuove macchine da presa messe a punto dalla Panavision. Per queste ragioni, nonostante il film non abbia prodotto incassi cospicui nelle sale ha comunque ottenuto gli Oscar 1976 a John Alcott per la miglior fotografia, a Ken Adam per la miglior scenografia e a Milena Canonero per i migliori costumi.
Il film si divide in due parti: parte I ossia con quali mezzi Redmond Barry acquisì lo stile e il titolo di Barry Lindon e parte II, resoconto delle sventure e dei disastri che accaddero a Barry Lyndon, tra i due tempi è stato posto un breve intervallo di 40 secondi di schermo nero. Già da queste due tracce è facile capire quale sia la trama : Redmond Barry è un giovane arrivista e rissoso che non esita a usare espedienti per ottenere ciò che vuole. Costretto a fuggire dal suo villaggio dopo un duello finito male si arruola nell’esercito britannico dove la sua irrequietezza lo porta a disertare ed entrato in territorio prussiano, dopo varie traversie viene costretto ad arruolarsi nell’esercito di questo paese. La fortuna lo porta a far carriera facendosi benvolere dall’ufficiale superiore, diviene poi una spia e un giocatore di azzardo. Sempre con espedienti riesce a rientrare in Inghilterra, conosce la contessa Lady Lyndon e alla morte del marito di questa la sposa divenendo Barry Lyndon. Qui inizia la seconda parte che vede la nascita di Bryan figlio di Barry, il declino dell’amore per la moglie, il disaccordo sempre più feroce col figlio del primo matrimonio di Lady Lyndon, la disperata ricerca per ottenere un proprio titolo nobiliare.
Come già detto, Barry Lyndon non ha avuto un gran successo di pubblico ma merita comunque di essere visto sia per la ricchezza di immagini e di riferimenti estetici che per il forte impatto visivo.
Marie Antoinette
L’ultimo film di cui vi parlerò è “Marie Antoinette” di Sofia Coppola del 2006. Coproduzione USA, Francia, Giappone, della durata di 2 ore e cinque minuti, interpretato da Kirsten Dunst (Maria Antonietta), Jason Schwartzman (LuigiXVI) e ancora Judy Davis, Rip Torn, Asia Argento e altri. Vincitore dell’Oscar e dei Nastri d’argento 2007 per i costumi di Milena Canonero, ha avuto anche il Premio Cinematografico del Sistema Educativo Nazionale Francese al Festival di Cannes. È un film che va citato in questa classifica proprio per la bellezza dei costumi cui fa da cornice una spettacolare scenografia in quanto molte scene sono state girate proprio nella reggia di Versailles e nel vero Trianon di Maria Antonietta.
La storia si concentra molto sulla figura della giovane Austriaca, dal momento in cui viene data in sposa al Delfino di Francia, fino al tentativo di fuga della famiglia Reale in piena rivoluzione. L’accento viene messo molto sull’impreparazione dei due giovani ad affrontare il ruolo che la Storia richiedeva loro e che è stata la causa della rovina di entrambi e della Francia. In particolare Maria Antonietta viene presentata come l’adolescente che era quando è arrivata a Corte, ancora immatura e frivola. Per mettere ancor più l’accento su questo aspetto la regista ha scelto di inserire una colonna sonora pop moderna nonostante il contesto storico settecentesco.