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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Salute & Benessere

Tumori, Sos oncologi: “In Italia 14 mesi per accedere a nuovi farmaci”

Redazione
Redazione 4 settimane fa
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7 Min Lettura
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(Adnkronos) – I pazienti oncologici del nostro Paese, dopo l'autorizzazione dell'Agenzia regolatoria europea (Ema), devono aspettare ancora 441 giorni, cioè più di 14 mesi, per accedere ai nuovi trattamenti anticancro. L'Italia è più rapida rispetto alla media europea, pari a ben 586 giorni, ma troppo lontana dalla Germania, il Paese più veloce, dove ne bastano 110. Non solo. A questi tempi molto lunghi, in Italia si aggiungono gli ostacoli ulteriori burocratici territoriali, determinati dall'inserimento delle nuove molecole anticancro nei Prontuari terapeutici regionali. Un esempio di disparità territoriali da risolvere quanto prima è quello del carcinoma della prostata. Il primo radioligando rimborsato per il trattamento del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, a distanza di quasi 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'approvazione dell'Aifa, non è ancora disponibile in tutte le 16 regioni dotate di strutture abilitate a somministrarlo. Il Piemonte, infatti, non ha emanato la nota di riconoscimento dei centri prescrittori, con la grave conseguenza che i pazienti di questa regione non possono accedere alla cura innovativa.  E' la denuncia dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) dal Convegno nazionale 'Cancer Research: from Chicago to Bari', che si apre oggi nel capoluogo pugliese con l'obiettivo di analizzare i più importanti progressi della ricerca scientifica contro il cancro emersi dal Congresso dell'American Association for Cancer Research (Aacr), che si è svolto recentemente a Chicago. "L'innovazione porta davvero benefici se è garantita equamente a tutti i pazienti – spiega Francesco Perrone, presidente Aiom – Quando un oncologo, nel rispetto dei 'paletti' prescrittivi imposti da Aifa, richiede un trattamento, andrebbero evitate lungaggini burocratiche e ulteriori valutazioni locali, talvolta istituite per controllare la spesa farmaceutica, ma che rischiano di avere conseguenze negative sui tempi di accesso al farmaco, nonché sul carico di lavoro del professionista. La nostra società scientifica più volte ha ribadito la necessità di eliminare i Prontuari terapeutici regionali e ospedalieri che, di fatto, causano ritardi e disparità nell'accesso alle cure. Inoltre, come ha evidenziato il presidente di Aifa, Robert Nisticò, è arrivato il momento di ragionare su meccanismi di 'accesso precoce' alle terapie innovative".  "La terapia con radioligandi – precisa Perrone – è uno degli esempi più promettenti della medicina di precisione, che individua strategie di intervento sempre più mirate, efficaci e sicure. I pazienti con tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, che hanno già ricevuto diverse linee di terapia, sono caratterizzati da una sopravvivenza limitata e non possono aspettare che vengano risolti i nodi burocratici a livello locale. Il 'fattore tempo' è cruciale nella cura del cancro e siamo preoccupati per questi ritardi in alcune aree del Paese".  Il tumore della prostata è il più frequente nella popolazione maschile del nostro Paese, con quasi 40.200 nuove diagnosi stimate nel 2024, ricorda una nota. Il 3 marzo 2025 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la decisione di Aifa di rimborsare Lutetium (177Lu) vipivotide tetraxetan nei pazienti affetti da carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione progressivo, positivo all'antigene di membrana specifico della prostata (Psma), che sono stati trattati con inibitore della via del recettore degli androgeni e chemioterapia a base di docetaxel e cabazitaxel o che non sono candidabili a cabazitaxel. "Oggi un paziente che risiede in Piemonte, se vuole accedere al nuovo trattamento, deve recarsi in centri abilitati di altre Regioni – afferma Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom – e tra l'altro spesso la persona con questa neoplasia in stadio avanzato è anziana e fragile, per cui ha difficoltà a spostarsi. La soluzione non può essere rappresentata dal rimborso del farmaco fuori regione. Inoltre, i centri possono avere difficoltà a soddisfare il fabbisogno 'interno' di questa terapia e talvolta non riescono a farsi carico anche di malati provenienti da altri territori".  "In Piemonte, ad oggi, in attesa che anche altre medicine nucleari abbiano le caratteristiche idonee per somministrare questi farmaci – continua Di Maio – l'ospedale Mauriziano di Torino e quello di Alessandria sono dotati di strutture di medicina nucleare in grado di somministrare i radioligandi. Questi due centri dovranno curare anche pazienti provenienti da altri nosocomi piemontesi, non abilitati alla somministrazione di questo tipo di radiofarmaci. La definizione del percorso di questi pazienti è un aspetto organizzativo che, però, ad oggi non può essere concretamente affrontato perché manca ancora la delibera regionale di autorizzazione dei centri prescrittori. I pazienti del Piemonte non possono avere accesso al nuovo farmaco a causa di ostacoli burocratici, non clinici, visto che Aifa ha approvato da quasi 3 mesi la rimborsabilità della terapia". "I radioligandi – conclude Perrone – costituiscono una nuova frontiera dell'innovazione in oncologia e possiedono le potenzialità per essere impiegati in numerosi tipi di tumori e in diversi momenti di evoluzione di una stessa neoplasia. Inizialmente, i radioligandi hanno dimostrato di essere efficaci nei tumori neuroendocrini, ma il numero di pazienti oncologici con le caratteristiche per trarre benefici da questa cura è destinato ad aumentare in seguito alla disponibilità nel carcinoma prostatico, una delle neoplasie più frequenti. Pertanto, è importante che aumenti il numero di strutture di Medicina nucleare in grado di erogare questi trattamenti. Non solo. Poiché la terapia con radioligandi non potrà essere disponibile in tutti gli ospedali, è fondamentale che i team multidisciplinari dei centri periferici siano messi in condizione di lavorare quanto più possibile a stretto contatto con l'expertise centrale delle strutture che potranno prendere in carico i pazienti per i trattamenti".  —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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