Ergastolo a Filippo Turetta.
Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia.
La sentenza della Corte d’assise di Venezia esclude le aggravanti di crudeltà – nonostante le 75 coltellate – e stalking – malgrado le attività persecutorie – arriva dopo cinque ore di camera di consiglio.
Solo cinque udienze hanno caratterizzato un processo breve che si è svolto, con il consenso della difesa e della Procura, senza l’ascolto di testimoni e senza ulteriori consulenze. I due giudici togati e i sei popolari hanno accolto la richiesta del pm che aveva definito il delitto “l’ultimo atto di controllo” da parte di Turetta nei confronti di Giulia.
Oltre alle interdizioni di legge, è stato disposto un risarcimento alle parti civili con il pagamento di una provvisionale di 500mila a Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio, oltre alle spese di costituzione legale. Le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni.
Presenti in aula tanto il condannato che il padre di Giulia, ognuno chiuso nel proprio dolore, ognuno concentrato sul varco al destino delle proprie vite.
Intervistato Gino Cecchettin ha ancora una volta testimoniato la sua grande umanità “La mia sensazione è che abbiamo perso tutti come società. Non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri o domani. È una sensazione strana, pensavo di rimanere impassibile; è stata fatta giustizia – ha aggiunto – la rispetto, ma dovremmo fare di più come esseri umani. La violenza di genere va combattuta con la prevenzione, con concetti forse un po’ troppo lontani. Come essere umano mi sento sconfitto“.
Il riferimento è soprattutto al mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà e del reato di stalking.
Le motivazioni una volta depositate chiariranno i dubbi, ma è molto probabile che il fatto che Giulia spontaneamente fosse uscita quella sera con Filippo, evidenzia la sua fiducia in lui e non un cambiamento comportamentale, netto e deciso, tipico della fattispecie dello stalking.
Anche Elena all’indomani della sentenza ha rivolto qualche parola polemica alla scelta dei giudici dicendo “”Il non riconoscimento dello stalking (non parlo nemmeno dell’altra aggravante, la crudeltà, perché si commenta da sola la situazione) è l’ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne. Sei vittima solo se sei morta, quello che subisci in vita te lo gestisci da sola. E invece la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno, ma molto prima” e conclude con una domanda: “quante donne non potranno mettersi in salvo dal loro aguzzino se nemmeno nei casi più palesi viene riconosciuta la colpa?“.
Ancor più dura nel seguito delle sue dichiarazioni, attraverso i suoi social “Una sentenza giudiziaria non corrisponde sempre alla realtà dei fatti. Si chiama verità giudiziaria, ed è quello che viene riportato dal verdetto. E basta. Non toglie il dolore, la violenza fisica e psicologica che la vittima ha subito. Ciò che è successo non sparisce solo perché un’aggravante non viene contestata, o più di una. E non toglie nemmeno il dolore e l’ansia che ho dovuto subire io personalmente in quanto persona vicina a Giulia. Inevitabilmente le persone intime alla vittima vengono trascinate negli stati di ansia e turbamento. Chiaramente non sto insinuando che il dolore che abbia provato Giulia sia paragonabile, tuttavia è giusto ricordare che il non riconoscimento dello stalking è una mancanza di rispetto anche alla famiglia della vittima“.
Le parole di Elena come quelle di Gino sono sempre rivoluzionarie, mai offensive e mai portatrici di una rabbia personale, c’è la capacità in entrambi di mettere al centro sempre l’attenzione per le donne, per tutte le donne che come Giulia stanno conoscendo e vivendo il dramma di un amore sbagliato, senza riuscire da sole ad uscire da un labirinto fatto di persecuzioni – Filippo Turetta ha inviato oltre 225 mila messaggi alla tenera Giulia prima di determinarsi ad ucciderla – e malvagità.
E a chi sostiene che tanto la condanna sarebbe stata la stessa anche con le altre due aggravanti Elena si rivolge espressamente perchè a suo avviso, così dicendo dimostrano di non aver capito nulla. “Se nulla può portarci indietro Giulia quanto meno può fare la differenza per altre donne nel futuro. È facile rinchiudere in cella per sempre una persona lavandosene le mani poi e dicendo di aver fatto giustizia. Ma è questa la vera giustizia? Se non iniziamo a prendere sul serio la questione tutto ciò che è stato detto su Giulia che doveva essere l’ultima sono solo prole al vento. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno. Ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori. Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio” aggiunge.
Con le sue invettive, non risparmia neppure la difesa dell’imputato: “Sostenere che i comportamenti dell’imputato siano ‘ossessivi, quasi da spettro autistico’ e giustificare con questa affermazione tutto quello che è successo è vergognoso. Stiamo parlando di comportamenti che ledono alla libertà e alla vita di una persona, e associarle con così tanta leggerenza ad una neurodivergenza oltre che a banalizzare e sminuire queste azioni va anche a peggiorare i pregiudizi che nella nostra società già ci sono per le persone neurodivergenti e sullo spettro dell’autismo“, conclude.
Filippo Turetta si trova dinanzi ad afforntare la pena massima, l’ergastolo, il fine pena mai in corrispondenza al quadro accusatorio.
Il suo avvocato ha ribadito che «Filippo sa che dovrà passare buona parte della vita in carcere».
E mentre Giulia non c’è più e la vita di Gino, Elena e Davide Cecchettin vivranno il loro ergastolo di dolore senza fine, per Turetta ergastolo non significa che non potrà avere la possibilità in un futuro di riconquistare la sua libertà, perché il sistema italiano della giustizia è rieducativo negli obiettivi. Esistono possibilità di lavorare, esistono permessi e si arriva a forme di libertà come la libertà condizionale a 48 anni dopo 26 di detenzione nel 2049.
Inoltre, Filippo Turetta è stato anche condannato a pagare 760 mila euro tra provvisionali e risarcimenti. Difficilmente arriverà qualcosa alla famiglia Cecchettin. Turetta era maggiorenne al momento dell’omicidio quindi non sono i suoi genitori a dover provvedere, non ci si può rivalere su di lui. La famiglia Cecchettin potrebbe agire nei confronti dello Stato.
Proprio sull’aspetto patrimoniale del risarcimento, Gino Cecchettin ha dichiarato di essersi sentito profondamente a disagio e di aver provato disgusto, vivendo forse uno dei momenti più forti di dolore, perchè nessuna quantificazione possibile può essere in grado di ripagare la perdita d una figlia.
La storia di Giulia nella sua totale inconsapevolezza, è stata travolgente e continua dopo un anno a rappresentare un momento di svolta storico per la definizione della violenza contro le donne e per la qualificazione di ciò che può essere considerato sintomo patologico di un amore sbagliato da cui scappare…anche quando si è di fronte ad una persona “normale” insospettabile, perbene.
Le dinamiche perverse di un amore malato sono molto più banali di quanto non si pensi…lo scoppio della rabbia di Filippo o di chi l’ha preceduto o succeduto – ad oggi già sono 99 le vittime di femminicidio – i suoi maltrattamenti, la sua insistente molestia, la sua ossessione di Giulia, anche attraverso un piagnucoloso implorare perdono, manifestando il proprio essere cambiato, chiedendo un’ultima chance per aver capito, ostacolando il suo futuro, seguendola, tormentandola, facevano parte di quella quotidianità, di quella relazione, di quella interdipendenza, in cui purtroppo l’uso di parole crudeli e l’assillante presenza nella vita di Giulia facevano parte di una quotidianità che doveva allarmare tutti, in primis Giulia ma anche Turetta, perchè anche lui andava educato al controllo delle sue emozioni.
Molti hanno giudicato il suo volto durante la pronuncia della sentenza, un volto silenzioso, apparentemente impassibile, di fatto Turetta forse ha compreso non il male che ha fatto ma il destino che lo aspetta, il carcere con la consapevolezza di aver infranto i sogni di Giulia, ma di aver distrutto anche i suoi…e se nel suo percorso ha trovato Gino Cecchettin, deve ritenersi a suo modo fortunato, perchè ha dichiarato “Perdonare Turetta? Sì, mi ci vorrà del tempo, ma potrebbe essere una tappa. Nel momento in cui il percorso viene fatto da entrambi, nel modo giusto. Quindi ci deve essere chiaramente un perdono sincero, e un percorso riabilitativo di un certo tipo. Immagino ci voglia del tempo, perché si arrivi a questo, ma io non lo escludo… Ecco. Filippo dovrebbe aiutare a capire – ha aggiunto – il fenomeno che l’ha portato a fare quello che ha fatto. Quello potrebbe essere un contributo… Cosa si scatena nella mente di chi arriva a fare un gesto di questo genere? Perché lui l’ha provato e, quindi, con onestà e sincerità, unito a un professionista che riesca a fare breccia su quello che è stato il suo percorso… Così potrebbe aiutare chi, come lui, è in quella condizione“.
Un padre che si rivolge all’assassino di sua figlia con queste parole è un esempio di immensa umanità…ancora una volta in una chiave educativa profonda, scopo della sua fondazione che non perde mai di vista le vittime che come Giulia non ci sono più.